Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17417 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. II, 23/07/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 23/07/2010), n.17417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7128-2005 proposto da:

S.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MARCONI 29, presso lo studio dell’avvocato CAMARDA MARCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SCHIONA ADRIANO;

– ricorrente –

contro

P.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA APRICALE 31, presso lo studio dell’avvocato VITOLO MASSIMO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DURANTE EBERTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 27/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 04/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato CAMARDA Marco, con delega depositata m udienza

dell’Avvocato SCHIONA Adriano difensore del ricorrente che ha chiesto

di riportarsi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 28.02.93 P.C. conveniva in giudizio S.D. e premesso che quest’ultimo, con preliminare in data (OMISSIS) aveva promesso di venderle l’appartamento sito in (OMISSIS), facente parte del fabbricato denominato (OMISSIS), per l’importo di L. 116.450.000, regolato come segue: L. 60.000.000 con accollo di mutuo, L. 30.0000.000 in contanti alla firma e L. 26.450.000 da versarsi in contanti entro il (OMISSIS);

assumeva che il convenuto si era reso inadempiente non ultimando in tempo i lavori e rifiutando la stipula dell’atto pubblico, per cui ne chiedeva al risarcimento dei danni con sentenza traslativa della proprietà ex art. 2932 c.c.. Si costituiva lo S., contestando la domanda attorea, e spiegando domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto in quanto l’attrice non aveva provveduto al pagamento di tutte le somme come previsto nel preliminare e relativo allegato A, per lavori extracontrattuali eseguiti, per mancato accollo del mutuo, per rifiuto di produrre la documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti dalla L. n. 457 del 1978; per rifiuto di stipula dell’atto di trasferimento.

Previo espletamento di CTU, l’adito tribunale di Pescara, con sentenza n. 179/2000, in accoglimento della domanda attrice, dichiarava ad essa trasferita la proprietà dell’immobile di cui al preliminare di vendita in parola, che condizionava al versamento del residuo prezzo, stabilito, come da CTU in L. 14.979.390 e all’accollo del mutuo di L. 60.000.000. Il tribunale rigettava inoltre le domande riconvenzionali del convenuto che condannava ala pagamento delle spese di giudizio. Avverso l’indicata decisione poneva appello lo S. ed in via incidentale l’appellata per quanto riguardava il calcolo del residuo prezzo dovuto che riteneva errato e per la corretta quantificazione delle spese processuali liquidate. L’adita Corte d’Appello dell’Aquila con la sentenza n. 27/04 depositata in data 4.2.2004, rigettava l’appello principale ed in accoglimento di quella incidentale riduceva la somma dovuta a titolo di residuo prezzo, e provvedeva a liquidare le spese processuali del primo giudizio in esse ricomprendendo le spese di CTU disposta dal tribunale, che poneva – come le spese del grado – a carico dello S..

Avverso la suddetta decisione quest’ultimo propone ricorso per cassazione articolato sulla base di 8 mezzi; resiste con controricorso, la P. che chiede il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo l’esponente eccepisce la violazione ed errata applicazione della L. n. 457 del 1978, nonchè l’omessa ed errata valutazione delle prove ed il difetto di motivazione. Assume che l’acquirente non possedeva i requisiti (nè comunque aveva provato di averli) per potere usufruire dell’edilizia agevolata-convenzionata di cui alla menzionata L. n. 457 del 1978, nè dunque poteva godere delle previste agevolazioni fiscali e finanziarie; per cui il contratto stipulato era nullo, nè la sentenza di trasferimento poteva essere emessa.

La doglianza è infondata. Va sottolineato come il ricorrente non ha precisato quali norme della predetta L. n. 457 del 1978 sarebbero state violate o applicate in modo errato. Al riguardo la Corte territoriale ha invero ritenuto “irrilevante” il riferimento alla L. n. 457 del 1978, sulla disciplina agevolata della convenzione, puntualmente sottolineando che …” se violazione vi è stata , sicuramente è stata da parte del venditore che avrebbe dovuto attenersi, nella stipula del preliminare, alle regole di cui alla citata legge, acquisendo dall’acquirente la dichiarazione di sussistenza dei requisiti per accedere ai benefici di legge”. “Nella specie comunque, si è in presenza – prosegue la corte – di un regolare preliminare la cui validità non può essere messa in dubbio, avendo dovuto il venditore preoccuparsi delle conseguenze del mancato rispetto della legge”.

