Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17443 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 28/06/2019), n.17443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7315-2017 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MIRABELLA

ECLANO 20, presso lo studio dell’avvocato SERAFINA DENISE AMENDOLA,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANNA DI NOVI, ANGELO DI NOVI;

– ricorrente –

contro

COMUNE LONGOBARDI in persona del Sindaco legale rappresentante pro

tempore M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato LUCA

MORRONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO CALVELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2187/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/05/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

di ricorso;

udito l’Avvocato ANGELO DI NOVI;

udito l’Avvocato FRANCESCO CALVELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.D. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Paola il Comune di Longobardi chiedendo il risarcimento del danno determinato dalla caduta a causa della presenza sul manto stradale di una buca non visibile. Il Tribunale adito accolse la domanda condannando il Comune convenuto al pagamento della somma di Euro 45.453,38 oltre interessi. Avverso detta sentenza propose appello il Comune. Con sentenza di data 29 dicembre 2016 la Corte d’appello di Catanzaro accolse l’appello.

2. Osservò la corte territoriale, premesso che la violazione del dovere di cautela da parte del danneggiato in presenza di cosa potenzialmente pericolosa rappresenta caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso di causalità fra la cosa e l’evento dannoso, che ferma la situazione di dissesto della strada (si trattava di una mulattiera) era emerso che il C. ben conoscesse lo stato dei luoghi che percorreva peraltro di notte ed in condizioni di scarsa visibilità (si trattava della strada che conduceva all’abitazione della madre del C.) e che pur in mancanza di illuminazione lo stato diffuso di dissesto della strada (priva di illuminazione e di asfalto, cosparsa di buche e ricolma di acqua tanto da non consentire il soccorso del C. mediante autovettura) era immediatamente percepibile per chi vi transitava, vieppiù per chi conosceva bene lo stato dei luoghi. Concluse nel senso che causa del sinistro era stato il comportamento imprudente del danneggiato il quale, a mezzo dell’ordinaria diligenza resa necessaria dalle palesi e conosciute condizioni della strada, ben avrebbe potuto evitare la caduta.

3. Ha proposto ricorso per cassazione C.D. sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. Con ordinanza di data 10 aprile 2018 è stato disposto dalla Sesta sezione civile il rinvio alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c.. Osserva il ricorrente, premesso che era obbligo del custode eliminare le situazioni di pericolo, che la corte territoriale non aveva valutato le risultanze istruttorie in base alle quali era emerso che il C. si recava in (OMISSIS) solo una volta all’anno nel periodo estivo, che le buche non erano visibili perchè coperte di foglie ed erano piene d’acqua e che la strada non era illuminata (il passaggio del danneggiato era avvenuto dopo la mezzanotte). Aggiunge che tali circostanze fanno venir meno qualsiasi concorso del danneggiato ed escludono l’esistenza del caso fortuito.

2. Il motivo è inammissibile. Sotto le spoglie della denuncia della violazione di legge il ricorrente mira in realtà alla revisione del giudizio di fatto, senza passare peraltro attraverso la denuncia del vizio motivazionale, giudizio la cui valutazione è preclusa nella presente sede di legittimità. Il ricorrente si limita a giustapporre all’apprezzamento del giudice di appello una diversa ricostruzione del merito della controversia ed anche ove si ravvisi nella censura la denuncia di un omesso esame di fatti decisivi e controversi comunque non risulta rispettato l’onere processuale di indicazione del “fatto storico”, il cui esame sarebbe stato omesso, del “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, del “come” e del “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U. n. 8043 del 2014).

E’ appena il caso di rilevare che la decisione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte in materia di rilevanza della condotta del danneggiato nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c..

Il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227 c.c., comma 1; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Pertanto, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benchè astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale (v. Cass., 01/02/2018, n. 2477; Cass., 01/02/2018, n. 2478; Cass., 01/02/2018, n. 2479; Cass., 01/02/2018, n. 2480; Cass., 01/02/2018, n. 2481; Cass., 01/02/2018, n. 2482).

Il giudice di merito ha accertato che vi era un grave stato di dissesto della strada, noto al danneggiato. La circostanza della conoscenza da parte del C. dello stato dei luoghi, accertata dal giudice di merito, qualifica in senso particolare la fattispecie nel senso che, essendo il C. consapevole delle condizioni di dissesto, aveva il dovere di adottare le cautele richieste dalle circostanze del caso. Per effetto della violazione del dovere di cautela si era interrotto pertanto, secondo il giudizio di fatto del giudice di merito, il nesso eziologico fra fatto ed evento dannoso.

3. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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