Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17435 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/06/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 17/06/2021), n.17435

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1641/2020 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO

BORSIERI N. 12, presso lo studio dell’avvocato ANGELO AVERNI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIOVITO ALTAMURA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Torino – Ufficio

Territoriale di Genova, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lede in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1009/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il C4/07/2019 R.G.N. 581/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Genova, con la sentenza n. 1009 del 2019, ha confermato il provvedimento di rigetto, pronunciato dal Tribunale della stessa sede, del ricorso proposto da M.D., cittadino del Bangladesh, avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria.

2. Come si legge nella gravata pronuncia, il richiedente aveva dichiarato di avere abbandonato il proprio paese per il timore di aggressioni fisiche da parte dei suoi creditori (usurai).

3. La Corte territoriale, a fondamento della decisione, ritenendo trattarsi di una vicenda avente mera rilevanza economica, ha escluso il riconoscimento dello status di rifugiato non ravvisando nel racconto motivi di persecuzione; ha evidenziato che non ricorrevano le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), (condanna a morte o esecuzione della pena di morte a seguito di provvedimento di condanna – tortura o altra forma di trattamento disumano) per la protezione sussidiaria nè quella di cui all’art. 14, lett. c), in considerazione della situazione non pericolosa ravvisata in Bangladesh sulla base delle fonti consultate; ha sottolineato l’assenza dei presupposti per ottenere la protezione umanitaria specificando che il richiedente era giovane e di buona salute, oltre a non avere legami familiari in Italia.

4. Avverso tale provvedimento S.Y.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

5. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 35 bis, comma 9, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,7 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente escluso la Corte territoriale che in Bangladesh non vi fosse una situazione di pericolo che avrebbe imposto la protezione sussidiaria, in virtù di un accertamento non adeguatamente svolto sia con riferimento alle fonti internazionali richiamate sia con riguardo alla vicenda dell’espatrio solo apparentemente di natura economica.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere omesso la Corte di merito di valutare correttamente, attraverso l’obbligo di cooperazione istruttoria officiosa, la condizione di vulnerabilità in concreto di esso richiedente, non solo con il riferimento generico alla situazione del Paese di origine e alle migliori condizioni di vita in Italia.

4. Il primo motivo è fondato.

5. Come sopra riportato, l’espatrio del ricorrente è stato determinato dal timore di aggressioni fisiche da parte dei suoi creditori usurai.

6. La Corte territoriale ha ritenuto la vicenda di rilevanza unicamente economica per cui la posizione del richiedente è stata considerata non meritevole della protezione internazionale.

7. La valutazione dei giudici di seconde cure non è condivisibile.

8. Come sottolineato da questa Corte (Cass. n. 29142 del 2020), la migrazione per motivi economici è quella in cui l’espatrio è connesso alla ricerca di una migliore condizione di vita, sotto il profilo del complessivo benessere personale proprio e della propria famiglia.

9. Tale motivazione non è ravvisabile in quella oggetto di causa, in cui la fuga dal paese di origine è stata cagionata da timori di persecuzione per il trattamento ivi destinato a chi si trovi in condizioni di insolvenza rispetto ai propri debiti, in quanto in tal caso l’espatrio non persegue un miglioramento economico, ma si rende necessario al fine di evitare trattamenti inumani o gravemente ed indebitamente dannosi per la persona.

10. La Corte territoriale avrebbe dovuto svolgere di ufficio gli accertamenti necessari ad apprezzare se fosse stato vero quanto denunciato dal ricorrente circa il fatto che le leggi o i costumi (tollerati in Bangladesh) erano tali da comportare, in tali situazioni, la possibilità di riduzione in schiavitù.

11. Ciò in un contesto in cui già autorevoli fonti internazionali testimoniano l’ampia diffusione in Bangladesh del fenomeno del debito a tassi usurai e delle conseguenze da esso derivanti (cfr. United States Department of State 2017 Bangladesh; Human Rights Watch Bangladesh 2015, 2016 e 2017), connessa al fenomeno della povertà diffusa, per cui la circostanza per un soggetto di essere minacciato, picchiato e con il pericolo di divenire schiavo quale conseguenza in ipotesi di mancato pagamento di un debito già trova piena rispondenza nella pratica dei prestiti usurai in Bangladesh e rappresenta un aspetto che doveva, nel caso in esame, essere approfondito.

12. La trattazione del secondo motivo resta conseguentemente assorbita.

13. Alla stregua di quanto esposto, il primo motivo va accolto, assorbito il secondo; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, che dovrà procedere, sulla base della corretta qualificazione della fattispecie sopra delineata, ai dovuti accertamenti, provvedendo, altresì, anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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