Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17435 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. I, 23/07/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 23/07/2010), n.17435

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17668/2007 proposto da:

C.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANCONA Luca, MALERBA COSTANZA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI PRATO;

– intimata –

avverso il provvedimento n. 104/07 del GIUDICE DI PACE di PRATO,

depositato il 19/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: “il cittadino (OMISSIS) C.J. venne espulso il 3.1.2007 dal Prefetto di Prato del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 2, lett. A-B e lo straniero propose opposizione innanzi al Giudice di Pace di Prato che, con decreto 19.3.2007, la rigettò sull’assunto per il quale non sussisteva alcuna violazione del D.L. n. 195 del 2002, art. 2, conv. in L. n. 222 del 2002 (essendo stata l’espulsione preceduta dalla definizione negativa della procedura di emersione, regolarmente comunicata al richiedente datore di lavoro che – infruttuosamente – la aveva impugnata innanzi al TAR).

Per la cassazione di detto decreto lo straniero ha proposto ricorso il 14.6.2007 mediante notifica del ricorso al Prefetto presso l’Avvocatura Distrettuale e formulando tre motivi.

Il Collegio ha disposto la rinnovazione della notificazione al Prefetto presso la sua sede. La rinnovazione è stata ritualmente eseguita ma l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

In diritto:

Il primo motivo di ricorso, con il quale è denunciata violazione del D.L. n. 195 del 2002, art. 2 conv. in L. n. 222 del 2002 e L. n. 241 del 1990, art. 7, si conclude con il quesito “relativo al fatto, che anche il lavoratore che sottoscriveva la dichiarazione di emersione ex D.L. n. 195 del 2002, conv. in L. n. 222 del 2002 con richiesta di rilascio del permesso di soggiorno, doveva essere informato attraverso la notifica dell’esito della procedura di emersione, a mente delle norme del procedimento amministrativo che prevedono che devono essere messi in grado di intervenire ed essere informati della conclusione del procedimento amministrativo, anche per poi poter ricorrere all’Autorità Giudiziaria, tutti coloro che fanno richiesta diretta all’Autorità amministrativa o che hanno dall’istanza presentata da altri un interesse diretto in quanto l’atto esplica anche su questi effetti giuridici”.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione deducendo che il Giudice di pace non ha motivato sulle eccezioni di nullità del decreto di espulsione per carenza di motivazione, facendo riferimento a fattispecie estranea a quella concreta, omettendo di considerare il provvedimento di sanatoria.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in ordine alla disposta compensazione delle spese senza liquidazione di quelle spettanti per il patrocinio a spese dello Stato.

Il primo motivo di ricorso sembra manifestamente fondato – con conseguente assorbimento dei rimanenti motivi – perchè la S.C. (sez. 1^, n. 7472/2004) ha già avuto modo di chiarire che il richiedente la legalizzazione ai sensi della L. n. 222 del 2002, art. 1, commi 1 e 2, ha il diritto di ottenere la comunicazione scritta – dall’Ufficio destinatario della richiesta dell’esito negativo della procedura (tal comunicazione costituendo il suo atto “conclusivo” ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 1), precisando come sia errato ipotizzare persino che sussistano equipollenti verbali o scritti di detta comunicazione, come si evince: 1) dalla stessa previsione di una convocazione scritta per gli adempimenti successivi, in caso di esito positivo (art. 1, comma 5 L. cit.), e la stessa espressione letterale di cui alla norma che occupa (fino alla data di conclusione della procedura), tali da far ritenere impensabile la compatibilità con le norme di una comunicazione verbale; 2) dalla previsione generale di cui alla L. n. 241 del 1990, artt. 2 e 3 (che nel caso dell’atto di esternazione dell’esito negativo della procedura de qua non può che applicarsi, non sussistendo ragioni di urgenza od ordine pubblico che vi facciano ostacolo); 3) dalla previsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, comma 6, che, imponendo l’obbligo di traduzione, presuppone la forma scritta dell’atto destinato allo straniero; 4) dalla sostanziale natura di atto di diniego del permesso di soggiorno che assume il rifiuto di procedere alla legalizzazione del rapporto di lavoro, un atto sottoposto al sindacato del Giudice Amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 10 e, come tale, necessariamente fornito di sintetica motivazione in fatto ed in diritto.

Per contro, dal provvedimento impugnato si evince che la definizione negativa della procedura di emersione è stata regolarmente comunicata al richiedente datore di lavoro che – infruttuosamente – la aveva impugnata innanzi al TAR mentre nessuna comunicazione risulta essere stata eseguita nei confronti del ricorrente.

Ove le considerazioni innanzi esposte siano condivise, il ricorso potrà essere deciso in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”.

2.- Il Collegio condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso.

Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato e, non sussistendo necessità di ulteriori accertamenti in fatto, la Corte può decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., procedendo all’annullamento del decreto di espulsione.

Le spese processuali – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti i rimanenti, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., accoglie l’opposizione proposta da C.J. e annulla il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Prato nei confronti del ricorrente il 3.1.2007. Condanna la Prefettura intimata a rimborsare al ricorrente le spese processuali che liquida, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 600,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 150,00 per diritti e Euro 400,00 per onorari) ed in Euro 1.200,00 per il giudizio di legittimità (comprensivi di Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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