Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17412 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 20/08/2020), n.17412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23952-2017 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROBERTO RUSSINO;

– ricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, L.GO DI TORRE ARGENTINA 11,

presso lo studio dell’avvocato DARIO MARTELLA, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 730/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 03/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Nell’aprile 2009 P.A. ha convenuto avanti al Tribunale di Messina la s.p.a. Banca Intesa San Paolo in relazione a un rapporto di servizi finanziari iniziato nel 1997. Ha chiesto, in proposito, la dichiarazione di nullità del contratto quadro e del contratto deposito titoli e custodia, nonchè dei singoli ordini; in subordine, la risoluzione degli stessi ovvero il loro annullamento; in via ulteriormente gradata, l’accertamento della responsabilità contrattuale della Banca ex art. 1337 c.c. Il tutto, comunque, con condanna della convenuta al pagamento di una data somma di danaro.

2.- Con sentenza n. 531/2011, il Tribunale ha rigettato tutte le domande così presentate.

3.- Con sentenza depositata in data 3 luglio 2017, la Corte di Appello di Messina ha successivamente respinto l’impugnazione da P.A. proposta al riguardo.

4.- La Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che “la domanda attorea, come puntualmente osservato dal giudice del Tribunale, non consente l’identificazione, tra tutti i movimenti del conto corrente e nel servizio specificato, di quegli investimenti che siano caratterizzati da una elevata rischiosità tale da rendere necessaria una ulteriore informativa”: “non è specificato quali siano gli ordini di acquisto… in che data disposti, il capitale investito per ciascuno di essi, la perdita subita e il conseguente danno subito”; “tale genericità si estende alle domande di nullità del contratto di deposito titoli e di quello denominato “Banca telefonica””. “Nè può il giudice con un mandato esplorativo affidare al c.t.u.” di individuare quali, tra tutte le operazioni poste in essere, sarebbero stati “caratterizzati dalla dedotta alta rischiosità”; tali operazioni avrebbero dovuto, invece, “essere individuate dalla parte appellante nella domanda giudiziale”.

Ciò fermato, la Corte siciliana ha inoltre respinto l’eccezione proposta dall’appellante con specifico riferimento al “contratto “Banca telefonica””, per cui la copia di contratto prodotto in giudizio “non poteva essere posta a sostegno della decisione impugnata in quanto privo di data e non essendovi prova che esso fosse stato sottoscritto nel 1997”. La detta copia – ha riscontrato il giudice del merito – “reca sul frontespizio, apposta con timbro, la data del 15.10.1997; da tale data emerge che lo stesso sia comunque stato sottoscritto contestualmente all’apertura del rapporto di conto corrente”. Tale documentazione “non è stata oggetto di disconoscimento e pertanto ha lo stesso valore del suo originale”; “sul punto l’art. 2719 c.c., esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche”.

Da tale dato la sentenza ha poi tratto – “unitamente alla qualità di imprenditore dell’appellante, alla assoluta mancanza di documentazione delle operazioni da lui riferite svolte tutte all’interno dei locali della Banca…, alla mancata preventiva richiesta ex art. 119 TUB… alla lettera del 22/23.1.2008” – in via “indiziaria” la conclusione che gli ordini, dei quali è stata chiesta la “nullità, siano stati effettuato dallo stesso (Paratore) attraverso il servizio internet banking della Banca, come dallo stesso ammesso, sia pure tramite il proprio legale”.

5.- Avverso questa decisione P.A. ha presentato ricorso, affidato a due motivi di cassazione.

Ha resistito, con controricorso, la s.p.a. Banca Intesa SanPaolo.

6.- La resistente ha anche depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.1.- Con il primo motivo, il ricorrente assume la “nullità della sentenza per vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Nel concreto, il motivo articola due distinte censure.

7.2.- La prima è che la “Corte di Appello ha completamente omesso di valutare gli estratti conto depositati agli atti del giudizio”: da questi “risultano tutte le operazioni di acquisto vendita di contratti derivati svolte… dal 1997 al 2002 e le perdite economiche subite… in virtù delle predette operazioni”.

