Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17437 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. I, 20/08/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 20/08/2020), n.17437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Rosaria – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5816-2019 r.g. proposto da:

E.E., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Patrizia Bartoletto, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Faenza (RA), Via XX Settembre n. 29;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro, rappresentato e difeso ex

lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici in

via dei Portoghesi n. 12 Roma è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna, depositato in data

16.1.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

8/7/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Bologna ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da E.E., cittadino nigeriano, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in (OMISSIS); ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese in seguito alle conseguenze di un’alluvione, che aveva distrutto la sua abitazione ed ucciso suo padre e sua sorella e di aver subito violenze durante il suo passaggio in Libia prima di approdare sulle coste italiane.

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, posto che, anche al di là della credibilità del racconto, non ricorrevano i presupposti applicativi dell’invocata protezione internazionale, essendo evidente che il richiedente era migrato per ragioni prettamente economiche; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito all’Edo State, regione nigeriana di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che non era stata dimostrata da parte del richiedente una condizione di soggettiva vulnerabilità che non poteva essere collegata neanche alle conseguenze negative descritte in relazione al passaggio in Libia, non rappresentando quest’ultimo lo stato di eventuale rimpatrio e non essendo emerse neanche conseguenze psico-fisiche permanente ricollegabili all’esperienza nel territorio libico.

2. Il decreto, pubblicato il 16.1.2019, è stato impugnato da E.E. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di censura, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo ed unico motivo, variamente articolato, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra in materia di protezione internazionale, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, degli artt. 2 e 32 Cost., dell’art. 25 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dell’art. 11 del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, ratificati con L. n. 881 del 1977.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1 Sulla questione di diritto intertemporale dedotta dal ricorrente nel corso dell’articolata doglianza, va ricordata la recentissima sentenza resa a Sezioni Unite da questa Corte, secondo la quale, verbatim “In tema di successione delle leggi nel tempo in materia di protezione umanitaria, il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per il rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta a ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile, ne consegue che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge; tali domande saranno, pertanto, scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma, in tali ipotesi, l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base delle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, comporterà il rilascio del permesso di soggiorno per “casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9, del suddetto decreto legge” (Cass., ss.uu., sent. 29459/2019).

2.2 Ciononostante, la doglianza articolata dal ricorrente, anche in riferimento al diniego dell’invocata protezione umanitaria, è inammissibile.

2.2.1 Occorre, in primo luogo, evidenziare come le contestazioni sollevate in riferimento al diniego della richiesta tutela sussidiaria possono valere (e comunque risultano anch’esse inammissibilmente formulate) in relazione alle ipotesi normative regolate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, e non già per la diversa ipotesi di cui al medesimo art. 14, lett. c, in relazione al quale la motivazione impugnata si basa correttamente sulla valutazione delle fonti informative consultate per fondare il giudizio negativo in ordine al pericolo di danno collegato alla esistenza di un conflitto armato generalizzato e non già sulla valutazione di non credibilità del racconto del richiedente.

2.2.1 La censura articolata, invece, in riferimento al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, è inammissibile perchè volta a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Nigeria, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che nel predetto paese non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

2.3 Ma anche l’ulteriore censura articolata in riferimento al diniego della richiesta protezione umanitaria risulta formulata in modo inammissibile perchè, per un verso, volta a richiedere – attraverso deduzioni, peraltro, genericamente declinate – una rivisitazione del merito della decisione e poichè, per altro verso, non coglie neanche la ratio decidendi della motivazione impugnata che fonda il diniego della richiesta protezione umanitaria sulla mancata dimostrazione da parte del richiedente di una sua soggettiva condizione di vulnerabilità.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 96602019.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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