Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17422 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 20/08/2020), n.17422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30376-2018 proposto da:

N.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLO’

TARTAGLIA 21, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI PAOLINI,

rappresentato e difeso dagli avvocati FILIPPO MASOTTA, PASQUALE

NAPOLITANO;

– ricorrente –

contro

COMUNITA’ MONTANA DEL PARTENIO, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati

DOMENICO VITALE, CARMINE CORRADO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1503/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott.

CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.La Corte di Appello di Napoli, con sentenza depositata il 293-2018, pronunciando quale giudice del rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 15492/2013, ha accolto parzialmente l’appello proposto da N.L., succeduto, in quanto erede legittimo, all’originario appellante N.R., e, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato la Comunità Montana del Partenio al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, in favore di N.L. della somma di Euro 1.024,34, oltre accessori di legge come precisato nella motivazione della stessa sentenza, compensando per metà le spese di lite di tutti i giudizi e condannando alla rifusione della residua metà la Comunità Montana del Partenio, a carico della quale ha posto per l’intero le spese della C.T.U..

Avverso la succitata sentenza, N.L. propone ricorso, affidato a due motivi, al quale la Comunità Montana del Partenio resiste con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

2. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e mancata applicazione dell’artt. 196 c.p.c., per avere la Corte territoriale disatteso le conclusioni, in ordine al quantum, del C.T.U. e ritenuto condivisibili quelle del C.T.P. della Comunità Montana, senza disporre la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio.

2.1.Con il secondo motive il ricorrente, lamentando omessa ed insufficiente motivazione sui fatti decisivi della controversia, deduce che la Corte d’appello non aveva indicato gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici in base ai quali era pervenuta a conclusioni contrastanti con quelle espresse dal C.T.U..

3. I motivi, che vanno congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono infondati.

3.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il principio judex peritus peritorum comporta non solo che il giudice di merito, per la soluzione di questioni di natura tecnica o scientifica, non abbia alcun obbligo di nominare un consulente d’ufficio, potendo ricorrere alle conoscenze specialistiche che acquisite direttamente attraverso studi o ricerche personali, ma anche che egli, esaminando direttamente la documentazione su cui si basa la relazione del consulente tecnico, può disattenderne le argomentazioni, in quanto sorrette da motivazioni contraddittorie, o sostituirle con proprie diverse, finanche tratte da personali cognizioni tecniche (Cass. n. 30733/2017). Pertanto il Giudice di merito può legittimamente disattendere le conclusioni espresse dal consulente tecnico nominato circa il valore del bene, purchè svolga nella motivazione una valutazione critica delle risultanze processuali, indicando, in particolare, gli argomenti su cui fonda il proprio dissenso nonchè gli elementi ed i criteri cui ha fatto ricorso per pervenire ad una valutazione contrastante al fine di non vulnerare il principio del contraddittorio (da ultimo Cass. n. 19468/2019 in tema di determinazione del valore del bene espropriato).

3.3. Nel caso di specie, in disparte l’inammissibilità della censura sul vizio motivazionale, con cui si denuncia, secondo il paradigma previgente dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, l’omessa e insufficiente motivazione (Cass. n. 26654/2014 in tema di giudizio di rinvio), la Corte d’appello, con motivazione idonea (Cass. S.U. n. 8053/2014), ha dato conto delle ragioni di fatto in base alle quali ha fondato il proprio convincimento in dissenso dalle conclusioni del C.T.U. (pag.n. 5 della sentenza impugnata, in cui si richiamano anche le risultanze testimoniali, oltre che l’assenza di allegazione da parte dell’attore della preesistenza sul terreno di coltura specialistica intensiva). La Corte d’appello, dopo aver disposto supplemento peritale a chiarimenti sulle osservazioni critiche formulate dal C.T.P. della Comunità Montana, senza che si sia, quindi, verificata alcuna violazione del contraddittorio, nel ritenere non dimostrato lo stato di fatto posto a fondamento della valutazione del C.T.U. (coltivazione del terreno a castagneto da frutto nel marzo 1988), ha valutato le risultanze probatorie secondo prudente accertamento ai sensi dell’art. 116 c.p.c..

3.4. La censura riferita alla violazione dell’art. 196 c.p.c., dolendosi il ricorrente della mancata rinnovazione della C.T.U., necessaria, secondo la prospettazione del N., in caso di dissenso del Giudicante rispetto alle conclusioni del consulente d’ufficio, è all’evidenza infondata, atteso che in tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice. L’esercizio di tale potere non è sindacabile in sede di legittimità, ove, come nella specie, ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Cass.n. 2103/2019).

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro3.100, di cui Euro100 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

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