Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17431 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/06/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 17/06/2021), n.17431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1553/2020 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE

STROZZI 31, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO TARTINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Treviso, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 10125/2019 del TRIBUNALE di

VENEZIA, depositato il 26/11/2019 R.G.N. 3950/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto 26 novembre 2019, il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso di D.G., cittadino maliano, avverso il decreto della Commissione Territoriale di Treviso, di reiezione delle sue domande di protezione internazionale e umanitaria;

2. esso riteneva, come già la Commissione, la scarsa credibilità del richiedente, che aveva riferito di essere fuggito dal proprio villaggio nella regione del Kayes (Mali) nel (OMISSIS), per avere involontariamente (lasciando una pentola incustodita sul fuoco a legna, all’interno della baracca dove preparava il caffè da vendere, per allontanarsi momentaneamente per partecipare ad un momento di preghiera in una vicina moschea), a causa di un forte colpo di vento che rovesciava la baracca che bruciava, procurato un incendio che, propagatosi ad edifici contigui (magazzini di vestiario e di generi alimentari di commercianti), cagionava danni economici che egli non sarebbe mai stato in grado di rifondere;

3. il racconto era ritenuto generico, in quanto poco circostanziato e implausibile, anche in ordine al “timore” del ricorrente “di dover andare in carcere per tutta la vita nonostante nessuno gli avesse chiesto il risarcimento dei danni”, neppure essendo emersi elementi da cui desumere la sua impossibilità di avvalersi della protezione delle autorità competenti;

4. il Tribunale escludeva pertanto, anche avuto riguardo alla situazione generale del Mali in base ad un rapporto Easo di ottobre 2017, la sussistenza dei requisiti delle misure di protezione maggiori richieste; ma neppure di quella umanitaria, in assenza in particolare di una vulnerabilità effettiva, nè di un adeguato livello di integrazione sociale in Italia del richiedente, che aveva frequentato soltanto corsi di lingua italiana (peraltro l’audizione essendo avvenuta tramite interprete) o di formazione, a fronte di un’attività esercitata nel suo Paese, in assenza di un rischio specifico per il medesimo;

5. con atto notificato il 23 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con otto motivi (variamente raggruppati, secondo la numerazione in ricorso) e successiva memoria ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c.; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. preliminarmente rilevata l’inammissibilità della deduzione di un nuovo motivo con la memoria finale comunicata (la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente inammissibili: Cass. 25 febbraio 2015, n. 3780; Cass. 7 marzo 2018, n. 5355; nè tanto meno di formularne di nuovi), il ricorrente deduce nullità della sentenza per motivazione inesistente o meramente apparente; omesso esame di una circostanza oggetto di discussione tra le parti e decisiva per il giudizio; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, art. 14, lett. b), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 27, comma 1 bis, art. 35 bis, n. 9: per la ritenuta non credibilità della propria vicenda, con motivazione sostanzialmente de relato dalla Commissione Territoriale, che non aveva dubitato della veridicità del racconto, ma soltanto dell’oggettività del timore di rimpatrio per una carcerazione a causa della propria incapacità di rifusione dei danni arrecati, senza neppure la certezza di essere stato denunciato, in assenza di alcun accertamento sul funzionamento del sistema giudiziario e sulla condizione carceraria in Mali, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria, ai fini della concessione di protezione sussidiaria sub art. 14, lett. b) denunciato (primi tre motivi);

2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

3. la valutazione di credibilità del richiedente deve essere sempre frutto di una valutazione complessiva di tutti gli elementi e non può essere motivata soltanto con riferimento ad elementi isolati e secondari o addirittura insussistenti, quando invece venga trascurato un profilo decisivo e centrale del racconto (Cass. 8 giugno 2020, n. 10908);

3.1. prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, il giudice deve allora osservare l’obbligo di compiere le valutazioni di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni del richiedente, non già in base alla propria opinione, ma secondo la procedimentalizzazione legale della decisione sulla base dei criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. 11 marzo 2020, n. 6897; Cass. 6 luglio 2020, n. 13944; Cass. 9 luglio 2020, n. 14674): sicchè, esso è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 19 giugno 2020, n. 11925);

3.2. nell’ambito di una tale valutazione procedimentalizzata è centrale l’esame delle dichiarazioni rese dal richiedente (in particolare: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. b), riscontrate da “tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d’origine al momento della domanda” (art. 3, comma 3, lett. a D.Lgs. cit.): così integrando l’esame parziale del racconto (come appunto nel caso di specie, al primo capoverso di pg. 2 del decreto), del quale il Tribunale ha operato una valutazione di non credibilità ampiamente lacunosa (al secondo capoverso di pg. 8 del decreto) l’errore di diritto denunciato e, con esso, il vizio di motivazione apparente, parimenti dedotto;

3.3. ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui abbia tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. 5 agosto 2019, n. 20921; Cass. 30 giugno 2020, n. 13248), così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6: come appunto nel caso in esame;

