Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17425 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 17/06/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 17/06/2021), n.17425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17917/2018 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE

BARONIO 54/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO BARBERIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato EVERARDO ZILIO;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 99/2018 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZIONE

DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 17/04/2018 R.G.N. 542/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con ricorso al Tribunale di Taranto P.E., assunta con contratto a tempo determinato dalla società Poste Italiane s.p.a. dal 27 ottobre al 30 novembre 1999 stipulato ai sensi dell’art. 8 ccnl di settore del 1994 per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, rilevava la illegittimità dell’apposizione del termine al contratto in questione di talchè, essendo stata l’assunzione illegittima, il contratto si era convertito in contratto a tempo indeterminato. Chiedeva pertanto che, previa dichiarazione di illegittimità del termine apposto al predetto rapporto di lavoro, fosse dichiarata l’avvenuta trasformazione dello stesso in contratto a tempo indeterminato, con condanna della società al risarcimento del danno. Costituitasi, la società Poste Italiane resisteva al ricorso chiedendone la reiezione.

Il giudice adito accoglieva la domanda, dichiarava la natura a tempo indeterminato del rapporto in questione e condannava la società convenuta al ripristino del rapporto oltre al pagamento dell’indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32.

Detta pronuncia veniva integralmente riformata dalla Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto con reiezione del ricorso introduttivo del giudizio.

La Corte perveniva a tale convincimento, in estrema sintesi, sul rilievo che gli accordi attuativi ed integrativi successivi al ccnl 1994 avevano valore meramente ricognitivo e non potevano prevalere sulla norma pattizia cui si riferivano (art. 8 ccnl 1994), escludendo l’applicabilità del limite temporale del 30/4/1998 affermata dal giudice di prima istanza, anche alla luce delle ulteriori disposizioni pattizie intervenute fra la società e le parti sociali (segnatamente, il ccnl 2001 Poste sottoscritto in data 18/1/2001 con il quale le parti avevano dato atto della legittimità dei contratti di lavoro a termine stipulati sino ad allora).

Avverso tale decisione P.E. interpone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Resiste con controcorso la società intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo si dentincia violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, L. n. 56 del 1987, art. 23, art. 8 ccnl 1994, degli accordi collettivi del 25/9/1997 e del 16/1/1998, nonchè dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Ci si duole che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto che la data del 30/4/1998 prevista dall’accordo collettivo del 16/1/1998 non costituisse il termine ultimo di validità ed efficacia dell’art. 8 ccnl 1994, come integrato dall’accordo del 25/9/1997. Si richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale che ha rimarcato come l’attribuzione alla contrattazione collettiva ex lege n. 56 del 1987, di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia dei loro diritti, configurando una vera e propria delega in bianco in favore dei sindacati. Ed in forza di tali accordi (del 25/9/1997 e del 16/1/1998), gli stessi sindacati hanno inteso limitare nel tempo, fino al 31/1/1998 e successivamente, sino al 30/4/1998, la possibilità per Poste Italiane di ricorrere alla assunzione di personale straordinario per la medesima causale. La diversa interpretazione adottata dal giudice del gravame, viola i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg., atteso l’evidente significato delle espressioni usate che non necessitano di ulteriori argomenti al fine di ricostruire la comune volontà delle parti private.

2. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione dell’accordo collettivo del 18/1/2001, dell’art. 25 ccnl 11/1/2001 nonchè dell’art. 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si richiamano al riguardo gli approdi ai quali è pervenuta la Corte di legittimità che, diversamente da quanto argomentato da parte del giudice del gravame, escludono che l’accordo del 18/1/2001 possa mai colmare il vuoto normativo creatosi nel periodo precedente rendendo legittimi i comportamenti posti in essere in contrasto con le norme imperative di legge nè travolgere diritti già acquisiti dai lavoratori.

