Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17444 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 28/06/2019), n.17444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9787-2017 proposto da:

ZETA INVESTIMENTI SRL A SOCIO UNICO in persona del legale

rappresentante pro tempore Amministratore Unico Dott. B.G.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BANCO DI S. SPIRITO, 48,

presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO D’OTTAVI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAURO FERRANDO;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SOCIETA’ CONSORTILE ARL IN LIQUIDAZIONE,

domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO GIACOBONE;

G.F. nell’interesse del tutelato F.P.F.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 128, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO PIRAS (STUDIO LEXELLENT), che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO SCHERINI;

– controricorrenti –

e contro

COMUNE DI MILANO, INA ASSITALIA SPA, GENERALI ITALIA SPA (OMISSIS),

F.G., F.M.V., F.J.L.,

VIVIANI IMPIANTI SRL;

– intimati –

Nonchè da:

GENERALI ITALIA SPA (OMISSIS) in persona dei suoi legali

rappresentanti pro tempore Dottori C.P. e

P.M. procuratori speciali, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato MICHELE ROMA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARCELLO BIANCHI;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 423/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/05/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per l’accoglimento del 5 motivo del

ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato;

udito l’Avvocato LEONARDO VESCI per delega;

udito l’Avvocato MICHELE ROMA per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con distinti atti proposero innanzi al Tribunale di Genova opposizione allo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione l’avv. G.F. quale tutrice di F.P.F. e F.G., in proprio e nella qualità di esercente la potestà sui figli minori F.M.V. e F.L.J., chiedendo l’ammissione al passivo del rispettivo credito risarcitorio. Esposero in particolare le parti attrici quanto segue.

Dopo che il Comune di Milano aveva concesso in appalto a (OMISSIS) s.p.a. l’esecuzione di lavori edili, l’appaltatrice aveva subappaltato a (OMISSIS) – soc. consortile a r. L. l’esecuzione dei lavori di muratura interna e di formazione delle tramezzature in laterogesso, a Viviani Impianti s.r.l. l’esecuzione degli impianti e a Line Ascensori s.r.l. (poi Giugno s.p.a.) la fornitura e posa in opera degli ascensori. I.T.P. Servizi si era avvalsa per l’esecuzione dei lavori ad essa subappaltati di propria manodopera e di artigiani esterni, fra cui la ditta di F.G., cui aveva dato l’incarico di eseguire alcuni lavori di rifinitura di pareti interne mediante gessatura. Il giorno 22 novembre 1996 uno degli operai della ditta F., F.P.F., nell’uscire dal locale spogliatoio, dopo avere terminato il proprio lavoro, anzichè imboccare la porta che dava sulle scale, era entrato in una porta aperta sul vano ascensore, mancante di segnalazione e protezione e con illuminazione scarsa, precipitando nel vuoto.

Il curatore fallimentare chiese il rigetto della domanda e chiamò in garanzia I.T.P. Servizi, F.G. (nel giudizio promosso dalla tutrice di F.P.F.), Viviani Impianti s.r.l. e Line Ascensori, nonchè Toro Assicurazioni in qualità di società assicuratrice. Successivamente il contraddittorio venne esteso al Comune di Milano e Assitalia s.p.a (poi Generali Italia s.p.a.), quale società assicuratrice di I.T.P. Servizi.

2. Riuniti i giudizi, il Tribunale adito, accertata la responsabilità solidale di tutti i chiamati in causa ai sensi sia dell’art. 2043 che dell’art. 2087 c.c. (rinviando per l’accertamento delle quote di responsabilità al processo innanzi al giudice del lavoro sospeso in attesa della definizione di quello sulla domanda tardiva, posto che in sede di verifica concorsuale dei crediti il giudice era competente a conoscere solo della domanda tardiva di insinuazione al passivo), accolse la domanda di ammissione al passivo dell’avv. G.F. quale tutrice di F.P.F. per l’importo di Euro 660.823,04 con il privilegio di cui all’art. 2751 bis c.c., n. 1 e quella di F.M.V. e F.L.J. per l’importo di Euro 50.000,00 ciascuno in via chirografaria.

