Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17414 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 28/06/2019), n.17414

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18605-2017 proposto da:

F.T.A., anche nella qualità di erede del coniuge

siq. P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LORENZO IL MAGNIFICO, 110, presso lo studio dell’avvocato MARCO

LIVI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 122/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 24/02/2017;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO che ha chiesto che la

Corte respinga il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.T.a., in proprio e duale erede del coniuge deceduto P.A., propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi ed illustrato anche da successiva memoria, avverso la sentenza 122/2017 del 24-2-2017, con cui la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in accoglimento del gravame proposto da L.R. avverso sentenza del Tribunale di Palmi, aveva rigettato la domanda di risarcimento danni per responsabilità professionale avanzata dalla F. e dal P. nei confronti dell’avvocato L.R., che li aveva difesi in due giudizi (aventi ad oggetto richiesta di assegno di invalidità) risoltisi negativamente; nello specifico il P. e la F. avevano conferito all’avvocato L. mandato alle liti per proporre ricorso nei confronti dell’INPS per il riconoscimento in loro favore dell’assegno di invalidità; ricorso rigettato in primo grado dal Pretore di Palmi, in seguito ad espletata CTU, per carenza dell’invocata invalidità; appello avverso detta sentenza dichiarato inammissibile dal Tribunale perchè proposto fuori termine.

In particolare la Corte territoriale ha innanzitutto rigettato la sollevata eccezione di inammissibilità del gravame per violazione dell’art. 342 c.p.c., ritenendo invece lo stesso non generico, e sufficientemente chiaro sulle ragioni di censura mosse all’impugnata sentenza; nel merito ha poi precisato che, per costante giurisprudenza, per verificare il colpevole inadempimento dell’avvocato al mandato ricevuto ed il conseguente diritto del cliente al risarcimento del danno subito, era necessario effettuare un calcolo probabilistico sull’esito favorevole della decisione ove ben coltivata dal difensore, dovendo in caso contrario disattendere la richiesta risarcitoria; nella specie, pur nel comprovato e non contestato ritardo con cui l’avvocato L. aveva proposto appello alla decisione del Pretore, non era emersa agli atti la prova che, ove l’avesse proposto, nei termini, l’esito sarebbe stato Probabilmente favorevole ai due clienti., nella specie, invero, in primo luogo, a fronte dell’eccezione sollevata dall’INPS di carenza dei presupposti contributivi necessari per ottenere il richiesto assegno di invalidità, la l’onte e il P. non avevano dato prova di esserne in possesso; al contrario, il difensore aveva provato di avere richiesto al patronato, proprio a seguito dell’eccezione dell’INPS, l’estratto contributivo dei ricorrenti, senza ricevere alcuna risposta; in secondo luogo la l’onte e il P. non avevano nemmeno fornito documentazione atta a provare il loro stato di invalidità ed idonea quindi a contrastare sul punto le conclusioni negative del CTU.

Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione (o falsa applicazione) delle norme di diritto, si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che l’appellante non aveva indicato specifici motivi di impugnazione, ed aveva quindi disatteso il disposto dell’art. 342 c.p.c.; l’appellante, invero, si era dilungato su non meglio precisate “speculazioni” in danno dello stesso e delle compagnie assicuratrici per la responsabilità civile, e solo in una parte del gravame aveva riferito dell’esito negativo della CTU espletata in primo grado sulla persona del P..

Il motivo, pur erroneamente formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, contiene una chiara censura di error in procedendo (e, cioè, la mancata declaratoria, da parte della Corte territoriale, di inammissibilità dell’appello proposto dall’avvocato L. in quanto non conforme ai requisiti di cui all’art. 342 c.p.c.), sicchè lo stesso può essere riqualificato ed esaminato sotto il paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 4 (conf. Cass. S.U. 17931/2013., v. poi, tra le altre, Cass. 24274/16 e, da ultimo, Cass. 10862/2018., in precedenza, sul caso di specie, v. Cass. 19661/2006).

Il motivo è, tuttavia, inammissibile per “difetto di autosufficienza” ex art. 366 c.p.c., n. 6.