Trattasi – così si prosegue – di “omesso esame di un “fatto storico”, la cui esistenza risulta dal testo della sentenza e dagli atti processuali”, che “riveste carattere decisivo per la controversia, anche perchè in contrasto con i principi espressi dalla Corte di Cassazione in casi analoghi”.

7.3.- La seconda censura raggruppa, a sua volta, una serie di distinti vizi.

Ad avviso del ricorrente, la sentenza ha “omesso ogni valutazione e pronuncia” in merito: (i) alla nullità del contratto quadro e del contratto deposito titoli “per inosservanza degli obblighi di informazione”; (ii) alla violazione dell’obbligo relativo alla consegna del documento rischi generali; (iii) alla “richiesta di inadempimento della Banca per la violazione degli obblighi dovuti ex lege e conseguente declaratoria di risoluzione del contratto quadro”; (iv) all’annullamento per dolo e/o errore essenziale del medesimo; (v) alla richiesta di “accertare e dichiarare che sia comunque ravvisabile nella fattispecie un inadempimento per violazione degli obblighi dovuti ex lege”.

8.- Il motivo è inammissibile, in entrambi gli ordini di censura di cui risulta composto.

9.- Con diretto riferimento alla prima delle censure svolte (n. 7.2.) è da osservare che la Corte di Appello – riscontrata l'”estrema genericità” delle domande presentate dall’attuale ricorrente – ha rilevato che, in ragione di ciò, non poteva in alcun modo ritenersi adempiuto l’onere di allegazione, che pure incombe sull’attore.

Rispetto a questa motivazione il motivo si limita a effettuare un riferimento agli estratti conto prodotti, che è del tutto generico. Non vengono indicati in alcun modo quali, tra questi, sarebbero i documenti decisivi: quali, dunque, indicherebbero le operazioni per cui si assume la sussistenza dei vizi dedotti (di nullità, annullamento, risoluzione, illegittimi comportamenti precontrattuali) e si chiede il pagamento di una somma di danaro.

Ancora prima: nel motivo non vengono indicati gli atti e i modi in cui, nei gradi del merito del presente giudizio, le operazioni nel concreto rilevanti sarebbero state (in ipotesi) specificate, in guisa di potere (nel caso) contrastare la valutazione della Corte territoriale in punto di difetto di sufficiente allegazione.

10.- Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue, tra l’altro, che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass., 26/06/2018, n. 16812; Cass., 28/09/2016, n. 19150).

11.- Tale mancata allegazione ha correttamente comportato il rigetto della richiesta di consulenza tecnica d’ufficio. Il divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini esplorative può essere, invero, superato soltanto quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al consulente di acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza. Al contrario, il divieto è pienamente operante quando – com’è nel caso concreto l’onere della prova sia a carico di una parte e non si rientri nella sopraindicata fattispecie eccezionale e derogatoria (cfr. Cass. 11 gennaio 2017, n. 512; Cass., 15 giugno 2108, n. 15774).

12.- Quanto alla seconda e composita censura di cui al motivo, va osservato come nella specie non venga per nulla a integrarsi il vizio di omessa pronuncia. In realtà, la Corte territoriale ha ritenuto – sulla scorta della riscontrata genericità delle domande formulate dall’attore – inammissibili tanto la domanda di nullità, quanto quelle di risoluzione, di annullamento e di accertamento della responsabilità precontrattuale.

Va aggiunto che, del resto, la stessa formulazione del motivo si compone di una serie di enunciati tutti generici, se non quando propriamente indeterminati. Nè, d’altro canto, vengono indicati gli atti e i luoghi in cui – nell’ambito del giudizio di merito – gli asseriti vizi di nullità, annullamento, inadempimento agli obblighi di legge e/o di contratto sarebbe stati specificati nei loro contorni determinativi.

13.1.- Il secondo motivo assume “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.

“I giudici della Corte di Appello” – afferma il ricorrente – hanno “errato la decisione in relazione alla valutazione degli elementi di prova offerti nel giudizio”.