Passando all’esame del 2^ motivo con esso il ricorrente denunzia la violazione ” del principio di cui all’art. 1453 c.c. inadimplenti non est adimplendum; l’omessa ed errata valutazione delle prove ed il difetto di motivazione. Assume che la P. era rimasta a sua volta inadempiente nei suoi obblighi derivanti dalla stipulazione del preliminare, per cui egli legittimamente si era rifiutato di stipulare il contratto definitivo. La P. in modo particolare non avrebbe infatti proceduto alla produzione delle documentazione necessaria; non avrebbe corrisposto il prezzo pattuito per la compravendita; non avrebbe prodotto la prevista dichiarazione sostitutiva di atto notorio per potere godere dei benefici previsti, non aveva provveduto all’accollo del mutuo.

La censura è priva di fondamento, risolvendosi in questioni di merito non censurabili in questa sede. Invero giudice d’appello ha preso in esame le asserite inadempienze della promittente- acquirente per escluderle o ritenerle irrilevanti , con motivazione congrua ed immune da vizi logici (sentenza pagg. 4-5).

Con il terzo motivo si denunzia “la violazione delle statuizioni della sentenza di primo grado ed il difetto di motivazione.

Si assume che non erano verificate la condizioni previste nella sentenza del tribunale, quali il pagamento del prezzo residuo e l’accollo del muto.

La doglianza oltre che nuova è infondata poichè le statuizioni previste nella sentenza di primo grado non erano divenute definitive, in quanto la sentenza stessa era ancora sub iudice stante l’avvenuta impugnazione della stessa da parte dello S..

Passando all’esame del 4^ motivo, con esso si deduce l’errata valutazione delle prove il difetto e l’illogicità della motivazione.

L’esponente sostiene che era corretta la somma da corrispondere a titolo di residuo prezzo di acquisto, come stabilita dal CTU e per cui ha errato la corte d’appello per averla disattesa.

La doglianza è priva di fondamento. La Corte territoriale ha infatti rilevato l’errore di calcolo in cui era caduto il CTU, il quale non aveva tenuto conto dell’ulteriore somma di L. 20.000.000 versata dalla P. in data (OMISSIS) “come da scrittura stesa e scritta in calce al preliminare”.

Con il 5^ motivo, l’esponente deduce l’errata valutazione delle prove il difetto e l’illogicità della motivazione, riguardante la determinazione dei danni da riconoscersi al costruttore. Il giudice a questo riguardo non aveva preso in esame le osservazioni del CT di parte sulla perizia svolta dal C.T.U., disattendendo in specie le richieste di rinnovazione della stessa c.t.u..

La doglianza non ha pregio. Intanto la censura difetta sotto il profilo dell’autosufficienza, perchè il ricorrente avrebbe dovuto indicare in modo esplicito e dettagliato quali erano i rilevi critici in questione. Peraltro, come ha correttamente evidenziato il giudice di merito, questi non è tenuto a confutare dettagliatamente le osservazioni mosse dal CT di parte al CTU. Questa S.C. ha invero sempre ribadito che “il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le conclusioni tratte. In tal caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5” (Cass. n. 282 del 09/01/2009).

Con il 6^ motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. il difetto della motivazione di motivazione; si duole che i giudici di merito non abbiano proceduto alla compensazione delle spese processuali, in considerazione dell’accoglimento parziale delle domande avanzate dalle parti.

La doglianza è infondata in quanto (considerato, tra l’altro, la discrezionalità del giudice in tema di compensazione delle spese:

Cass. n. 2397 del 31.1.08) nella fattispecie non è ravvisabile alcuna “soccombenza reciproca” essendo lo S. rimasto sempre totalmente soccombente in entrambi i giudizi.

Con il 7^ motivo, l’esponete denunzia la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 40 e il difetto di motivazione. Sostiene che la sentenza è nulla per mancata dichiarazione ex art. 40 Legge citata;

sottolinea come “… la dichiarazione che sarebbe contenuta in altro atto non può valere in questa sede, riguarda altri soggetti estranei al contratto di cui sopra”;

infatti il costruttore nulla avrebbe dichiarato in riferimento al preliminare di compravendita di cui trattasi.

Anche tale doglianza è priva di fondamento. Tale dichiarazione in realtà era stata effettuata come accertato dal Tribunale che l’ha integralmente trascritta nella sua sentenza (pag. 7), il cui capo peraltro non è stato oggetto d’impugnazione.

Infine, passando all’8^ motivo del ricorso, con esso l’esponente, denunzia la violazione dell’art. 1222 c.c. “per omessa condanna al pagamento d’interessi”, nonchè il difetto di motivazione.

Deduce che sulle somma residue da pagare andavano calcolati gli interessi legali, dalla data in cui la P. si era immessa nel possesso dell’immobile ((OMISSIS)) sino all’effettivo pagamento.

La doglianza è inammissibile in quanto nuova, non risultando proposta nei precedenti gradi del giudizio.

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato. Le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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