Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17443 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. III, 17/06/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 17/06/2021), n.17443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 38243/19 proposto da:

K.K.A., elettivamente domiciliato a Padova, vicolo

Michelangelo Buonarroti n. 2, presso l’avvocato Maria Monica Bassan,

che lo difende in virtù di procura speciale apposta in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 3.6.2019 n.

2262;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9

febbraio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. K.K.A., cittadino ghanese, chiese alla competente

commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto, non avendo adempiuto un contratto di appalto, nè avendo restituito il denaro ricevuto dal committente, temeva di essere arrestato e condannato, e sottoposto a trattamenti “inumani e degradanti nelle carceri ghanesi”.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento K.K.A. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che la rigettò con ordinanza 5 marzo 2018.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza 3 giugno 2019.

Quest’ultima ritenne che:

-) con l’atto d’appello erano state abbandonate le domande di asilo e di protezione sussidiaria, e veniva invocato unicamente rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari;

-) la domanda di protezione umanitaria era stata fondata unicamente sul timore di essere sottoposto a trattamenti inumani nelle carceri ghanesi;

-) tale domanda doveva tuttavia essere rigettata a causa della inattendibilità soggettiva del richiedente.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da K.K.A. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Nella illustrazione del motivo il ricorrente sostiene che erroneamente la corte d’appello ha ritenuto inattendibile il suo racconto; che non avrebbe bene soppesato le sue dichiarazioni; che non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni su cui ha fondato il giudizio di inattendibilità.

1.1. Il motivo è inammissibile.

La corte d’appello infatti ha rilevato, con statuizione non impugnata, che nel secondo grado di giudizio l’odierno ricorrente aveva abbandonato sia alla domanda di concessione dello status di rifugiato, sia quella di concessione della protezione sussidiaria.

Tali domande, pertanto, non possono ora essere riproposte in questa sede.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5. Nonostante tale intitolazione, nella illustrazione del motivo si deduce in sostanza un omesso esame del fatto.

Deduce infatti ricorrente che la corte d’appello avrebbe trascurato di considerare che il richiedente era una persona “perseguitata” dal committente dei lavori di appalto che egli non aveva portato a termine. Deduce che l’essere perseguitati da soggetti privati è circostanza che legittima la concessione della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), quando lo Stato non sia in grado di fornire protezione dei suoi cittadini: come era appunto nel caso del Ghana, e che la Corte d’appello aveva trascurato qualsiasi indagine officiosa sul rispetto dei diritti umani nel Ghana

2.1. Il motivo è fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a stabilire come debba interpretarsi la nozione di “vulnerabilità” che costituisce il fondamento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella disciplina applicabile ratione temporis), hanno affermato che tale presupposto di fatto può ricorrere in due serie di ipotesi (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02).

Giustifica il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in primo luogo, la “vulnerabilità soggettiva”, e cioè quella dipendente dalle condizioni personali del richiedente (come nel caso, ad esempio, dei motivi di salute o di età).

Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tuttavia, può essere giustificato anche dalla “vulnerabilità oggettiva”: e cioè quella dipendente dalle condizioni del paese di provenienza del richiedente.

Sussiste, in particolare, una condizione di vulnerabilità oggettiva quando nel paese di provenienza del richiedente protezione sia a questi impedito l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. Impedimento che non necessariamente deve essere di diritto, ma può essere anche soltanto di fatto.

2.2. Da ciò discendono due corollari.

Il primo è che la ritenuta falsità delle dichiarazioni compiute dal richiedente protezione impedisce di ritenere dimostrata una condizione di vulnerabilità soggettiva, ma non osta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, laddove ricorressero le condizioni di vulnerabilità oggettiva.

E’ infatti evidente che una persona cui nel proprio Paese sia impedito l’esercizio dei diritti fondamentali non possa essere rimpatriata, a nulla rilevando che nel chiedere protezione abbia dimostrato la prudentia serpis, piuttosto che la simplicitas columbae.

2.3. Il secondo corollario è che la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità oggettiva deve essere accertato d’ufficio, ricorrendo a fonti di informazione attendibili ed aggiornate sul paese di provenienza del richiedente: a meno che, ovviamente, il giudizio di inattendibilità non investa addirittura la provenienza stessa del richiedente.

2.4. Nel caso di specie, la Corte d’appello non si è attenuta a questi principi ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità.

In primo luogo, infatti, il giudice di merito ha rigettato l’appello soffermandosi a indicare le ragioni per le quali il racconto del richiedente doveva ritenersi non attendibile (così la sentenza d’appello, pp. 5-6).

In secondo luogo la Corte d’appello, non ha compiuto alcuna indagine officiosa sul rispetto dei diritti umani in Ghana. Nella sentenza infatti si riferisce unicamente dell’assenza in Ghana di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, limitandosi quanto al resto a riferire che il paese “si sta avviando verso una stagione di riforme”.

Aggiungasi che, nonostante la sentenza d’appello sia stata deliberata giugno 2019, a fondamento delle proprie conclusioni la corte d’appello ha invocato un rapporto delle Nazioni Unite risalente al 2018, senza riferire se ve ne fossero di più aggiornati.

Conclusivamente, la sentenza d’appello a causa della sinteticità della sua motivazione, non risulta avere esaustivamente assolto nè l’onere di indagine officiosa sul rispetto dei diritti umani nel paese di provenienza del richiedente, nè l’obbligo di avvalersi di fonti attendibili ed aggiornate.

2.5. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in differente composizione, la quale tornerà ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari indagando ex officio sulla esistenza o meno, in Ghana, di una grave compromissione dei diritti umani fondamentali, ed avvalendosi a tal fine di fonti attendibili ed aggiornate.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

 

 

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