Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17425 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 04/04/2019, dep. 28/06/2019), n.17425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16481-2017 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA

BALDUINA 59/A, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO GESUALDI,

rappresentato difeso dall’avvocato POMPEA CARELLA;

– ricorrente –

contro

FIRS ITALIANA ASSICURAZIONI SPA IN LCA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3084/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO che ha concluso per la parziale inammissibilità,

rigetto del 2 e 4 motivo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso notificato il 15 /06/2017 G.F., quale titolare dell’omonima impresa impugna la sentenza n. 3084/2016 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 16/05/2016, con cui è stata confermata la sentenza di primo grado che lo ha condannato al pagamento di premi maturati per polizze fideiussorie rilasciate da Firs Italiana in relazione ad otto contratti di appalto intercorsi tra la pubblica amministrazione e la sua impresa individuale, di cui erano relative a due società capogruppo di una ATI di cui il ricorrente era legale rappresentante. Con il ricorso, affidato a quattro motivi, il ricorrente assume che non siano state vagliate o correttamente scrutinate le eccezioni preliminari sollevate (di carenza di legittimazione passiva e di prescrizione) e le eccezioni di non debenza del pagamento, essendosi verificato lo storno automatico delle polizze fideiussorie in relazione ai vari SAL periodicamente approvati e all’invio dei certificati di ultimazione delle opere, che non necessitano del collaudo finale. Nessuno è comparso per il resistente. All’udienza il Pubblico Ministero ha concluso come in atti, mentre nessuno compariva per le parti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la Corte d’appello preso posizione sulla eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, sull’assunto che la memoria sarebbe stata tardivamente depositata nell’ottobre 2007, mentre in realtà sarebbe stata depositata entro il termine previsto, il 28 giugno 2017; rileva inoltre che il conferimento della impresa individuale a suo nome a favore della società srl, avvenuto il 7.01.1007, e comunicato alla società resistente il 19.06.1997, avrebbe determinato la sopravvenuta carenza della sua legittimazione passiva, rilevabile per l’attrice già alla data della vocatio in ius. Rilevava, infine, quanto alla prima e seconda polizza, di avere agito quale capogruppo delle due ATI, non potendo essere chiamato a risponderne in proprio.

1.1. Il motivo è inammissibile. La carenza di legittimazione passiva, in tale ipotesi, attiene al merito della controversia, che può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, e dunque non è soggetta a preclusioni (Cass. SU 2951/2016; Sez. 1, Sentenza n. 21399 del 17/10/2011), dovendosi in tal modo parzialmente correggere la motivazione resa dal Giudice del merito in ordine alla decadenza processuale verificatasi. Tuttavia, prima di sollevare una questione di nullità processuale la parte eccipiente deve dimostrare che il rilievo omesso ha una qualche utilità per la decisione della controversia (cfr. Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 2626 del 02/02/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15676 del 09/07/2014; Sez. 3, Sentenza n. 5659 del 09/03/2010)).

1.2. Invero, il ricorrente, a p. 4 del ricorso, espone che il Tribunale di Roma, in data 30.6.2006, aveva concesso decreto ingiuntivo per l’importo relativo alla somma dei premi non versati, mentre in data 16.10.2006, G.F., quale titolare della impresa individuale e in qualità di capogruppo della ATI, si opponeva al decreto ingiuntivo. La controversia de qua, risulta essere stata instaurata quando il legale rappresentante dell’impresa individuale, capogruppo della ATI, aveva conferito l’impresa individuale nella società Gefida s.r.l., con atto intervenuto il 7.1.1997, di cui era stata data notizia alla compagnia assicuratrice che aveva stipulato le polizze fideiussorie.

1.3. Tuttavia il principio regolatore di tale vicenda, intervenuta prima della riforma societaria del 2003, non si trova nell’art. 2498 c.c. (vecchia formulazione) applicabile esclusivamente al caso di trasformazione di società da un tipo in un altro, con conseguente passaggio ipso iure dalla prima alla seconda di diritti ed obblighi. Con il conferimento di un’impresa individuale (recte azienda) ad una società si verifica piuttosto un fenomeno traslativo, e non successorio, in virtù del quale, se l’alienante non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento – salvo che non risulti il consenso dei creditori ex art. 2560 c.c. -, permane la sua legittimazione a contestarne l’esistenza, con la quale concorre quella dell’acquirente solo ove si tratti di debiti aziendali che risultino registrati come trasferiti nei libri contabili obbligatori (Sez. 1, Sentenza n. 21399 del 17/10/2011; Sez. 1, Sentenza n. 19209 del 30/09/2005; Sez. 1, Sentenza n. 5141 del 11/04/2002).