3.4. il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai citati parametri, è poi sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti (oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa), spettando al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578), come avvenuto nel caso di specie; 3.5. al di là della verifica della situazione del Mali (ed in esso del Kayes, area di provenienza del richiedente) sotto il profilo generale di una condizione di violenza indiscriminata, in base ad informazioni (Rapporto Easo di ottobre 2017, a pg. 12 del decreto), il Tribunale non ha operato alcun approfondimento istruttorio, tramite acquisizione di specifiche informazioni ufficiali in ordine alla situazione carceraria in Mali; al contrario, il richiedente, che ha tempestivamente allegato il proprio timore di rimpatrio per il verosimile rischio, non essendo egli in grado di rifondere i danni arrecati, di una carcerazione senza rispetto dei fondamentali diritti umani (tenuto conto della condizione carceraria e del funzionamento del sistema giudiziario in Mali), ne ha fornito specifica indicazione, tramite pertinenti fonti aggiornate (in particolare, dall’ultimo capoverso di pg. 21 all’ultimo di pg. 23 del ricorso), a corredo di una censura idonea a dimostrare la violazione del dovere di cooperazione istruttoria per l’omessa indicazione delle fonti informative dalle quali il giudice abbia tratto il suo convincimento (Cass. 20 ottobre 2020, n. 22769; Cass. 20 gennaio 2021, n. 926);

4. il ricorrente deduce poi nullità della sentenza per motivazione apparente per omessa o generica indicazione di fonti COI; violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 35 bis, n. 9; omesso esame di documenti prodotti: per inosservanza dell’obbligo di cooperazione istruttoria, ai fini della concessione di protezione sussidiaria sub art. 14, lett. c) denunciato, per esclusione di una condizione generale di violenza indiscriminata nella regione di provenienza del richiedente, sulla base di COI risalenti al 2016, a fronte di altre più recenti allegate ma ignorate (quarto, quinto e sesto motivo);

5. anch’essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati;

5.1. nel giudizio di protezione sussidiaria, in particolare ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’allegazione dal richiedente di una situazione generale determinante l’esposizione effettiva al pericolo per la propria vita o per la propria incolumità psico-fisica, dovuto alla mera condizione del rientro, impone l’accertamento all’attualità della situazione oggettiva del paese d’origine e, in particolare, dell’area di provenienza del cittadino straniero: esso integra un accertamento autonomo che riguarda la verifica dell’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata dettata da conflitto armato interno od esterno, senza la necessità che egli fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale, in conformità alle indicazioni della Corte di Giustizia UE (sentenza 17 febbraio 2009 in C-465-07 cd. sentenza Elgafaji). Esso comporta una diversa modulazione dell’onere di allegazione rispetto a quello relativo alle protezioni cd. individualizzanti, potendosi limitare alla indicazione di una situazione generale di violenza indiscriminata dettata da conflitto esterno od instabilità interna, percepito come idoneo a porre in pericolo la vita o l’incolumità psicofisica del richiedente, per il solo fatto di rientrare come civile nel paese di origine (Cass. 30 luglio 2015, n. 15202; Cass. 8 luglio 2020, n. 14350): con un grado di specificità inferiore a quello che caratterizza le protezioni cd. individualizzanti, per contro espandendosi il dovere istruttorio officioso del giudice, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 (Cass. 15 settembre 2020, n. 19224), non potendo certamente il giudice del merito limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 20 maggio 2020, n. 9230), con specifico riferimento nel caso di specie al Mali (Cass. 6 luglio 2020, n. 13940);

5.2. nel caso di specie, appare inadeguato l’accertamento compiuto dal Tribunale, nell’esercizio dell’obbligo di cooperazione istruttoria, in base a fonti COI (report Easo dell’ottobre 2017, anteriore di oltre un anno alla decisione: dal primo al penultimo capoverso di pg. 12 del decreto), meno puntuali ed aggiornate di quelle indicate (a pgg. 13 e 14 del ricorso) dal richiedente, con una censura contenente precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire in sede di legittimità l’effettiva verifica in ordine alla violazione del dovere di collaborazione istruttoria: Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; Cass. 20 gennaio 2021, n. 924);

6. il ricorrente deduce, infine, omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 35 bis, n. 9, per esclusione della protezione umanitaria nella ritenuta carenza di prova di una propria condizione di vulnerabilità e di una situazione interna della regione di Kayes, tuttavia già prospettata di insicurezza sotto i profili del rispetto della dignità e di tutela della persona, in base ad una circolare della Commissione Nazionale Asilo del 2015 (settimo e ottavo motivo);

7. essi sono assorbiti;

8. pertanto i primi sei motivi di ricorso devono essere accolti, con assorbimento degli ultimi due, cassazione del decreto e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi sei motivi, assorbiti gli altri; cassa il decreto, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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