Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17442 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 28/06/2019), n.17442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20659-2017 proposto da:

LINEA AZZURRA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

F.P., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE VATICANO 48,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO MARIELLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato SIMONE PETTITI;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA in persona del Dirigente Dott. C.F.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MASSIMO FOSSATI;

– controricorrente –

e contro

ESCAVAZIONI VALSANIA DI V.F. E V.G. SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 480/2017 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 30/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SIMONE PETTITI;

udito l’Avvocato FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI per delega orale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Linea Azzurra Srl ricorre, affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Torino che, riformando parzialmente la pronuncia del giudice di pace di Moncalieri, aveva condannato la “Escavazioni di V.F. e V.L.” al risarcimento del danno subito dall’autobus di proprietà della società odierna ricorrente in misura superiore a quella riconosciuta dal primo giudice, escludendo tuttavia la condanna solidale dell’INA Assitalia Spa, intervenuta volontariamente nel giudizio in qualità di mandataria della compagnia di assicurazione del veicolo antagonista, ex art. 149 CdA, norma ritenuta non applicabile in quanto la collisione fra i due mezzi si era verificata in un’area privata.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il giudice d’appello ha accolto l’impugnazione solo in relazione alla statuizione che aveva limitato il quantum risarcitorio entro la soglia della ordinaria competenza del giudice di pace, senza tener conto della specifica previsione riservata ai fatti relativi alla “circolazione stradale” dall’art. 7 c.p.c., respingendo tuttavia la censura proposta avverso la mancata condanna solidale della compagnia di assicurazione fondata sulla affermata inapplicabilità dell’art. 149 CdA in relazione al luogo (area privata) in cui l’incidente si era verificato, in quanto tale statuizione non era stata impugnata.

2. La compagnia di assicurazione intimata ha resistito con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 99,101,103,105 e 177 c.p.c..

1.1. Lamenta che il giudice d’appello, pur avendo riconosciuto la fondatezza delle circostanze fattuali sottese all’azione spiegata, nonchè l’ammissibilità dell’intervento volontario dell’INA Assitalia Spa, aveva contraddittoriamente escluso la sua condanna solidale, con ciò omettendo di considerare anche che il motivo d’appello respinto conteneva una espressa censura sulla violazione degli artt. 105 e 108 c.p.c. che doveva ricomprendere tutte le questioni a tali norme riferibili, inclusi i presupposti per la loro applicabilità,” i quali, dunque, non potevano ritenersi coperti dal giudicato.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3.La censura, infatti, non coglie la ratio decidendi della statuizione del Tribunale che, illustrando analiticamente il secondo motivo d’appello proposto (cfr. pag. 9 della sentenza in pugnata, punto 4.b, riferito ai rilievi 4b1, 4b2, 4b3) e rilevando che non conteneva alcuna contestazione in ordine alla circostanza che l’incidente fosse avvenuto in area privata), ha affermato che tale questione non era stata oggetto di impugnazione nonostante che ci fosse stata una specifica statuizione del giudice di pace che aveva dapprima ritenuto ammissibile l’intervento volontario della compagnia (spiegato, oltretutto, senza alcun riferimento alla natura del luogo di verificazione del sinistro) escludendo, poi, che ricorressero i presupposti per l’applicazione dell’art. 149 CdA (rispetto ai quali cfr. ex multis, Cass. 8620/2015; Cass. 3257/2016; Cass. 10513/2017; Cass. 27759/2017).

1.3. Pur avendo errato il Tribunale nel ritenere che fosse passata in giudicato la statuizione del giudice di pace, assunta con ordinanza in corso di giudizio in punto di ammissibilità e di estensione della domanda al terzo interveniente, risulta poi corretta la decisione impugnata nella parte in cui afferma che:

a. la statuizione che il sinistro era accaduto in area privata non era stata oggetto di specifica censura.

b. la domanda del terzo doveva essere vagliata previa verifica dei presupposti per l’operatività dell’art. 149 CdA, visto che solo in presenza di essi poteva giungersi ad una condanna solidale della compagnia intervenuta.

1.4. La critica proposta in questa sede vorrebbe erroneamente far coincidere la dichiarazione di ammissibilità dell’intervento con la necessaria condanna dell’intervenuto, a prescindere dalla valutazione della fondamentale circostanza che era stata esclusa con decisione mai impugnata dalla odierna ricorrente: con il motivo d’appello, infatti, nulla viene dedotto in relazione alla natura del luogo ove si verificò la collisione che rappresentava l’antecedente logico della condanna solidale invocata.

1.5. In buona sostanza, poichè la decisione con la quale il giudice di pace ha affermato che si trattava di “area privata” non è mai stata specificamente impugnata, pur trattandosi di un fatto costitutivo dell’intervento spiegato, il motivo d’appello avrebbe dovuto attaccare specificamente tale statuizione che non può ritenersi compresa nella generica censura riferita alla violazione e falsa applicazione degli artt. 105 e 108 c.p.c., per mancata condanna solidale fra la compagnia intervenuta e l’impresa proprietaria del mezzo danneggiante.

1.6. A fronte della corretta decisione del Tribunale sul punto, il motivo di ricorso in esame deve ritenersi inammissibile perchè con esso si assume impropriamente che un argomento di natura processuale (ammissibilità dell’intervento) costituisca un inevitabile presupposto logico della decisione sostanziale e cioè “l’obbligatoria condanna” dell’intervenuto, mostrando con ciò di non tener conto della argomentata e centrale motivazione posta a base della decisione impugnata.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce inoltre, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.: lamenta che il giudice d’appello, nel confermare la condanna al risarcimento del danno in capo al responsabile civile ed accogliendo quindi tale censura, aveva tuttavia erroneamente compensato le spese di lite nei confronti della compagnia di assicurazione volontariamente intervenuta.

2.1. Il motivo è inammissibile.

2.2. L’appello, infatti, è stato solo parzialmente accolto ed, anzi, nei confronti della posizione della compagnia di assicurazione l’impugnazione è stata respinta, come del resto precisato dal Tribunale (cfr. pag. 14, rigo 17 della sentenza). Quindi, la compensazione delle spese rientrava nel potere insindacabile del giudice di merito che sfugge al vaglio cassatorio (cfr. Cass. 17692/2003; Cass. 22541/2006; Cass. 14964/2007; Cass. 20457/2011).

2.3. Il conclusione il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

3. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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