3. Il terzo motivo concerne violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, L. n. 56 del 1987, art. 23, art. 8 ccnl 1994, degli accordi collettivi del 25/9/1997 e del 16/1/1998, dell’accordo collettivo del 18/1/2001 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si lamenta che la Corte distrettuale abbia ritenuto valida l’apposizione del termine al contratto di lavoro a tempo determinato sul presupposto che la causale giustificativa del termine fosse stata riconosciuta dalle parti contrattuali e sociali.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 8 ccnl 26/11/1994 per avere il giudice del gravame applicato principi di diritto eccentrici rispetto alla fattispecie, laddove aveva richiamato giurisprudenza di legittimità attinente alla diversa ipotesi di contratto a termine stipulato per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie.

5. I motivi, che possono congiuntamente trattarsi per connessione, sono fondati.

Invero, secondo il costante insegnamento di questa Corte di Cassazione (Cass. 29.7.2009 n. 17651; Cass. 23.6.2009 n. 14657; Cass. 27.2.2009 n. 4840; Cass. 7.3.2005 n. 4862; Cass. 26.7.2004 n. 14011), specificamente riferito ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato.

“Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato” (v., fra le altre, Cass. 4.8.2008 n. 21062; Cass. 23.8.2006 n. 18378). Ove peraltro, nel quadro sopra delineato, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (e la Corte territoriale ha rilevato che, comunque, le parti sociali avevano convenuto di ritenere il perdurare delle condizioni sottese alla apposizione del termine “fino” al 30.4.1998), la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre, Cass. 23.8.2006 n. 18383; Cass. 14.4.2005 n. 7745; Cass. 14.2.2004 n. 2866). In particolare, quindi, come questa Corte ha più volte affermato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. sez. 1.10.2007 n. 20608; Cass. 27.3.2008 n. 7979; Cass. 23.8.2006 n. 18378).

Muovendo da detti principi questa Corte, dopo aver ribadito la legittimità della formula adottata nell’accordo integrativo, caratterizzata, in particolare, dalla mancata previsione di un termine finale, ha ritenuto viziate quelle decisioni dei giudici di merito nella parte in cui hanno affermato la natura meramente ricognitiva dei cd. accordi attuativi e conseguentemente il carattere non vincolante degli stessi quanto alla determinazione della data entro la quale era legittimo ricorrere a contratti a termine, atteso che con tale interpretazione dei suddetti accordi si sono discostate dal chiaro significato letterale delle espressioni usate, ed in particolare di quella secondo cui per far fronte alle predette esigenze si potrà procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30/4/98 (cfr. accordo del 16 gennaio 1998); ciò, fra l’altro, in violazione del principio secondo cui nell’interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di diritto comune, nel cui ambito rientrano sicuramente gli accordi sindacali sopra riferiti, si deve fare innanzitutto riferimento al significato letterale delle espressioni usate e, quando esso risulti univoco, è precluso il ricorso a ulteriori criteri interpretativi, i quali esplicano solo una funzione sussidiaria e complementare nel caso in cui il contenuto del contratto si presti a interpretazioni contrastanti (cfr., ex plurimis, Cass. sez. lav., 28.8.2003 n. 12245; Cass. sez. lav., 25.8.2003 n. 12453).

La stessa giurisprudenza ha ritenuto inoltre la sussistenza, nelle suddette sentenze, di una violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c., a norma del quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere qualche effetto, anzichè in quello per cui non ne avrebbero alcuno; ed infatti la statuizione secondo cui le parti non avevano inteso introdurre limiti temporali alla previsione di cui all’accordo del 25 settembre 1997 implica la conseguenza che gli accordi attuativi, così definiti dalle parti sindacali, erano “senza senso” (così testualmente Cass. 14.2.2004 n. 2866).

La giurisprudenza di questa Corte ha, infine, ritenuto corretta l’irrilevanza attribuita all’accordo del 18.1.2001 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto del soggetto si era già perfezionato; ed infatti, ammesso che le parti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione è comunque conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (in tal senso, Cass. 27.3.2008 n. 7979; Cass. 12.3.2004 n. 5141).

La Corte di merito non si è attenuta agli enunciati principi, onde il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio per nuovo esame ad altro giudice di appello, designato come in dispositivo, al quale si demanda di scrutinare la vicenda sottoposta al suo vaglio alla luce della normativa sopra richiamata secondo i principi enunciati, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Lecce – sez. distaccata di Taranto – in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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