1.4. Quanto al rilievo di carenza di legittimazione riguardo a due polizze stipulate in qualità di legale rappresentante della capogruppo di due A.T.I., si rammenta che l’associazione temporanea di due o più imprese (A.T.I.) nell’aggiudicazione ed esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche (L. n. 584 del 1977) è fondata su di un rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito da una o più imprese, collettivamente, ad altra impresa “capogruppo” legittimata a compiere, nei rapporti con l’amministrazione, ogni attività giuridica connessa o dipendente dall’appalto e produttiva di effetti giuridici direttamente nei confronti delle imprese mandanti sino all’estinzione del rapporto, salva restando l’autonomia negoziale delle imprese riunite per quanto concerne la gestione dei lavori a ciascuna di esse affidati ed i rapporti con i terzi (v., con riferimento agli adempimenti fiscali ed agli oneri sociali, Cass., 11/5/1998, n. 4728. Cfr. altresì Cass., 15/6/2000, n. 8165; Cass., 17/9/2005, n. 18441). La figura dell’A.T.I. risulta pertanto disciplinata da norme dettate in tema di appalto pubblico e di mandato, invero incidenti sia sul rapporto interno tra le singole imprese che su quello esterno relativo alle imprese partecipanti all’A.T.I. e il committente (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3635 del 2013).

1.5. Con riguardo a tale questione, tuttavia, per renderla scrutinabile in tale sede processuale, la parte eccipiente avrebbe dovuto indicare ove risulta che il ricorrente sia stato chiamato a rispondere in proprio e non anche, con riferimento a tali due polizze, quale legale rappresentate della mandataria delle ATI, come invece risulta a p. 5 del ricorso.

2. Con il secondo e terzo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione delle norme allora vigenti in tema di svincoli delle polizze fideiussorie collegate a contratti di appalto, ed ex art. 360 c.p.c., n. 5, la violazione e falsa applicazione del capitolato generale di appalto e delle condizioni di polizza, nonchè violazione ax art. 111 Cost., comma 6, dell’art. 132c.p.c., comma 2, 4 e art. 118 att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

2.1. La censura è astratta e, inoltre, propone una rilettura dei documenti prodotti del tutto scollegata alle richieste o eccezioni opposte, rimaste oscure, come tale inammissibile.

2.2. In particolare, con riguardo al censurato mancato “storno automatico delle polizze” in base ai SAL via via approvati, la Corte d’appello ha accertato che i ratei rimasti insoluti erano maturati prima dello svincolo delle polizze determinato dai certificati di ultimazione dei lavori inviati dall’appaltatore, e dunque la censura è inammissibile in quanto tende a rimettere in questione un accertamento in fatto non correlato ai SAL approvati, bensì ai certificati di ultimazione delle opere. In tal caso il ricorso manca di autosufficienza in quanto non indica in quale parte delle difese è stato enunciato tale diritto collegato all’approvazione dei SAL, per ogni polizza stipulata, volendo quindi indurre il Giudice di legittimità a riscrutinare i documenti prodotti per ciascun appalto, per poi mettere a confronto il suo accertamento di merito con quanto accertato in fatto dal giudice a quo e riportato in motivazione.

2.3. Anche la censura in ordine alla mancata considerazione dei contratti di appalto e delle condizioni generali ivi apposte non è correlata alla ratio decidendi, quando in realtà nella motivazione si coglie che il Giudice a quo ha tenuto conto del tenore degli appalti e delle norme che regolano il settore dei pubblici appalti.

3. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia l’errata applicazione del termine di prescrizione, ex art. 2952 c.c.. La censura è inammissibile perchè la ratio principale della motivazione impugnata è nel senso che non è stata oggetto di gravame la motivazione in ordine al tardivo rilievo di tale eccezione, non rilevabile d’ufficio. Pertanto ogni considerazione in merito al regime di prescrizione applicabile alla fattispecie de qua rimane assorbita dal rilievo di inammissibilità dell’impugnazione.

4. Conclusivamente il ricorso è inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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