Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17420 del 30/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 30/08/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 30/08/2016), n.17420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14049/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. SIACCI 4,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO, rappresentato e

difeso dall’avvocato FABIO BENINCASA giusta procura, a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10357/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 01/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L’Agenzia delle Entrate ricorre, con unico motivo, nei confronti del contribuente F.G. per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 10357/48/14, depositata l’1 dicembre 2014, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, ha annullato l’atto impositivo impugnato.

La CTR, in particolare, ha affermato che il rinvenimento di meri files informatici, contenuti su supporto magnetico, presso un soggetto diverso dal contribuente, in assenza di riscontri oggettivi esterni, aventi carattere di precisione, gravità e concordanza, non potesse valere di per sè a comprovare l’esistenza di contabilità occulta e differente da quella formale, non risultando all’uopo sufficiente il mero riferimento al carattere risalente dei rapporti commerciali tra le ditte coinvolte. Aggiungeva che nel caso di specie si trattava di documentazione informatica rinvenuta presso il fornitore, e quindi di un soggetto terzo rispetto al contribuente, e sprovvista di elementi che ne consentissero la riconducibilità al contribuente medesimo, considerato che le generalità di quest’ultimo erano molto diffuse nell’area campana.

Il contribuente resiste con controricorso e l’Agenzia ha altresì depositato memorie illustrative.

Devono preliminarmente disattendersi le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dal contribuente.

Avuto riguardo alla dedotta carenza di autosufficienza del ricorso e di violazione dell’artt. 366 c.p.c., n. 6), si osserva che l’Agenzia risulta aver assolto all’onere di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione, dovendo altresì rilevarsi che dal contenuto del ricorso stesso emergono tutti gli elementi necessari per valutare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni (Cass. 23575/2015).

Va del pari disattesa la dedotta eccezione di inammissibilità del ricorso per intervenuta formazione del “giudicato interno” sul capo della sentenza di primo grado cha aveva ridotto la percentuale di ricarico accertata a carico del contribuente dal 40% al 15%.

Ed invero, la materia del presente giudizio concerne la radicale illegittimità dell’accertamento, affermata dalla CTR in accoglimento dell’appello del contribuente, per carenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39.

Tale statuizione è stata censurata dall’Agenzia con il presente ricorso, senza che possa ravvisarsi alcuna efficacia preclusiva nella minore percentuale di ricarico accertata dal giudice di primo grado, che aveva peraltro confermato la legittimità dell’accertamento induttivo, in radice negata dalla CTR, con statuizione impugnata dall’Agenzia con il ricorso in esame.

Con il primo, complesso, motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnata per aver erroneamente affermato la carenza dei presupposti per procedere ad accertamento analitico-induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), ed aver ritenuto inidonea la documentazione extracontabile posta a fondamento dell’accertamento, in quanto costituita da documenti informatici rinvenuti presso terzi e conseguente impossibilità di ricondurre con certezza i relativi dati al contribuente.

Il motivo appare fondato.

Ed invero, come questa Corte ha già affermato, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza ai fini della formazione del proprio convincimento e la “contabilità in nero”, costituita da documenti informatici (files), costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, legittimamente valutabile in relazione all’esistenza delle operazioni non contabilizzate (Cass. 20902/2014).

E’ pure pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l’inattendibilità della contabilità aziendale e quindi l’accertamento induttivo possono essere fondati su documentazione reperita presso terzi e su annotazioni elaborate da terzi.

L’Amministrazione può inoltre fornire elementi anche indiziari da cui sia possibile dedurre con ragionevole consequenzialità che i documenti elaborati dal contribuente non siano veritieri, quali, nel caso di specie, l’esistenza di diverse operazioni regolarmente annotate tra il terzo ed il contribuente, rilevate sulla base dell’analitico raffronto tra le relative scritture contabili, ed il fatto che la documentazione extracontabile riportasse il nominativo, la data di consegna, la quantità e la descrizione dei prodotti oltre agli importi relativi alle diverse operazioni (Cass. 17133/2007; 6411/2008).

Ne deriva che tali documenti informatici, rinvenuti presso un terzo, non possono essere ritenuti dal giudice, in sè, probatoriamente irrilevanti, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni che da essi discendono e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità del contribuente.

A tali principi non si è uniformata la CTR, addossando sull’Ufficio un onere di dimostrazione ulteriore, disconoscendo il valore della riscontrata contabilità in nero ed omettendo una complessiva valutazione di tutti gli elementi posti a fondamento dell’accertamento e, segnatamente, del raffronto tra contabilità in nero e scritture contabili del contribuente.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame innanzi ad altra sezione della CTR della Campania, che provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2016

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