3. Avverso detta sentenza proposero distinti appelli il Comune di Milano, I.T.P. Servizi e INA Assitalia, ed appelli incidentali Alleanza Toro, il fallimento di (OMISSIS), Viviani Impianti e F.G.. A seguito di fallimento di I.T.P. Servizi fu dichiarata l’interruzione, cui seguì la riassunzione dei giudizi riuniti da parte del fallimento I.T.P. Servizi.

4. Con sentenza di data 13 aprile 2016 la Corte d’appello di Genova, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarò la responsabilità solidale di (OMISSIS) s.p.a., Giugno s.p.a. e F.G. e ammise al passivo del fallimento F.M.V. e F.L.J. per l’importo di Euro 30.000,00 ciascuno, confermando per il resto la sentenza; rimise la causa in istruttoria limitatamente alla domanda di garanzia proposta dal fallimento (OMISSIS) s.p.a. nei confronti di Alleanza Toro s.p.a..

Osservò la corte territoriale che infondata era la tesi del fallimento I.T.P. Servizi secondo cui a seguito dell’intervenuto fallimento doveva essere proposta domanda di ammissione al passivo perchè alla luce dell’art. 96, comma 3, L. Fall. (per il quale erano ammessi al passivo con riserva i crediti accertati con sentenza non passata in giudicato, pronunciata prima della dichiarazione di fallimento, con facoltà del curatore di proporre o proseguire il giudizio di impugnazione) il curatore aveva l’onere di coltivare l’impugnazione per evitare che con il passaggio in giudicato la sentenza divenisse opponibile alla massa. Aggiunse che la mancanza di protezioni del vano ascensore, oltretutto in una situazione di scarsa illuminazione, costituiva grave pericolo per l’incolumità dei lavoratori che operavano nell’immobile e che di tale situazione dovevano rispondere tutti i soggetti che in base alla normativa antinfortunistica erano tenuti a cooperare per garantire la sicurezza del luogo di lavoro e ad assicurarsi che i lavoratori rispettassero le misure prescritte e non fossero esposti a rischi durante la prestazione lavorativa. Osservò inoltre, quanto al motivo di appello del fallimento (OMISSIS) secondo cui la responsabilità del sinistro doveva ascriversi esclusivamente ai subappaltatori (ed in particolare (OMISSIS) e F.G.), rispondendo il subcommittente (al pari del committente) solo in caso di ingerenza nell’attività del subappaltatore (nel caso di specie non verificatasi), che ciò valeva nel caso in cui il subcommittente avesse interamente affidato al subappaltatore le opere oggetto dell’appalto, mentre nel caso di affidamento di singole lavorazioni a uno o più subappaltatori, mantenendo il controllo ed il possesso del cantiere, vi era la diretta responsabilità nella predisposizione delle necessarie misure di sicurezza e dei dispositivi per assicurarne l’osservanza da parte dei lavoratori e che la norma applicabile era il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 che poneva a carico dell’imprenditore che affidasse ad imprese appaltatrici l’esecuzione di lavori all’interno del cantiere il dovere di fornire alle stesse le dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti e sulle misure di prevenzione, di cooperare all’attuazione delle stesse e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui erano esposti i lavoratori.

Aggiunse che andava esclusa la responsabilità di (OMISSIS) perchè il suo controllo non poteva estendersi ad aree del cantiere diverse da quelle interessate dai lavori affidatigli (e subappaltati alla ditta F.) e che erano state poste sotto la sorveglianza congiunta di subcommittente e di altre imprese subappaltatrici, quale quella in cui si trovavano i vani-ascensore. Osservò inoltre che andava escluso il concorso di colpa del lavoratore perchè, essendo l’imprenditore integralmente responsabile dell’infortunio derivante da inosservanza di norma antiinfortunistiche, unico fattore causale dell’evento era la violazione dell’obbligo di sicurezza e non aveva rilievo il concorso di colpa del lavoratore, essendo il datore di lavoro tenuto a proteggerne l’incolumità nonostante la sua imprudenza e negligenza (Cass. n. 22413 del 2015).

