Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17444 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. I, 20/08/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 20/08/2020), n.17444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4352/2019 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.

Vittorio Sannoner;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 13/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 da NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

– che viene proposto ricorso, sulla base cii quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Bari del 13 dicembre 2018, che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che deposita controricorso il Ministero intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso deduce:

1) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, avendo il richiedente, contrariamente da quanto opinato dal Tribunale, compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la sua richiesta, onde il giudice ha violato il principio dell’onere probatorio attenuato;

2) omessa valorizzazione di prove e riscontri, in quanto il giudice non ha considerato che il richiedente ha dato prova della grave situazione di pericolo generalizzato della Nigeria e la sua personale situazione di vulnerabilità, mentre il tribunale ha negato tali situazioni senza adeguata indicazione delle fonti;

3) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, e art. 14, lett. c), perchè la Nigeria non è un paese sicuro e vi è una seria situazione di instabilità socio-politica e di criminalità, con conflitti di carattere etnico-religioso e pericolosi gruppi mafiosi;

4) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6, perchè certamente egli si trova in una situazione di vulnerabilità e teme per la sua vita, a causa del pericoloso gruppo dei “cultisti”, associazioni criminali simili alla mafia, che ivi, come è notorio, operano;

– che tutti i motivi sono manifestamente inammissibili;

– che si rileva come il Tribunale abbia, anzitutto, rilevato la mancata comparizione all’udienza, il mancato compimento di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda e la mancanza di elementi adeguati, da cui desumersi che la situazione del soggetto – cittadino nigeriano, il quale narra di essere fuggito per i violenti scontri tra sette cultiste rivali integra i presupposti normativi, ritenendo il racconto non idoneo, dato il narrato, a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione delle forme di protezioni richieste;

– che, invero, il giudice del merito ha evidenziato come dalle stesse dichiarazioni rese risultino insussistenti, già in astratto, i presupposti giuridici richiesti per riconoscere lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria;

– che Tribunale, anche riguardo all’art. 14, lett. c), citato, ha escluso che sussistano lo stato di guerra conclamato o il conflitto generalizzato, tali da integrare i presupposti di legge;

– che, infine, il giudice ha rilevato l’assenza di ogni deduzione di profili di vulnerabilità integranti il presupposto della protezione umanitaria;

– che, ciò posto, deve rilevarsi che neppure viene censurata la ratio esposta dal provvedimento impugnato, il quale anzitutto ha dubitato della stessa credibilità del racconto: e, al riguardo, questa Corte ha ormai chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non e1clude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);

– che, pertanto, il giudizio di attendibilità, o no, del richiedente è giudizio sul fatto, non riproponibile in sede di legittimità.

– che, in particolare, la prima censura è manifestamente inammissibile, posto che l’argomento critico elaborato consiste nella proposizione di L1na mera tesi alternativa a quella motivatamente illustrata dal decreto impugnato: ed invero, a fronte di detta specifica motivazione, il ricorrente sviluppa una critica astratta, denunziando un inesistente omesso rispetto dell’istituto della collaborazione istruttoria, poichè il Tribunale ha puntualmente valutato gli elementi fattuali afferenti la condizione socio-politica rilevante ai fini del decidere;

– che, quanto alla seconda ed alla terza censura, anche il profilo dell’omessa valorizzazione di prove e riscontri, nonchè il dedotto vizio di violazione di legge, si palesano inammissibili, posto che il ricorrente, da un lato, svolge una critica svincolata dalla ipotesi di vizio di denunciabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e, dall’altro lato, si limita ad enfatizzare passaggi afferenti la situazione socio-politica esistente in Nigeria, presenti nella stessa documentazione già versata in atti e, quindi, esaminata dal tribunale per escludere al ricorrenza delle situazioni invocate ed, in particolare, la situazione disciplinata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

– che, del pari, la quarta censura è inammissibile, in quanto il Collegio di prime cure ha puntualmente esaminato, come dianzi già evidenziato, le condizioni socio-politiche della Nigeria, puntualizzando come il richiedente non ebbe a dedurre alcuna situazione particolare di sua specifica vulnerabilità (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 9304/19);

– che, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status o della protezione sussidiaria o umanitaria, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità (cfr., in termini, Cass. n. 4053, 4054 e 4055 del 2020; n. 1777 e 1778 del 2020; n. 21283 del 2019);

– che le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.100,00, oltre spese liquidate a debito, alle spese forfetarie al 15% sui compensi ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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