Nello stesso, invero, non viene riportato l’atto di appello, nemmeno, nei passaggi centrali ed essenziali, sicchè non viene consentita a questa Corte alcuna valutazione in concreto sul contenuto della doglianza; è vero che, in presenza di error in procedendo, è ammesso, l’esame diretto degli atti da parte di questa S.C., ma la censura deve presentare requisiti minimi di specificità ed autosufficienza, nella specie non presenti, non essendo riportato in ricorso il contenuto, del gravarne nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa genericità (conf. Cass. 22880/2017; v. anche Cass. 20405/2006); in ogni modo, per quanto riportato nella sentenza impugnata, con l’appello viene, tra l’altro, specificamente contestata la valutazione del Tribunale in ordine alla “non necessità dell’indagine sul sicuro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto proporre il legale”, sicchè il gravame deve comunque ritenersi rispettoso del precetto di cui all’art. 342 c.p.c..

Con il secondo motivo la ricorrente, denunzia – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione (o falsa applicazione) dell’art. 1176 c.c. e art. 414 c.p.c.; in particolare si duole, innanzitutto, che la Corte abbia ritenuto adempiuto dall’avv. L. il mandato difensivo con la diligenza richiesta, senza tuttavia considerare che il difensore aveva iniziato i giudizi in questione senza verificare la completezza della documentazione necessaria per la loro proposizione (v. mancanza, non sanabile – ex art. 414 c.p.c., comma 5, – dopo la presentazione del ricorso, della documentazione concernente i presupposti contributivi) e senza poi proporre (una volta rigettate le domande) tempestiva impugnazione in appello al fine anche di contestare le risultanze della CTU espletata in primo grado.

Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

La doglianza è inammissibile con riferimento alla omessa verifica (da parte del professionista) della completezza della documentazione, essendo detto adempimento estraneo all’oggetto del presente giudizio, con il quale la l’onte ed il P. si sono doluti dell’attività del difensore essenzialmente con riferimento al ritardo nel proporre appello ed agli effetti pregiudizievoli delle pronunzie di inammissibilità dei gravami, comportanti il passaggio in giudicato delle decisioni del Pretore di Palmi e l’impossibilità di rimettere in discussione l’esito delle CC.TT.UU.; come risulta, invero, dalle decisioni del Tribunale (per come riportata a pag. 7 ricorso per cassazione) e della Corte Appello, non è mai stato specificamente rimproverato al difensore di avere proposto ricorso dinanzi al Giudice del lavoro senza la necessaria documentazione, risultando al contrario che sia stato lo stesso professionista a far valere, quale ulteriore motivo di fondatezza del suo gravame, la mancanza in capo ai ricorrenti anche dei presupposti contributivi (v. pag. 10 ricorso per Cassazione); in ogni modo, non è stato neanche dedotto che le domande in primo grado siano state rigettate per l’assenza dei requisiti contributivi, risultando anzi che le stesse furono rigettate per l’assenza dei requisiti minimi (riduzione di 1/3 della capacità contributiva) per ottenere l’assegno di invalidità, sicchè, anche sotto detto profilo, il ricorso è inammissibile.

La doglianza, con riferimento alla tardiva presentazione dell’appello, è in fondata.

In base a condiviso orientamento consolidato di questa Corte, l’affermazione di responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale implica una valutazione prognostica positiva – non necessariamente la certezza – circa il probabile esito favorevole del risultato della sua attività se la stessa fosse stata correttamente e diligentemente svolta;

con la conseguenza che la mancanza di elementi probatori, atti a giustificare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell’attività del prestatore d’opera, induce ad escludere l’affermazione della responsabilità del legale… in quanto, la responsabilità dell’esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone” (Cass. 22376/2012; v., tra le tante, Cass. n. 9917/2010; Cass. 9638/9013., da ultimo, Cass. 25112/2017; tale giudizio, da compiere sulla base di una valutazione necessariamente probabilistica, è riservarlo al giudice di merito, con decisione non sindacabile da questa Corte se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis vigente l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”); conf. Cass. 3355/2014; correttamente, pertanto, in ossequio ai su riportati principi, la Corte territoriale, nell’esercizio del suo potere valutativo, ha escluso una prognosi positiva sull’eventuale accoglimento in appello della domanda, atteso che gli interessati non avevano fatto valere nel presente giudizio, attraverso idonea documentazione, la sussistenza di elementi tali da poter far considerare sussistente il loro stato di invalidità, sì da poter con valutazione prognostica ritenere che l’eventuale rinnovazione in appello delle CC.TT.UU. medico-legali avrebbe prodotto una modifica degli esiti delle CC.TT.UU. disposte in primo grado.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato rigettato, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo, unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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