Osservò poi in tema di quantificazione che, rispetto alla determinazione in via equitativa da parte del Tribunale nella misura di un terzo dell’indennizzo complessivo (del danno patrimoniale ed in parte del danno biologico) concesso dall’INAIL, sulla base della disciplina antecedente l’entrata in vigore del D.P.R. n. 38 del 2000, quale quota da detrarre corrispondente al danno biologico da invalidità lavorativa generica, il fallimento non aveva indicato le ragioni per le quali si sarebbe dovuto detrarre dal danno da invalidità permanente l’intero valore della rendita, in contrasto con il condivisibile orientamento formatosi prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 38 del 2000, e che non era poi chiaro il motivo per il quale secondo l’appellante fallimento si sarebbe dovuto calcolare la quota relativa al danno biologico corrisposta dall’INAIL sull’intero danno biologico liquidato dal Tribunale. Aggiunse che costituivano nuovi motivi di impugnazione inammissibili quelli proposti in comparsa conclusionale dal fallimento (OMISSIS) e che dell’eventuale riduzione del danno per il mancato computo dei ratei di rendita erogati dall’INAIL, di cui si era lamentata l’appellante incidentale Toro Assicurazioni, poteva avvantaggiarsi solo quest’ultima in sede di obbligo di garanzia, non essendo il profilo in esame oggetto di impugnazione da parte degli altri appellanti.

5. Ha proposto ricorso per cassazione Zeta Investimenti s.r.l. a socio unico, quale assuntore del concordato fallimentare omologato con provvedimento passato in cosa giudicata, sulla base di sei motivi. Resistono con distinti controricorsi, l’avv. G.F. nell’interesse del tutelato F.P.F., Fallimento (OMISSIS) – soc. consortile a r. L. in liquidazione e Generali Italia s.p.a., che ha presentato altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo. E’ stata depositata memoria di parte.

Ragioni della decisione

1. Muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2087,1655e 2043 c.c., D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente in via principale che F.P.F. non era dipendente di (OMISSIS), la quale non era neanche al corrente della presenza in cantiere, non autorizzata, dell’impresa artigiana F.G. e che tra i destinatari delle informazioni di cui all’art. 7 d Igs. n. 626 del 1994 non vi era nè G., nè F.P.F., la cui presenza era ignota. Aggiunge che gli obblighi di protezione di cui all’art. 2087 c.c. presupponevano un rapporto di lavoro dipendente con Pablo F. che invece non sussisteva (essendo costui dipendente del proprio padre G.) e che comunque (OMISSIS) aveva adempiuto a tutti gli obblighi previsti dalla normativa in tema di appalti pubblici, come confermato in sede penale (come era emerso in sede testimoniale, le protezioni sul vano ascensore erano state sempre affisse ed erano state rinvenute rimosse solo ad incidente avvenuto e vi erano peraltro testimonianze confermative dell’illuminazione).

1.1 Il motivo è inammissibile. Va disattesa l’eccezione di applicabilità dell’art. 348 ter c.p.c., u.c., con riferimento al vizio motivazionale, sollevata nel controricorso proposto dall’avv. G.F. nell’interesse del tutelato F.P.F., trattandosi di giudizio di appello introdotto prima dell’entrata in vigore della norma che ha introdotto la disposizione in discorso. La censura per una parte resta estranea alla ratio decidendi, ed è pertanto priva di decisività, per l’altra attiene al giudizio di fatto o ad un’irrituale deduzione del vizio motivazionale.