Nel concreto, le contestazioni svolte in proposito dal motivo si condensano in tre distinte censure.

13.2.- La prima attiene al tempo della stipulazione del contratto di “Banca telefonica”.

Sostiene dunque il ricorrente di avere “sempre disconosciuto la mancanza di data nel contratto ossia l’assenza di prova in ordine alla certezza dell’epoca della sottoscrizione”: alla “contestazione sulla certezza della data e della sottoscrizione del contratto doveva necessariamente conseguire” – incalza il motivo – “l’onere della dimostrazione da parte dell’Istituto di Credito della certezza dell’epoca della stipula”. Per contro, la Corte siciliana ha “erroneamente attribuito certezza alla data di stipula sia dal mancato disconoscimento del contratto e anche da un timbro illeggibile”.

13.3.- La seconda critica attiene alla valutazione che la Corte siciliana ha fatto della lettera raccomandata del 22/23.1.208. Il ragionamento della sentenza è “assolutamente illegittimo e fuorviante”, perchè ha consegnato a tale lettera la forza di una confessione stragiudiziale.

Tale missiva, tuttavia, “non è sottoscritta dal P. e non contiene alcuna ammissione di attività eseguita autonomamente dallo stesso”, come si evince dal testo della medesima. In realtà, tutte le operazioni “sono sempre state eseguite nei locali della Banca… da parte dei funzionari della stessa”.

13.4.- L’ultima critica, che viene svolta, assume che la Corte di Appello “ha illegittimamente ritenuto di non ammettere senza alcuna motivazione – i mezzi istruttori richiesti dall’attore reiterati in appello, che avrebbero acclarato le circostanze oggetto della controversia”. Il riferimento va, in specie, alla richiesta di interrogatorio libero di P.A. e alla richiesta di prova testimoniale, per due testi.

14.- Il motivo non può essere accolto in relazione a nessuna delle censure che viene a proporre.

15.- Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la censura di omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova è di per sè stessa inammissibile, laddove non vengano allegate le “ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere tale prova”, nè adempiuti “gli oneri di allegazione necessari a individuare la decisività del mezzo istruttorio richiesto e la tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione” (cfr., tra le altre, la pronuncia di Cass., 4 aprile 2018, n. 8204).

Nella specie, per contro, il ricorrente si è limitato a riprodurre il capitolato delle prove a suo tempo richieste. Senza alcuna specificazione circa l’eventuale decisività delle medesime. Nè tale necessaria decisività della prova potrebbe in ogni caso ritenersi mai emergere in via automatica dal tenore dei capitolati, chè questi, al contrario, risultano – in sè stessi – non collocabili nel tempo, oltre che di taglio generico.

16.- La censura relativa alla prova del tempo di stipulazione del contratto “Banca telefonica” difetta, prima di ogni altra cosa, del pur necessario requisito di specificità.

Il ricorrente non indica le ragioni per cui, a suo avviso, il disconoscimento della data apposta sul documento dovrebbe condurre alla necessaria prova, da parte del contraente interessato, della “certezza dell’epoca della stipula”. E’, del resto, principio acquisito che la data di un documento, e di un contratto più in particolare, ben può essere stabilita dal giudice liberamente, senza limitazioni o restrizioni di ordine probatorio (cfr. Cass. 27 dicembre 2013, n. 28659).

17.- Non si confronta, poi, con la ratio decidendi della pronuncia impugnata l’assunto del ricorrente, secondo cui la Corte territoriale avrebbe assegnato a una missiva del legale del ricorrente la forza probatoria di una confessione stragiudiziale.

In realtà, la Corte si è limitata a inserire la lettera in questione nella serie di indizi, che nel concreto ha ritenuto idonea a formare una valida prova presuntiva (cfr. sopra, l’ultimo capoverso del n. 4). Nè v’è ragione per escludere che, in questa prospettiva, la dichiarazione del legale di una parte (del contratto) possa valere al pari di quella di un qualsiasi altro soggetto diverso dalla parte.

18.- In conclusione, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 7.100.00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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