Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17426 del 30/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17426 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 9392-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
DAL POZZO VALTER;
– intimato avverso la sentenza n. 144/02/2011 della Commissione Tributaria
Regionale di MILANO del 9.11.2011, depositata il 21/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.

Data pubblicazione: 30/07/2014

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
La CTR di Milano ha accolto l’appello di Dal Pozzo Valter -appello proposto contro
la sentenza n.146/21/2010 della CTP di Milano che aveva respinto il ricorso del
predetto contribuente- ed ha così annullato il provvedimento di diniego di
definizione dei carichi di ruolo pendenti per IRPEF anno 1995, diniego adottato sulla
premessa che la richiesta di adesione alla definizione ex art.12 della legge n.289/2002
non potesse considerarsi accoglibile per non essere stato tempestivamente effettuato
il versamento delle somme dovute per la seconda delle rate previste dalla predetta
norma e da versarsi entro il 16.4.2004.
La CTR adita ha motivato la propria decisione nel senso che —a parte la brevità del
ritardo nel pagamento della seconda rata “di appena quattro giorni”- il ritardo doveva
considerarsi ampiamente giustificato in virtù dell’estrema complessità della disciplina
di cui alla legge 289/2002 e successive modificazioni.
L’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’intimato non si è difeso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il primo motivo di ricorso (improntato alla violazione dell’art.12 della legge
n.289/2002) l’Agenzia ricorrente si duole del fatto che la CTR abbia ritenuto
effettuata la definizione dei carichi di ruolo qui considerati, per quanto la seconda
delle due rate previste per legge (in somma complessivamente pari al 25% delle
somme iscritte a ruolo) non fosse stata tempestivamente versata.

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letti gli atti depositati

11 motivo appare infondato e non può essere accolto, secondo quanto questa Corte ha
già ritenuto in altre precedenti pronunce (per tutte, Cass. Sez. 6 – 5, Sentenza n.
13697 del 30/05/2013).
In fatto è pacifico, per come si desume dalla sentenza impugnata, che il contribuente
aveva versato la prima rata entro il termine originario del 16.4.03 e la seconda rata

A tal proposito va osservato —ricostruttivamente- che il secondo comma dell’articolo
12 della legge n. 289/02 – come sostituito dall’articolo 5 bis del decreto legge n.
282/02, introdotto dalla legge di conversione n. 27/03 – fissava per il versamento
della prima rata (non inferiore all’80% della somma prevista per la definizione dei
carichi di ruolo pregressi) il termine del 16 aprile 2003 e per il versamento del
residuo il termine del 16 aprile 2004.
Il primo di tali termini fu differito, fermo restando il secondo, al 16.5.03 con
l’articolo 1 del decreto legge n. 59/03, non convertito.
Il successivo decreto legge n. 143/03, convertito con la legge n. 212/03, ha poi
differito il primo termine dal 16 aprile 2003 al 16 ottobre 2003 (data poi
ulteriormente spostata, con il decreto legge 269/03, convertito con la legge 326/03, al
16 marzo 2004 e ancora, coni! decreto legge 335/03, convertito con la legge 47/04, al
16 aprile 2004) e ha rimesso al Ministro dell’Economia e delle Finanze la
rideterminazione, tra gli altri, del secondo termine. E’ opportuno riportare uno
stralcio dell’articolo 1, comma secondo, d.l. 143/03: “I contribuenti che non hanno
effettuato, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto,
versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui
agli articoli 7, 8, 9, 9-bis, 11, comma 4, 12, 14, 15 e 16 della legge 27 dicembre
2002,

11.

289, come modificata dall’articolo 5-bis del decreto-legge 24 dicembre

2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, ti. 27,
nonché di cui agli articoli 5 e 5-quinquies del medesimo decreto-legge

IL

282 del

2002, possono provvedervi entro il 16 aprile 2004………… Gli ulteriori termini
connessi, contenuti nelle predette disposizioni, nonché quelli per la ‘nera

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il 20.4.2004 (a fronte del termine originario del 16.4.04).

trasmissione in via telematica delle dichiarazioni relative alle suddette definizioni,
sono rideterminati con decreti, rispettivamente, del Ministero dell’economia e delle
finanze e del direttore dell’Agenzia delle entrate, anche con riferimento alle date di
versamento degli eventuali pagamenti rateali, ferma restando la decorrenza degli
interessi dal 17 ottobre 2003”.

Alla suddetta rideterminazione il Ministro dell’Economia e delle Finanze provvide
con il D.M. 8.4.2004, il cui articolo 1, comma 2, lett. g), fissò al 18 aprile 2005, tra
l’altro, “il termine di versamento del residuo importo dovuto ai sensi dell’art. 12,
commi 2, secondo periodo, e 2-ter della legge n. 289 del 2002, relativamente ai
soggetti che alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge

17.

143 del 2003

ancora non avevano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e
degli obblighi tributari di cui al medesimo art. 12”.

Va inoltre considerato che la legge di conversione del decreto legge 143/03, nel
secondo comma del suo unico articolo, fece salvi gli effetti del già menzionato
decreto legge 59/03, non convertito, e, inoltre, stabilì espressamente:

“Sono utili i

versamenti … effettuati tra il 17 aprile 2003 ed il 25 giugno 2003, ai fini delle
definizioni di cui agli articoli 11, comma 4, 12, 15, 16 e 17, comma 1, della
medesima legge n. 289 del 2002”.

