Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17428 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 20/08/2020), n.17428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISI Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4640-2019 proposto da:

C.V.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, imposto dalla legge

rappresentato e difeso dagli avvocati PELLEGRINO CAVUOTO, LUIGI

BOCCALONE;

– ricorrente –

contro

D.A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

FAUSTO IARROBINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5211/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Doti CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 5211/2018 depositata il 16-11-2018 e notificata a mezzo pec il 22-112018, ha rigettato l’appello proposto da C.V.N. avverso la sentenza del Tribunale di Benevento n. 47/2018 con la quale era stata pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da C.V.N. e D.A.C. ed era stato posto a carico di C.V.N. l’assegno divorzile di Euro 220, con rivalutazione Istat.

Avverso la citata sentenza, C.V.N. propone ricorso per cassazione, con un solo motivo, al quale D.A.C. resiste con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

2. Con unico articolato motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c., nonchè error in procedendo e la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5. Deduce che la Corte territoriale erroneamente ha ritenuto generica la circostanza, evidenziata nell’atto d’appello, relativa alle peggiorate condizioni di salute dell’appellante, il quale aveva perciò chiesto la revoca dell’assegno in favore dell’ex moglie, oltre che in considerazione delle mutate condizioni economiche di quest’ultima. Ad avviso del ricorrente la Corte d’appello, senza valutare unitariamente le censure, ha omesso di considerare che: i) il reddito dell’ex moglie era all’incirca raddoppiato, poichè la D.A. percepiva una pensione di circa Euro500, in luogo di quella di Euro240 di cui godeva in precedenza, ed abitava la casa familiare; ii) erano peggiorate le condizioni di salute del ricorrente, che allega di aver prodotto documenti medici e scontrini degli anni 2010-2011 e 2012 e di aver provato che soffriva di diabete, postumi di infortunio e dal 2013 anche di ipertensione arteriosa, avendo lo stesso sostenuto rilevanti spese per i suindicati motivi di salute.

3.Premesso, preliminarmente, che le eccezioni di improcedibilità del ricorso sollevate dalla controricorrente devono essere disattese (cfr. Cass. n. 18324/2018 circa la ritualità della notifica del file scansionato per immagine per raggiungimento dello scopo in ipotesi di costituzione dell’intimato; inoltre il ricorrente ha depositato la relata della notifica della sentenza a mezzo pec munita di attestazione di autenticità con firma autografa, ed anche la relata di notifica del ricorso è stata ritualmente autenticata), l’unico motivo di ricorso è inammissibile.

3.1. La censura concernente la violazione dell’art. 342 c.p.c., difetta di specificità e di autosufficienza, non avendo il ricorrente precisamente indicato quale fosse il contenuto dell’atto di appello, nella parte che assume riferita all’insorgenza di maggiori spese per motivi di salute ed al richiamo delle risultanze documentali.

3.2. Circa le altre doglianze, il ricorrente, nel dedurre, apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758/2017).

La Corte territoriale, con adeguata motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014), ha esaminato i fatti allegati a sostegno della richiesta di revoca dell’assegno divorzile, valutando tutte le circostanze del caso concreto (condizione reddituale della D.A. e rilevanza dell’incremento pensionistico, raffronto con la situazione patrimoniale del ricorrente, percettore di una pensione di Euro1.500 mensili, oltre ad un sussidio Inail, quale desunta anche dalla liquidità che aveva mostrato di avere prestando una cospicua somma ad una sua amica, condizioni di salute del ricorrente, considerando non dimostrato il dedotto peggioramento, nè l’ingaggio di personale infermieristico o di addetto alla generica assistenza alla persona). La Corte territoriale ha ritenuto, richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 18287/2018, che l’esiguo aumento del reddito della D.A. non la rendeva economicamente indipendente, la sua età (69) non era compatibile con l’avvio ad una qualche attività di lavoro e i figli conviventi non contribuivano al suo mantenimento, sicchè non potevano considerarsi intervenuti rilevanti fatti nuovi rispetto agli accordi economici recepiti nella sentenza di appello della separazione del 2012.

Il suddetto convincimento è stato, pertanto, fondato su un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, e le censure del ricorrente si risolvono, inammissibilmente, in una richiesta di rivalutazione delle risultanze di causa (documenti e testimonianze- pag.n. 13 ricorso) e del merito.

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro3.600, di cui Euro100 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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