Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17424 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. II, 23/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – rel. Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto il 7 aprile 2005 da:

Akzo Nobel Coatings S.p.A. – in persona del legale rappresentante dr.

P.M. – rappresentato e difeso in virtù di procura

generale alle liti per notaio Matoni di Arona del 29 luglio 2004,

rep. n. 3005, racc. n. 1920, dall’avv. Montaldo Paolo del foro di

Torino e per procura a margine del ricorso dall’avv. Roberto Faccini,

presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via

Orazio, n. 3;

– ricorrente –

contro

Impresa Grazioli Egilberto e figli S.r.l. – elettivamente domiciliata

in Roma, alla via Giulia, n. 16, presso gli avv.ti Sabrina Verdat e

Simona Verdat;

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 6930 del 2 marzo 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

giugno 2010 dal Presidente dott. Massimo Oddo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo

di ricorso con assorbimento del primo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 12 dicembre 2000, l’impresa Grazioli Egilberto e figli S.r.l. propose opposizione davanti al Giudice di pace di Roma avverso il decreto, con il quale le era stato ingiunto il pagamento di L. 3.477.720 in favore della Akzo Nobel Coatings S.p.A., quale corrispettivo della fornitura di vernici per l’edilizia, e chiese la revoca del decreto e, in via riconvenzionale, la condanna dell’opposta al risarcimento del danno per la consegna di vernici affette da vizi. Si costituì la società Akzo, resistendo all’opposizione, ed il Giudice di pace con sentenza del 9 gennaio 2002 revocò il decreto ingiuntivo e dichiarò la propria incompetenza per valore in ordine alla domanda riconvenzionale.

La decisione, gravata dalla società Akzo, venne confermata il 2 marzo 2004 dal Tribunale di Roma, che rigettò l’appello, osservando che tra le parti era in corso di esecuzione un unico contratto “verosimilmente inquadrabile nella somministrazione di materiale per pittura, anche se destinato in cantieri diversi” e che era fondata l’eccezione d’inadempimento della fornitrice sollevata dall’opponente.

La società Akzo è ricorsa con due motivi per la cassazione della sentenza e l’intimata impresa Grazioli non ha svolto attività processuale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione degli artt. 1460 e 1559 c.c., avendo erroneamente unificato i distinti ed autonomi contratti di vendita intercorsi tra le parti in un unico contratto di somministrazione, smentito dai documenti prodotti e che neppure l’opponente aveva prospettato, ed avendo in base a tale erronea qualifica ritenuto fondata un’eccezione di inadempimento che nel giudizio non era stata formulata, avendo l’impresa domandato il risarcimento dei danni e eccepito soltanto, con riferimento ad essa, la compensazione dei crediti.

Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa motivazione sull’eccezione formulata con l’appello di violazione degli artt. 35 e 36 c.p.c., perchè il giudice di primo grado, pur avendo declinato la propria competenza in ordine alla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno per inadempimento ed alla connessa eccezione di compensazione, si era pronunciato sull’inadempimento ed aveva posto lo stesso a fondamento della revoca del decreto ingiuntivo.

Precede nell’ordine logico l’esame del secondo motivo e la declaratoria della sua infondatezza.

Il Tribunale, premesso che il giudice di primo grado aveva revocato il decreto ingiuntivo, valutando che, pur in presenza di reciproci inadempimenti delle parti (mancato pagamento delle fatture ed omessa fornitura dell’ultima residua latta di pittura), il secondo fosse di maggior rilievo, ha ritenuto che l’opponente avesse proposto in relazione alle forniture non pagate l’eccezione di cui all’art. 1460, c.c. “per cui, nei contratti a prestazioni corrispettive, inadimplenti non est adimplendum”.

Non si è sottratto, dunque, all’esame dell’eccezione sollevata dall’appellante di violazione degli artt. 35 e 36 c.p.c, per avere la sentenza di primo grado pronunciato sul merito di una domanda o di una eccezione in ordine alle quali aveva contestualmente declinato la propria competenza, ma ha riconosciuto la formulazione a fondamento dell’opposizione anche di un’eccezione di inadempimento che, essendo diretta unicamente a paralizzare la pretesa dell’opposta, non era stata oggetto di devoluzione al giudice competente per valore sulla domanda riconvenzionale e sulla connessa eccezione di compensazione.

Infondato è, altresì, il primo motivo sotto entrambi i profili prospettati.

Quanto al primo, perchè l’exceptio inadimpleti contractus, di cui all’art. 1460 c.c., al pari di ogni altra eccezione, non richiede per la sua formulazione l’adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco, dall’insieme delle sue difese, e l’interpretazione di esse da parte del giudice di merito non è censurabile in sede di legittimità, salvo che venga dedotta, come nella specie non è avvenuto, la violazione dei correnti canoni di ermeneutica processuale (cfr.: cass. civ., sez. 2, sent. 29 settembre 2009, n. 20870).

Quanto al secondo, giacchè l’apprezzamento della ravvisabilità nella fattispecie di un unico contratto, anche se le vernici erano destinate ad essere consegnate ed utilizzate in cantieri diversi, attiene ad una non sindacabile valutazione di fatto, della quale la sentenza ha fornito una sufficiente e logica motivazione – non scalfita dal richiamo ai documenti di trasporto ed alla parzialità delle contestazioni rilevando, non solo, che entrambe le consegne avevano avuto ad oggetto il medesimo prodotto, ma anche che le stesse parti avevano ritenuto unica la fonte delle loro obbligazioni, essendosi richiamate ai reciproci obblighi ed inadempimenti senza alcuna distinzione quanto al cantiere al quale la pittura era destinata.

L’eventuale erroneità della qualificazione dell’unico contratto come somministrazione, non assume, quindi, il rilievo preteso dalla ricorrente, ed i limiti del devolutum escludono l’esame della diversa questione attinente la natura della somministrazione di contratto di durata ed il rilievo che, a differenza dalla vendita a consegne ripartite, nella quale la ripartizione delle consegne attiene alle modalità di esecuzione, in tale contratto ogni singola prestazione è distinta ed autonoma rispetto alle altre e l’eccezione di inadempimento è conseguentemente proponibile solo in relazione quelle obbligazioni scadute legate da vincolo sinallagmatico.

All’infondatezza dei motivi segue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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