Alla luce di tale sequenza di disposizioni normative deve giudicarsi del tutto
tempestivo il versamento dell’80% della somma dovuta per la definizione dei ruoli
pregressi effettuato dal contribuente prima della data 16.4.2003.
Resta allora da stabilire se possa considerarsi tempestivo anche il versamento del
residuo importo dovuto per il perfezionamento del condono, effettuato dal
contribuente il 22.4.2004, dopo lo spirare dell’originario termine del 16.4.04 ma
prima dello spirare del termine del 18.4.05 fissato dal DM 8.4.2004; ossia, vale dire,
se nel caso del contribuente si applichi la proroga dal 16.4.04 al 18.4.05 del termine
di pagamento della seconda rata di condono.
In proposito è stato sostenuto che l’odierno intimato non potrebbe beneficiare della
proroga perché alla data di entrata in vigore del decreto legge 143/03 egli aveva

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effettuato l’utile versamento della prima rata del condono; a fondamento di tale
posizione, è stata valorizzato – riprendendo una posizione che si rinviene già nella
Risoluzione dell’ Agenzia delle Entrate 12/08/2005 n. 125- il rilievo che tanto il
secondo comma dell’articolo 1 del decreto legge 143/03, quanto il secondo comma,
lett. g), dell’articolo 1 del decreto ministeriale 8.4.04 limitano l’operatività della

avevano effettuato versamenti utili ai fini del condono.
La tesi non appare convincente, perché l’interpretazione della norma che essa
propone condurrebbe al risultato che il versamento della seconda rata di condono
effettuato nel periodo compreso tra la scadenza del termine originario (16.4.04) e la
scadenza del termine prorogato (18.4.05) perfezionerebbe il condono per i
contribuenti che hanno pagato la prima rata dopo il 25.6.03 (data di entrata in vigore
del decreto legge 143/03) e non per quelli che l’hanno, più diligentemente, pagata
prima del 25.6.03.
Si tratta di un approdo ermeneutico paradossale -tale da sollevare anche dubbi di
legittimità costituzionale, con riferimento al parametro della ragionevolezza ex art. 3
Cost.- e che peraltro contrasterebbe con la ratio legis; se infatti, come appare
evidente, lo scopo della riapertura dei termini di versamento recata dal secondo
comma dell’articolo 1 d.l. 143/03 era quello di aumentare il gettito dei condoni di cui
alla legge 289/02, ampliando la platea dei contribuenti coinvolti, escludere dal
condono quei contribuenti che, avendo pagato tempestivamente la prima rata,
perdano il termine del 16.4.04 per il pagamento della seconda (ma abbiano tuttavia la
possibilità e l’interesse di effettuare tale pagamento entro il 18.4.05) precluderebbe al
Fisco il celere incasso dei saldi dai medesimi ancora dovuti.
Si deve dunque ritenere, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata,
che la proroga dal 16.4.04 al 18.4.05 del termine di pagamento della seconda rata
del condono ex art. 12 1. 289/06 operi anche per coloro che avevano pagato la prima
rata in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legge 143/03; e che la
disposizione contenuta nel secondo comma dell’articolo 1 del decreto legge 143/03 e

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proroga solo a coloro che alla data di entrata in vigore del decreto legge 143/03 non

nel secondo comma, lett. g), dell’articolo 1 del decreto ministeriale 8.4.04 – che
limita la platea dei destinatari della proroga dei termini a quei contribuenti che alla
data di entrata in vigore del decreto legge 143/03 non avevano effettuato versamenti
utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui all’articolo
12 (tra gli altri) della legge 289/02- va interpretata nel senso che per versamenti

intendersi i versamenti immediatamente estintivi di detti obblighi, ossia quelli
effettuati in unica soluzione.
Deve quindi concludersi che il contribuente aveva il diritto di avvalersi della
riapertura dei termini di versamento recata dal secondo comma, lett. g), dell’articolo
1 del D.M. 8.4.04, emanato in attuazione dell’articolo 1, secondo comma, d.l. 143/03
e, conseguentemente, che il giudice di merito non ha errato nel

giudicare

tempestivo, oltre al versamento della prima rata, anche quello della seconda rata.
Quanto poi al secondo ed al terzo motivo di impugnazione (l’uno centrato sulla
violazione dell’art.53 del D.Lgs.546/1992 e l’altro centrato sul vizio di motivazione)
si tratta di motivi entrambi inammissibilmente proposti, il primo perché contrario al
canone di autosufficienza (non essendo stato trascritto il contenuto dell’appello che
sarebbe mancante del requisito di specificità) ed il secondo perché la parte ricorrente
non ha individuato alcun fatto (controverso e decisivo) in riferimento al quale
soltanto potrebbe predicarsi il vizio dell’insufficiente motivazione della pronuncia.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza ed inammissibilità.
Roma, 15 dicembre 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

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“utili” per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari devono

che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Il Van~rio Giorded0′

Così deciso in Roma il 5 giugno 2014

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