Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17447 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. III, 17/06/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 17/06/2021), n.17447

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 38544/19 proposto da:

U.C.D., elettivamente domiciliato a Roma, via del

Casale Strozzi n. 31, (c/o avv. Barberio), presso l’avvocato

Francesco Tartini, che lo dìfende in virtù di procura speciale

apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 23.5.2019 n.

2116;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9

febbraio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. U.C.D., cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese dopo essere stato vittima di persecuzioni ed anche di un tentativo di linciaggio perchè omosessuale.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento U.C.D. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che la rigettò con ordinanza 20 ottobre 2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza 23 maggio 2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perchè nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa sul presupposto che mancasse nel caso di specie “qualsiasi elemento anche a livello di allegazione idoneo a definire la presumibile durata di una esposizione a rischio”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da U.C.D. con ricorso fondato su otto motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza o mera apparenza della motivazione.

Sostiene che la corte d’appello, nel formulare il giudizio di inattendibilità soggettiva del richiedente, avrebbe usato formule stereotipate, non avrebbe “minimamente spiegato” le ragioni per cui ha ritenuto non credibile il richiedente, ha errato nel ritenere contraddittorie un racconto che non lo era.

1.1. Il motivo è infondato.

Premesso che la mera “insufficienza” della motivazione non è più un vizio prospettabile in sede di legittimità (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830), nel caso di specie la motivazione esiste: la corte d’appello ha infatti ritenuto il richiedente inattendibile sul presupposto che avesse reso dichiarazioni generiche e contraddittorie.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Sostiene che erroneamente la corte d’appello ha affermato che un racconto non verificabile da elementi obbiettivi esterni di riscontro sia per ciò solo inattendibile.

Deduce che il giudizio di attendibilità deve essere compiuto alla luce dei criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, nel caso di specie non osservata dalla corte d’appello.

2.1. Il motivo è infondato.

Il ricorrente sfrutta un solo passaggio, estrapolato dal contesto, contenuto nella motivazione della sentenza d’appello (quello sulla “non verificabilità” del racconto compiuto dal richiedente asilo) per concludere che la motivazione sarebbe erronea in punto di diritto.

Tuttavia la corte d’appello non si è limitata a reputare inattendibile il richiedente sol perchè il suo racconto non fosse verificabile ab externo.

Al contrario, la corte d’appello ha reputato inattendibile il richiedente perchè:

-) ha giudicato il suo racconto generico;

-) ha giudicato non plausibile che una persona accusata di omosessualità, in un paese nel quale l’omosessualità è reato, venga individuata dalla polizia, ma non venga arrestata nè sottoposta a procedimento penale;

-) ha reputato vaghe e approssimative le risposte date dai richiedente “alle domande dell’intervistatore che voleva meglio individuare qualche elemento rivelatore della tendenza sessuale”.

Si tratta di motivazioni ragionevoli e coerenti, certamente superiori a quel “minimo costituzionale” al di sopra del quale, secondo la ricordata decisione 8053/14, il vizio di motivazione diventa incensurabile in sede di legittimità. Quanto, poi, alla dedotta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, essa è solo annunciata ma non illustrata.

Il ricorrente, infatti, insiste sul fatto che la corte d’appello avrebbe rigettato la sua domanda sol perchè “non verificabile” (così il ricorso, pagina 25 e 27). Tuttavia, come si è visto, la sentenza di appello non ha affatto ritenuto inattendibile il richiedente sol perchè il suo racconto fosse privo di riscontri esterni, ma l’ha ritenuto inattendibile a causa anche della genericità e dell’implausibilità di talune circostanze riferite.

3. Col terzo e col quarto motivo il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe fondata su una motivazione “apparente” anche con riferimento al rigetto della domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Nella illustrazione del motivo si sostiene che erroneamente la corte d’appello avrebbe ritenuto che l’appellante non avesse “mai fatto alcun cenno alla situazione generale del suo paese”; che, al contrario di quanto ritenuto dalla corte d’appello, nel rapporto diffuso dall’EASO nell’anno 2018 emergeva una grave situazione di violenza generalizzata nella regione di provenienza del richiedente protezione; che la motivazione su questo specifico aspetto nella sentenza impugnata sarebbe solo apparente.

3.1. La censura è fondata.

La circostanza che, nelle audizioni dinanzi la commissione territoriale e l’autorità giudiziaria, il richiedente protezione non avesse fatto cenno ad una situazione di violenza indiscriminata nel proprio paese, di per sè non poteva giustificare il rigetto della domanda di concessione della protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Infatti, in virtù del principio che vieta il restringimento del richiedente protezione verso paesi in cui sussista una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, tale ultima situazione andava accertare ex officio, a prescindere dalle allegazioni del richiedente.

3.2. Con autonoma ratio decidendi, la corte d’appello ha poi escluso la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza del richiedente protezione con la seguente motivazione: “dal rapporto EASO sulla Nigeria aggiornato novembre 2018 non risulta che nella zona dove l’appellante è nato e vissuto vi sia una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato”.

Si tratta, effettivamente, di una motivazione apodittica, ed inferiore al “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Lo stabilire se in una determinata regione di un determinato paese esista o non esista, in un determinato momento storico, una situazione di violenza indiscriminata è accertamento complesso: esso non può che basarsi su dati statistici, sociali e politici. Tali dati possono essere talora sfuggenti, o di dubbia interpretazione, come ad esempio allorchè si registri in un determinato contesto territoriale l’effettiva sussistenza di scontri armati, ma ne sia dubbia l’origine politica o di criminalità comune.

Ne consegue che la motivazione con cui si esclude la sussistenza dei presupposti di fatto per la concessione della protezione sussidiaria nell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per soddisfare il requisito di cui all’art. 132 c.p.c., non può limitarsi alla generica affermazione secondo cui “sussiste” o “non sussiste”, nel paese di provenienza del richiedente, una situazione di violenza indiscriminata derivante da confini armato, ma è pur sempre necessario che il giudice di merito indichi gli elementi fattuali delle quali abbia tratto la propria conclusione: tanto più a fronte di un motivo di gravame col quale vengano addotti elementi di fatto di segno contrario.

4. Gli ultimi tre motivi, che vengono illustrati dal ricorrente congiuntamente, investono la sentenza d’appello nella parte in cui ha rigettato la domanda di protezione umanitaria.

Sostengono che la corte d’appello non avrebbe preso in esame la situazione sociopolitica della Nigeria, per stabilire se tale situazione rendessero “vulnerabile” ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, l’odierno ricorrente.

4.1. La censura resta assorbita dall’accoglimento del terzo del quarto motivo di ricorso.

Va da sè che il giudice di rinvio, sanando il rilevato vizio motivazionale, dovesse comunque concludere per l’insussistenza nella regione di provenienza del richiedente di una situazione di violenza indiscriminata di conflitto armato, dovrà comunque procedere ex officio a verificare le oggettive condizioni sociali, politiche ed economiche dell’area di provenienza del richiedente, al fine di stabilire se il richiedente sia esposto in caso di rimpatrio al rischio di una violazione grave dei diritti umani fondamentali, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

(-) rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso;

(-) accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

(-) dichiara assorbiti i restanti motivi di ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

 

 

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