La ricorrente osserva che, non ricorrendo un rapporto di lavoro dipendente fra l’infortunato e (OMISSIS), non era ascrivibile a quest’ultima la responsabilità per l’infortunio II fondamento dell’ascrizione di responsabilità secondo il giudice di merito non attiene però all’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ma all’ingerenza dell’appaltatore nell’organizzazione del cantiere laddove ricorra, come nel caso di specie,sempre secondo quanto accertato dal giudice di merito, il subappalto di singole lavorazioni.

Nel motivo di ricorso si richiamano poi due circostanze di fatto: la presenza in cantiere, non autorizzata dalla subappaltante e dunque ad essa ignota, dei dipendenti dell’impresa artigiana F.G. (da cui l’impossibilità di indirizzare le informazioni di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7); l’adempimento degli obblighi previsti dalla normativa in tema di appalti pubblici. Quest’ultima circostanza è stata esaminata dal giudice di appello, sicchè il motivo mira per questa parte ad una mera rivalutazione delle circostanze di fatto, preclusa come è noto nella presente sede di legittimità.

La prima circostanza costituisce effettivamente un fatto il cui esame è stato omesso dal giudice di merito. Devono però rammentarsi le modalità di denuncia del vizio motivazionale. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053). L’onere processuale in termini di indicazione della localizzazione processuale della circostanza di fatto (anche nei termini di un fatto secondario da cui desumere in via presuntiva la circostanza in discorso) non è stato assolto dalla ricorrente.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2751 bis, 2767 e 2697 c.c., art. 96 L. Fall., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che non ricorreva il presupposto del privilegio di cui all’art. 2751 bis, e cioè il rapporto di lavoro subordinato con l’infortunato, essendo questi dipendente della ditta F., e che la conferma dell’ammissione del credito in via privilegiata era priva di motivazione. Aggiunge che l’accertamento dell’esistenza o meno del privilegio deve essere effettuato dal giudice d’ufficio.

2.1. Il motivo è inammissibile. Osserva la ricorrente che in ordine alla questione del privilegio del credito la sentenza di primo grado sarebbe stata confermata in mancanza di motivazione. Ciò che invece si rileva è che sulla questione oggetto del motivo il giudice di appello non ha pronunciato. La ricorrente avrebbe dovuto pertanto impugnare la sentenza per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. a condizione però di indicare in modo specifico, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dove nell’atto di appello fosse stato proposto il motivo di impugnazione. Per il giudice di appello infatti trattandosi di questione su cui era insorta controversia e su cui il giudice di primo grado aveva pronunciato, non vi era alcun obbligo di provvedere (d’ufficio come si afferma nel motivo), se non in presenza di specifico motivo di impugnazione.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1655,2051 e 2055 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente, a proposito dell’esclusione della responsabilità di (OMISSIS) per il sinistro, che quest’ultima si era avvalsa per l’esecuzione dei lavori ad essa appaltati della ditta artigiana F. e che F.P.F. era stato introdotto in cantiere da ITP, come componente di un’unica squadra della quale facevano parte anche i dipendenti di ITP.

3.1. Il motivo è inammissibile. La censura non coglie la ratio decidendi e resta perciò priva di decisività. Secondo il giudice di merito la responsabilità di (OMISSIS) è da escludere perchè il suo controllo non poteva estendersi ad aree del cantiere diverse da quelle interessate dai lavori affidatigli (e subappaltati alla ditta F.) e che erano state poste sotto la sorveglianza congiunta di subcommittente e di altre imprese subappaltatrici, quale quella in cui si trovavano i vani-ascensore. Afferma invece la ricorrente che (OMISSIS) si era avvalsa per l’esecuzione dei lavori ad essa appaltati della ditta artigiana F. e che F.P.F. era stato introdotto in cantiere da ITP. In tal modo lascia non impugnata la ratio decidendi sopra indicata.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2056 e 1227 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente, a proposito dell’esclusione del concorso di colpa del danneggiato, che la circostanza che il concorso di colpa non valga a mandare il datore di lavoro esente da responsabilità non vale ad escludere la possibilità che il detto concorso possa diminuire la responsabilità del datore e che comunque l’intera responsabilità dell’infortunio a carico del datore di lavoro presuppone l’esistenza del rapporto di dipendenza, nella specie non ricorrente. Aggiunge, con riferimento alla condotta dell’infortunato, che non vi era ragione che il F., mentre si stava cambiando nello spogliatoio con un collega, si allontanasse da costui, brancolando nel buio, e che la strada intrapresa dall’infortunato, prima di cadere, non era coerente con la disposizione dei luoghi, come emerso dalla testimonianza resa dal geom. A. sul capitolo 25 della prova dedotta da (OMISSIS).

