Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17431 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.13/07/2017),  n. 17431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2701/2016 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAGO TANA,

1, presso lo studio dell’avvocato ILARIO D’APOLITO, rappresentata e

difesa dall’avvocato CLAUDIO MASTROGIOVANNI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati EMANUELE DE ROSE,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO e CARLA D’ALOISIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 969/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 03/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che la Corte d’appello di Salerno, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di C.G. intesa alla reinscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli del comune di residenza per gli anni dal 2005 al 2008 ed alla condanna dell’INPS ai relativi adempimenti;

che, a fondamento della statuizione, la Corte ha valorizzato, a confronto con altre risultanze, la dichiarazione resa in sede ispettiva da S.E. (proprietaria dei terreni sui quali la C. asseriva avere prestato attività di lavoro subordinato come lavoratrice agricola), la quale aveva affermato di avere avuto alle proprie dipendenze esclusivamente D.M.F., marito della C.;

che ha osservato il giudice d’appello che la veridicità di tali affermazioni non risultava adeguatamente contrastata dalle deposizioni, di segno opposto, rese dal detto D.M. e da C.A., sorella della originaria ricorrente, sia perchè le stesse dovevano valutarsi con la dovuta cautela in ragione del rapporto tra i detti testi e C.G., sia perchè incongruenti con le medesime allegazioni della originaria domanda con riferimento alla tipologia delle colture effettuate sui terreni sui quali la C. asseriva di avere espletato attività di lavoro agricolo;

che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Giovanna C. sulla base di due motivi;

che l’INPS ha resistito con tempestivo controricorso;

che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, censurandosi la decisione per non avere preso in considerazione la produzione documentale costituita dalle buste paga, dai modelli CUD relativi agli anni in oggetto e dalla copia del Registro Semplificato da consegnare al lavoratore sottoscritto dalla Santoro, con il quale quest’ultima comunicava all’INPS la avvenuta assunzione della C., è manifestamente infondato;

che nella prospettiva del vizio di motivazione denunziabile con il motivo di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua attuale configurazione, è contemplato l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia);

che nella specie la documentazione richiamata da parte ricorrente è stata tenuta presente dalla Corte, in quanto sintomatica della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, ma è stata ritenuta al contempo priva del carattere della decisività, essendone stata esclusa l’effettività alla luce della compiuta indagine istruttoria che ha rivelato la non rispondenza al vero del dato ufficiale;

che il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2987 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale, pur in presenza di formale iscrizione nell’elenco dei braccianti agricoli, indebitamente posto a carico della lavoratrice l’onere della prova circa la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, è inammissibile per difetto di pertinenza alle reali ragioni del decisum, non esprimendo l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale la lavoratrice non avrebbe “adempiuto all’onere su di lei gravante di dimostrare la veridicità del proprio assunto”, alcuna deroga alla ripartizione dell’onere probatorio, pacificamente gravante sul lavoratore (cfr. Cass. n. 2739 del 11/02/2016: “L’iscrizione di un lavoratore nell’elenco dei lavoratori agricoli svolge una funzione di agevolazione probatoria ai fini dell’attribuzione di prestazioni previdenziali che viene meno qualora l’INPS, a seguito di un controllo, disconosca l’esistenza del rapporto di lavoro, esercitando la facoltà di cui al D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 9. Ne consegue che, in tal caso, il lavoratore ha l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all’iscrizione e di ogni altro diritto consequenziale, fermo restando che, nella controversia avente ad oggetto la prestazione previdenziale, lo status di lavoratore agricolo può essere accertato solo incidentalmente”);

che a tanto consegue il rigetto del ricorso, con esclusione di statuizioni sulle spese a carico della ricorrente, stante la dichiarazione sostitutiva della medesima ex art. 152 c.p.c..

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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