Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17433 del 19/08/2011

Cassazione civile sez. II, 19/08/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 19/08/2011), n.17433

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti

dell’Amministrazione Pubblica -INPDAP In persona del presidente e

legale rappresentante pro tempore dr. ing. S.M.

rappresentato e difeso dall’avv. Fiorentino Giuseppe dell’avvocatura

dell’Istituto ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma,

via Cesare Beccaria n. 29, giusta procura a margine del ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

contro

C.A.; + ALTRI OMESSI

Parti tutte rappresentate e difese dall’avv.

Prof. Quaglia Mario Alberto ed elettivamente domiciliate presso lo

studio del medesimo in Roma, via Carducci n. 4, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

e nei confronti di:

C.B.; + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 695/2004,

pubblicata il 20/11/2004;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

22/06/2011 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito il procuratore delle parti ricorrenti avv. Giuseppe Fiorentino,

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

Udito il procuratore della parte controricorrente avv. Mario Alberto

Quaglia che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.M. ed altri affittuari di locali siti in uno stabile di proprietà dell’INPDAP in (OMISSIS), proposero appello contro la sentenza n. 2208/2003 del Tribunale della medesima città che aveva respinto la loro domanda diretta ad ottenere accertamento della natura pertinenziale di spazi destinati a parcheggio, collocati nel piano interrato del fabbricato, nonchè il riconoscimento del loro diritto all’uso dei medesimi; la Corte di Appello di Genova accolse il gravame con sentenza 695/2004, ritenendo applicabile alla fattispecie la L. n. 244 del 1942, art. 41 sexies – aggiunto dalla L. n. 765 del 1967 – in quanto, sebbene il secondo testo normativo fosse entrato in vigore successivamente all’edificazione degli spazi destinati a parcheggio, lo stesso era comunque precedente al provvedimento amministrativo che aveva autorizzato l’utilizzo dei medesimi – prima vietato per non conformità dei locali alle norme antincendio-, argomentando dal fatto che solo a seguito del provvedimento in questione si sarebbe potuto dire costituito un locale da adibire a parcheggio. L’INPDAP ha proposto ricorso contro tale decisione, affidandolo a due motivi, cui hanno resistito con controricorso C.A. più altri; non hanno invece svolto difese gli eredi di B.M. – ad eccezione dell’indicato C.A. – + ALTRI OMESSI .

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies nonchè della L. n. 47 del 1985, art. 26, u.c., e degli arrt. 817, 818 e 819 cod. civ., richiamati da quest’ultima norma: assume l’Istituto ricorrente che, incontestato essendo che le norme sopra richiamate avevano introdotto un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi adibiti a parcheggio per le costruzioni edificate successivamente al 1 settembre 1967, tale principio non doveva trovare applicazione nel caso concreto in quanto il progetto dell’intero stabile era stato approvato con licenza edilizia del 6 agosto 1964 – e quindi seguito dalla realizzazione dell’intervento edilizio – in epoca dunque anteriore alla L. n. 765 del 1967 che aveva introdotto alla L. n. 1150 del 1942, l’art. 41 sexies; giudica il ricorrente erroneo l’assunto della Corte genovese, secondo il quale solo a seguito della licenza n. (OMISSIS) – quindi successiva all’entrata in vigore della L. n. 765 del 1967- che autorizzò l’uso (dopo opportune modifiche) detti parcheggi, si sarebbe potuto parlare di spazi adibiti a parcheggio.

A tale conclusione giunge il ricorrente in base all’osservazione che strutturalmente già esistevano – all’entrata in vigore della L. n. 765 del 1967- dei volumi esclusivamente adibiti a parcheggio, così indicati anche nel progetto sottoposto ed approvato dalla commissione edilizia; da ciò sarebbe derivato che il progetto in variante, approntato per adattare gli spazi a parcheggio alle prescrizioni dei Vigili del Fuoco ed approvato successivamente all’entrata in vigore della L. n. 765 del 1967, non aveva comportato la nascita di una nuova entità funzionale – spazio da utilizzare per parcheggio – bensì l’effettiva operatività della preesistente destinazione funzionale di una parte del fabbricato.

2 – Con il secondo e connesso motivo l’INPDAP assume l’esistenza di un vizio di motivazione atteso che la Corte genovese avrebbe omesso di dar rilievo al fatto che la stessa concessione in variante sarebbe stata adottata riesaminando il precedente progetto e confrontandolo positivamente con le modifiche apportate a seguito dei rilievi espressi dai Vigili del Fuoco in relazione ai soli spazi destinati a parcheggio. Entrambi i motivi sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

3 – La ragione della inammissibilità risiede nel fatto che i mezzi in esame difettano di specificità atteso che il ricorrente trae argomento per ritenere insussistente una “nuova costruzione” sulla base della ritenuta irrilevanza delle modifiche apportate alla struttura preesistente ma non cura di descrivere la natura e le caratteristiche di tale immutazione, così impedendo alla Corte di valutarne la portata e di delibare se le modifiche apportate fossero o meno di tale portata da determinare appunto un opus novum, come tale rientrante nella nuova disciplina di cui all’art. 41 sexies sopra citato; la relativa indagine, compiuta dai giudici del merito, appare pertanto intangibile in questa sede.

3/b – l’infondatezza degli stessi motivi riposa invece nell’assenza di una efficace critica a quello che era il punto argomentativo primario della sentenza della Corte genovese, secondo il quale, siccome la prima licenza edilizia era stata concessa a condizione di non utilizzare i locali interrati come parcheggi, la successiva concessione non aveva tanto rimosso l’ostacolo alla utilizzazione quanto dato atto che per la prima volta erano stati realizzati dei locali da identificare come parcheggi. 4 – Sul punto va peraltro effettuata una precisazione, al fine di correggere, integrandola, la motivazione della Corte distrettuale, in applicazione del disposto dell’art. 384 c.p.c., comma 11, nella formulazione vigente prima della novella contenuta nel D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo il dispositivo comunque conforme a diritto.

4/a – Invero il giudice dell’appello ha omesso di sottolineare che il concetto di “nuova costruzione” da applicare alla fattispecie si riferiva non solo agli spazi a parcheggio ma all’intero edificato in cui essi si inserivano, non esaminando come reagisse su tale qualificazione il rapporto tra le due concessioni edilizie.

4/b – Nella fattispecie, la originaria licenza edilizia del 6/08/1964, fu rilasciata – come ha avuto cura di sottolineare la Corte genovese a fol. 6 della decisione – all’espressa condizione che fossero osservate le prescrizioni dei Vigili del Fuoco contenenti il divieto dell’utilizzo ad autorimessa del piano fondi e seminterrato perchè in contrasto con le norme di sicurezza: dette prescrizioni, richiamate nel preambolo e nel corpo stesso del provvedimento concessorio, integravano detta licenza edilizia, condizionandone in parte gli effetti.

4/c – Va allora ritenuto che il primo provvedimento concessorio fosse suscettibile di essere integrato da una successiva attività materiale che andava ad incidere sulle caratteristiche strutturali di parte dell’edificato, assentita poi nell’ulteriore provvedimento in variante; ne consegue che quest’ultimo determinava, da un lato la legittimazione di un utilizzo dei locali interrati prima non consentito e, dall’altro, realizzando la condizione inserita nel precedente provvedimento concessorio, dava all’intero edificio una connotazione nuova – stante l’incidenza dell’edificato sul complessivo assetto urbanistico – permettendo di farlo rientrare nel concetto di “nuova costruzione” ai fini qui in esame.

5 – Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2011

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