Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1742 del 23/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.23/01/2017),  n. 1742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMANDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1978/2016 proposto da:

G.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI, 2,

presso lo studio dell’avvocato LUCA SPALTRO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MASSIMO MANCA, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

SARA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del suo legale rappresentante

procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 28, presso lo studio degli avvocati GAETANO ALESSI e ROSARIO

LIVIO ALESSI, che la rappresentano e difendono giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

H.C.O., P.H.S., J.E.H., P.E.,

C.A., PA.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2013/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso affidato a tre motivi, G.E. (per quanto rileva in questa sede) ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Firenze, in data 10 dicembre 2014, che, in parziale riforma della gravata decisione del Tribunale della medesima Città, rigettava la sua domanda di manleva nei confronti della Sara Assicurazioni S.p.A. e riduceva la condanna della medesima G. (ritenuta responsabile dei danni patiti da H.C.O., P.H.S. e J.E.H., quali congiunti di H.J.H., deceduto per le esalazioni di una caldaia presente nell’immobile di sua proprietà) in favore di J.E.H. all’importo di Euro 61.800,00, oltre accessori;

che resiste con controricorso la Sara Assicurazioni S.p.A., mentre non hanno svolto attività difensiva in questa sede H.C.O., P.H.S., J.E.H., P.E., C.A. e Pa.Gi..

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale ha depositato memoria la società ricorrente;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide, per le ragioni di seguito esposte, la proposta del relatore, rilevando sin d’ora che la memoria depositata dalla MASI s.a.r.l. (con funzione soltanto illustrativa delle censure già veicolate in ricorso) non muta la prospettiva ed il tenore delle critiche inizialmente esposte e non è tale da indurre ad un diverso avviso;

che con il primo motivo è denunciata, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1369, 1370, 1371, 1882 e 1932 c.c., con riferimento all’interpretazione delle clausole 6.1. e 6.3 delle condizioni generali di polizza;

che il motivo è inammissibile, giacchè non viene evidenziata alcuna effettiva violazione delle regole di ermeneutica contrattuale da parte della Corte di appello, ma si propone una diversa lettura delle clausole assicurative, in linea con quella assunta dal Tribunale e superata dal giudice di appello con motivazione plausibile;

che con il secondo motivo è dedotta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 244, 345, 116 c.p.c. e artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione alla “formazione non corretta della prova in ordine alle vicende contestate”;

che il motivo è inammissibile, giacchè non sussiste violazione alcuna delle norme processuali indicate, nè delle regole in materia di prova presuntiva, nè di valorizzazione di prova atipica (desunta da procedimento penale), ma le censure si risolvono in una critica della valutazione delle prove da parte del giudice del merito, ciò che è inammissibile in particolar modo ai sensi del vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo la parte evidenziato alcun omesso esame di fatto storico decisivo e oggetto di discussione tra le parti;

che con il terzo motivo è prospettata, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2056, 2059 e 1226 c.c., “nonchè vizio di motivazione sulla risarcibilità del danno non patrimoniale, per avere la Corte di appello liquidato il danno non patrimoniale in maniera eccessiva, con violazione delle norme di riferimento e con inadeguato esercizio del potere equitativo”: segnatamente si sostiene che il giudice di appello avrebbe dovuto tenere conto “della realtà socio-economica” in cui la vittima si trova a vivere;

che il motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte di appello utilizzato per la operata liquidazione equitativa le tabelle di Milano in conformità al principio enunciato (tra le altre) da Cass. n. 12408 del 2011 e non avendo tenuto conto ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale delle condizioni socio-economiche della realtà dei danneggiati in conformità principio enunciato (tra le altre) da Cass. n. 12146/2016;

che, pertanto, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014;

che nulla è da disporsi in ordine alla regolamentazione di dette spese nei confronti delle parti intimate che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2017

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