4.1. Il motivo è fondato. Il giudice di appello ha escluso in astratto la configurabilità del concorso di colpa del lavoratore sulla base degli obblighi incombenti sul datore di lavoro, facendo applicazione di un principio di diritto enunciato da questa Corte (“il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell’infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggerne l’incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza; pertanto, la condotta imprudente del lavoratore attuativa di uno specifico ordine di servizio, integrando una modalità dell'”iter” produttivo del danno “imposta” dal regime di subordinazione, va addebitata al datore di lavoro, il quale, con l’ordine di eseguire un’incombenza lavorativa pericolosa, determina l’unico efficiente fattore causale dell’evento dannoso” – Cass. 15 maggio 2018, n. 11753; 5 dicembre 2016, n. 24798).

Lo stesso giudice di merito ha però accertato che non vi era rapporto di lavoro subordinato fra l’infortunato e (OMISSIS) s.p.a., essendo datore di lavoro del primo F.G.. Stante tale accertamento di fatto la ratio decidendi non poteva essere basata sull’enunciato principio di diritto. Non poteva cioè la corte territoriale escludere la configurabilità del concorso di colpa del lavoratore sulla base della qualità di datore di lavoro non posseduta da (OMISSIS) s.p.a..

Peraltro la censura non ha carattere teorico (cosa che l’avrebbe resa inammissibile). Con il motivo, secondo modalità che rendono chiaramente separabili le censure, è stato denunciato anche il vizio motivazionale e la denuncia è rituale, avendo la ricorrente indicato la sede processuale (testimonianza) della condotta. Quest’ultima deve essere valutata dal giudice di merito in sede di giudizio di rinvio allo scopo di accertare se ricorrano i presupposti del fatto colposo di cui all’art. 1227 c.c. (restando naturalmente fermo il nesso causale fra l’infortunio e la condotta colposa del committente pur in presenza di omissione di cautele da parte del lavoratore – Cass. 20 ottobre 2011, n. 21694 -, ponendosi solo un problema di eventuale concorso colposo del creditore).

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che la sentenza deve essere cassata nella parte in cui aveva escluso per il fallimento (OMISSIS) la possibilità di giovarsi della detrazione dell’intera rendita INAIL, riconoscendo che potesse avvalersene solo Toro Assicurazioni.

5.1. Il motivo è fondato. Sussiste in fase di gravame il litisconsorzio necessario processuale quanto al rapporto trilatero fra danneggiato, danneggiante garantito e assicuratore garante. Ne discende che l’appello proposto dal garante riguardo al rapporto principale, essendo costui parte necessaria della statuizione riguardo a quest’ultimo, è idoneo ad investire il giudice dell’impugnazione anche a favore del garantito, senza necessità di un’impugnazione incidentale da parte di quest’ultimo (Cass. Sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707). Erroneamente ha perciò affermato il giudice di appello che dell’eventuale riduzione del danno per il mancato computo dei ratei di rendita erogati dall’INAIL poteva avvantaggiarsi solo l’appellante incidentale Toro Assicurazioni in sede di obbligo di garanzia, non essendo il profilo in esame oggetto di impugnazione da parte degli altri appellanti. Dell’appello incidentale proposto dal garante Toro Assicurazione si giova anche il garantito fallimento (OMISSIS) s.p.a., sicchè la pronuncia favorevole al garante si estende al garantito.

6. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2056,1910 e 1916 c.c., D.P.R. n. 1224 del 1965, artt. 10 e 11 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente, a proposito dell’esclusione della detraibilità dell’intera rendita INAIL stabilendo il giudice di merito che potesse detrarsi solo la quota di essa corrispondente al danno biologico, che tale danno differenziale deve essere determinato sottraendo da quanto spettante a titolo risarcitorio l’intero importo delle prestazioni INAIL, tenendo conto dei rispettivi valori e non solo di una quota di esso.

6.1. Il motivo è inammissibile. Ha affermato il giudice di appello che rispetto alla determinazione in via equitativa da parte del Tribunale nella misura di un terzo dell’indennizzo complessivo concesso dall’INAIL, sulla base della disciplina antecedente l’entrata in vigore del D.P.R. n. 38 del 2000, quale quota da detrarre corrispondente al danno biologico da invalidità lavorativa generica, il fallimento non aveva indicato le ragioni per le quali si sarebbe dovuto detrarre dal danno da invalidità permanente l’intero valore della rendita, in contrasto con il condivisibile orientamento formatosi prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 38 del 2000, e che non era poi chiaro il motivo per il quale secondo l’appellante fallimento si sarebbe dovuto calcolare la quota relativa al danno biologico corrisposta dall’INAIL sull’intero danno biologico liquidato dal Tribunale.

Il motivo di appello non è stato accolto per un difetto, sia di ragioni per le quali si sarebbe dovuto detrarre dal danno da invalidità permanente l’intero valore della rendita sia di chiarezza circa l’applicazione della detrazione di quanto corrisposto dall’INAIL sull’intero danno biologico liquidato dal Tribunale. La corte territoriale non ha pertanto esaminato il motivo, limitandosi a rilevarne l’assenza di argomentazioni e di chiarezza. In tal modo lo ha in definitiva ritenuto inammissibile sotto il profilo del difetto di specificità della ragione di impugnazione. La ricorrente avrebbe dovuto dunque impugnare la sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c..

E’ appena il caso di evidenziare che il motivo di censura non è comunque conforme all’orientamento di questa Corte secondo cui il datore di lavoro risponde dei danni occorsi al lavoratore infortunato nei limiti del cd. danno differenziale che non comprende le componenti del danno biologico coperte dall’assicurazione obbligatoria, sicchè, per le fattispecie anteriori all’ambito temporale di applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 il datore risponde dell’intero danno non patrimoniale, non potendo essere decurtati gli importi percepiti a titolo di rendita INAIL, corrispondenti, nel regime allora vigente, solo al danno patrimoniale legato al pregiudizio alla capacità lavorativa generica (Cass. 1 marzo 2016, n. 4025; 5 maggio 2010, n. 10834).

7. Passando al ricorso incidentale condizionato, con il motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 96, comma 2, n. 3, L. Fall. e art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente in via incidentale che, non avendo accertato la sentenza di primo grado alcun credito, di F.P.F. (o dei suoi congiunti) o del fallimento (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS), rimettendo per l’accertamento della percentuale di responsabilità a carico degli obbligati in solido al giudizio pendente innanzi al giudice del lavoro e sospeso in attesa della domanda tardiva, non poteva trovare applicazione l’art. 96, comma 2, n. 3, L. Fall. che presuppone l’accertamento di crediti. Aggiunge che comunque ai fini dell’ammissione al passivo con riserva era necessario che una domanda di ammissione al passivo fosse stata proposta e che nella specie nessuna domanda di ammissione era stata proposta. Conclude nel senso che doveva essere dichiarata l’improponibilità della domanda.

7.1. L’inammissibilità del terzo motivo del ricorso principale, cui il ricorso incidentale è condizionato, ne determina l’assorbimento.

P.Q.M.

accoglie il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, dichiarandolo per il resto inammissibile; dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Genova in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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