Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17434 del 30/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/08/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 30/08/2016), n.17434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 728-2013 proposto da:

P.A. (OMISSIS), elettivamente (domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONI rappresentato e difeso dall’avvocato

CARMINE MIELE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 94/2/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO del 18/06/2012, depositata il 26/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito l’Avvocato Carmine Miele difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

F.A. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo n. 18/06/2012, depositata in data 26/11/2012, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad un’istanza del contribuente (medico convenzionato con il SSN) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2006 al 2009 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che la soggettività passiva a fini IRAP del contribuente, stante la sussistenza di un’organizzazione autonoma, si evinceva dai dati emergenti dalle dichiarazioni annuali presentate, in conseguenza “degli ammortamenti di una certa consistenza”, della “presenza di una collaboratrice necessaria per lo svolgimento dell’attività assunta a tempo indeterminato” e delle “spese sostenute dal medico convenzionato ammontanti a circa il 20 – 25%”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rimuale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per l’omessa pronuncia sulla questione preliminare, sollevata dall’appellato, di inammissibilità del gravame dell’Agenzia delle Entrate in mancanza di motivi specifici, ai sensi del D.Lgs. n. 546/992 (avendo l’appellante censurato genericamente la sentenza di primo grado, utilizzando le medesime argomentazioni non accolte in primo grado).

2. La censura è infondata.

Preliminarmente, la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 23989/2014; Cass. 5729/2012; Cass. 24914/2011; Cass.2313/2010; Cass. 8561/2006; Cass. 3388/2005) è stabilmente orientata nel senso che “il mancato esame di un motivo, da parte del Giudice dell’opposizione a ordinanza ingiunzione, giustifica l’annullamento della sentenza impugnata soltanto se, … trattandosi di questioni in diritto, le stesse non sono infondate”, poichè quando “il motivo non esaminato dal Giudice dell’opposizione propone infondate questioni di diritto, lo iato esistente tra pronuncia di rigetto e mancato esame del motivo per cui l’annullamento è stato domandato deve essere colmato dalla Corte di Cassazione attraverso l’impiego del potere di correzione della motivazione (art. 384 c.p.c., comma 2)”.

Ora, pur ricorrendo il vizio denunciato di omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c., non avendo i giudici della C.T.R. esaminato la suddetta eccezione, sollevata dall’Agenzia delle Entrate in sede di controdeduzioni, di inammissibilità del contribuente, D.Lgs. 546 del 1992, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., va esaminata la doglianza, in quanto la questione di diritto posta con il suddetto motivo è infondata (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito).

Ed infatti “in tema di contenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello, benchè formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco” (Cass. 6473/2002) ed inoltre “non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere “specifici” i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purchè in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni” (Cass. 1224/2007).

Nella specie, dalla stessa esposizione nella sentenza impugnata, si evince che l’appellante Agenzia delle Entrate, chiedendo l’annullamento della decisione di primo grado, contestava la contraddittorietà della motivazione e l’errata valutazione da parte dei giudici della C.T.P. del requisito dell’autonoma organizzazione, presupposto dell’IRAP, sulla base degli elementi probatori offerti.

3. Con la seconda censura, il ricorrente lamenta “l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ex art. 360 c.p.c., n. 5, sia in ordine all’assoluta carenza del requisito dell’autonoma organizzazione (non avendo la C.T.R. correttamente vagliato le circostanze fattuali dalle quali emergeva, l’assenza di ausilio di particolari attrezzature, essendo minime, rispetto al reddito, anche le spese per quote di ammortamento sostenute, e del lavoro altrui, essendo stata utilizzata una sola dipendente, con mansioni di segretaria, le cui spese erano state poi condivise con altri due medici operanti nello studio) sia in ordine alla mancata riforma della statuizione sulle spese di giudizio di primo grado.

4. La censura, limitatamente al profilo dell’omesso esame di fatti storici posti a base del presupposto dell’autonoma organizzazione, è inammissibile.

Premessa, invero, la piena operatività (Cass. 8053-8054/2014) nel giudizio di cassazione in materia tributaria del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (e trattasi di sentenza impugnata pubblicata nel novembre 2012, oltre il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, vale a dire successivamente al giorno 11 settembre 2012), è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Ne consegue che il vizio motivazionale previsto dal nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla “totale pretermissione” di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza della motivazione” (cfr. ord. 21257/2014).

Nella specie, il contribuente lamenta, al di là dell’impropria formulazione del motivo (ricalcante il vecchio disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5), l’omesso esame di fatti storici, allegati con documentazione, rappresentati dalla natura dei beni strumentali, arredi ed attrezzature integranti il minimo indispensabile per l’esercizio della professione medica, secondo le prescrizioni vigenti per il medico di medicina generale convenzionato con il SSN, e dall’essere stata impiegata soltanto un’unica dipendente, con mansioni di segretaria.

Non si verte, tuttavia, in ipotesi di omesso esame dì specifico fatto storico, in quanto risulta, dalla decisione impugnata, che la C.T.R. ha valutato gli elementi di fatto indicati dal contribuente ed, in particolare, la presenza di “una collaboratrice per lo svolgimento delle sue attività assunta a tempo indeterminato” e la sussistenza “di ammortamenti” per beni strumentali di “una certa consistenza”.

Non viene invece denunciato dal ricorrente un vizio di violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997.

4.2. la seconda censura (in punto di spese di giudizio) è inammissibile, essendo denunciato un vizio di “contraddittorietà” della motivazione, malgrado la nuova formulazione del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, e la questione di diritto, non di fatto, prospettata nel motivo (omessa pronuncia sulla richiesta di riforma della statuizione sulle spese di primo grado).

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

In considerazione delle questioni di diritto trattate (sulle quali vi e stata recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte) ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Respinge il ricorso; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2016

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