Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17426 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 28/06/2019), n.17426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4763-2017 proposto da:

O.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANNA DONDI;

– ricorrente –

contro

STORE D.M. DI C.D. E M.S.B. S.N.C., in

persona di C.D. quale socio illimitatamente responsabile e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato MONICA

BATTAGLIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMO GRATTAROLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 814/2016 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA,

depositata il 19/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. PATRONE IGNAZIO, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO

che:

1. O.G., socio unico della cancellata A.O. Srl, ricorre affidandosi ad un unico motivo – per la cassazione della sentenza del Tribunale di Alessandria che aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dall’odierno ricorrente per il pagamento di canoni scaduti relativi al contratto di locazione stipulato dalla società cancellata con la Store snc – rispetto alla quale l’impugnazione proposta era stata dichiarata inammissibile dalla Corte di Torino con ordinanza ex art. 348 c.p.c..

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, i giudici d’appello avevano confermato la pronuncia di primo grado con la quale, richiamando il principio affermato da Cass. SU 6070/2013, era stato dichiarato il difetto di legittimazione attiva dell’ O., in quanto il credito vantato non era iscritto nel bilancio di liquidazione della società cessata e, dovendo ritenersi da essa rinunciato, non poteva essere stato trasmesso al socio.

2. L’intimato ha resistito.

3. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con unico articolato motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. e la preclusione pro iudicato sulla sussistenza di legittimazione attiva del ricorrente.

1.1. Assume, al riguardo, che in relazione al medesimo contratto e fra le stesse parti era intervenuta, con riferimento ad un separato giudizio proposto per ottenere il pagamento dei canoni di locazione relativi ad un periodo antecedente a quello oggetto dell’odierna controversia, la sentenza 665/2015 dello stesso Tribunale, passata in giudicato, la quale, pur revocando il decreto ingiuntivo opposto in accoglimento dell’eccezione di prescrizione, aveva, in premessa, statuito la sua legittimazione attiva in qualità di socio unico della società a responsabilità limitata estinta, ritenendo che alla cancellazione dal Registro delle Imprese fosse seguito un fenomeno successorio per il quale si erano trasferiti al socio i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società cessata.

1.2. Lamenta, al riguardo, la violazione della portata del giudicato esterno di tale pronuncia.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Questa Corte, infatti, con la nota sentenza, correttamente richiamata dal Tribunale di Alessandria nella pronuncia oggetto del ricorso, ha affermato che “dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendenter societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.” (cfr. Cass. SU 6070/2013).

2.2. Tanto premesso/si osserva che:

a. il ricorrente fonda la propria censura sulla circostanza che in relazione al medesimo contratto, ma per canoni di locazione relativi ad un periodo antecedente, pur essendo stato revocato in sede di opposizione e per intervenuta prescrizione il corrispondente decreto ingiuntivo, era stato incideritalmente deciso che l’eccezione di difetto di legittimazione attiva era infondata. Tale statuizione tuttavia non può assumere valore di giudicato in relazione ad una diversa controversia che, pur relativa allo stesso contratto, ha un oggetto differente, ossia canoni di locazione scaduti e successivi a quelli richiesti con l’altro provvedimento monitorio: al riguardo la censura mostra di non tener conto proprio del principio affermato con l’arresto sopra riportato che, oltretutto, risulta trascritto nel ricorso solo parzialmente (cfr. pag. 5 del ricorso), essendo stata eliminata la parte rilevante, per la controversia in esame (sopra sottolineata);

b. l’omessa iscrizione in bilancio dei crediti ancora incerti o illiquidi, infatti, impone di ritenere che essi siano stati rinunciati: al riguardo, le argomentazioni difensive fondate sull’iscrizione dei canoni de quo nel “conto economico” della società e la difficile realizzazione di essi (cfr. pag. 8 terzo cpv del ricorso), lungi dal dare sostegno alla tesi difensiva con la quale si assume che siano caduti in successione, conferisce ancor maggiore concretezza alla “presunzione di rinuncia” postulata nel principio di legittimità di cui si chiede applicazione;

c. risulta, infine, non conferente con il caso in esame la giurisprudenza richiamata (Cass. 13207/2015) che postula, per la portata estensiva “circa l’inesistenza di fatti impeditivi o estintivi, non dedotti ma deducibili nel giudizio di opposizione”/ che il decreto ingiuntivo che contenga le pretese vantate non sia stato opposto e sia, dunque, passato in giudicato senza alcuna contestazione, situazione questa del tutto diversa da quella oggetto della presente controversia.

3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte,

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori e rimborso spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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