Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17411 del 30/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 17411 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 5477-2013 proposto da:
NUZZO ANNA MARIA NZZNMR5OH62I233Y, eletivamente
domiciliata in ROMA, VIA B. RICASOLI 7, presso lo studio
dell’avvocato MUGGIA ROBERTO, che la rappresenta i e difende
unitamente agli avvocati BISACCA SIMONE, MUGGIA STEFANO
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

TELECOM ITALIA SPA 00471850016, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.
FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato MARESCA
ARTURO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
ROMEI ROBERTO, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, GRASSI
MONICA giusta procura a margine del controricorso;

65g-

a

À-

Data pubblicazione: 30/07/2014

- contraticorrente avverso la sentenza n. 2262/2012 della CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE di ROMA del 22/12/2011, depositata il 16/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO.

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito
di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
Con sentenza n. 2262/2012 la Corte di cassazione, pronunciando sul
ricorso proposto da Telecom Italia s.p.a. avente ad oggetto, la sentenza
emessa dalla Corte di appello di Torino che aveva riformato quella di
primo grado, rigettava il primo motivo di ricorso ed accoglieva il
secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo; cassava la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigettava la domanda proposta da
Nuzzo Anna Maria diretta ad ottenere la condanna della società
Telecom Italia s.p.a. al risarcimento dei danni da perdita di chance

da

liquidare in separato giudizio – conseguenti alla illegittima cessione in
data 31 dicembre 1995 del relativo contratto di lavoro dalla soc. Ing. C
Olivetti (ICO) alla soc. Olivetti Personal Computer s.p.a. (OPC)
Nella decisione, assunta in conformità all’orientamento illterpretativo
di legittimità in tema di risarcimento da perdita di chonce, veniva
osservato:
– che la condanna generica al risarcimento del danno presupponeva
che l’interessata fornisse la dimostrazione – anche soltanto in via
presuntiva o secondo un calcolo di probabilità – del nesso causale tra il
comportamento datoriale e l’evento dannoso, attraverso l’allegazione e
la prova di quegli elementi di fatto idonei a far ritenere che in assenza
della cessione del contratto di lavoro del 31 dicembre 1995 (dichiarata

Ric. 2013 n. 05477 sez. ML – ud. 09-06-2014
-2-

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

£

illegittima in sede giudiziale) la lavoratrice avrebbe avuto (in
considerazione della posizione lavorativa e della situazione anagrafica e
familiare) una concreta, effettiva, e non ipotetica, probabilità di
beneficiare di una delle soluzioni alternative al licenziamento, al pari
degli altri dipendenti della ICO;

– desunta dalla Corte di appello da una affermazione contenuta in una
sentenza emessa tra le parti in un precedente giudizio – dell’essere stata
la Nuzzo l’unica dipendente ICO esclusa dalle suddette soluzioni
alternative al licenziamento, a causa della forzata assenza dal lavoro il
1° gennaio 1996;
– che non solo la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell’art.
1226 c.c., presuppone che risulti l’esistenza di un danno risarcibile, ma
lo stesso interesse processuale dell’attore ad ottenere una pronuncia di
condanna generica per perdita di chance è condizionato dall’interesse a
vedersi attribuire un risultato positivo;
– che la sentenza di appello non recava alcun accertamento della
sussistenza di elementi potenzialmente idonei a causare le conseguenze
pregiudizievoli denunciate dalla Nuzzo, così risolvendosi in una
“pronuncia strumentale alla soluzione di una questione di diritto in
vista di una situazione futura o meramente ipotetica, come tale
inutilizzabile nella fase successiva, unicamente diretta albi
determinazione del quantum della pretesa”.
• Tale sentenza è ora impugnata con ricorso per revocazione dalla
Nuzzo, secondo la quale la Corte sarebbe incorsa in un errore
percettivo laddove aveva sostenuto l’assenza di qualsiasi anegazione sul
nesso tra condotta datoriale e danno prospettato, posto che “nel
ricorso introduttivo (pagg. 3-5, capi 12-18), ricorso in appello (pagg.
13-14, ove sono riportati i detti capi 12-18 del ricorso introduttivo) e
kic. 2013 n. 05477 sez. ML – ud. 09-06-2014
-3-

– che ai fini di tale prova non poteva ritenersi sufficiente la circostanza

2
,

controricorso (pag. 10) la Nuzzo si era comunque offerta di dare la
prova del nesso causale tra condotta del datore di lavoro, perdita di
chance e danni”.
Il ricorso è inammissibile.
Deve osservarsi, in via generale, che l’istanza di revocazione di una

cod. proc. civ., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto
riconducibile all’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. dv., che
consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che
abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un
fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile esduso (o
accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale
fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il
giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il
contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali
una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali,
sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di stipposizione
e non di giudizio. Esso deve, quindi, 1) consistere mi una errata
percezione del fatto, in una svista di carattere: materiale,
oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il
giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità eita esclusa in
modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto
accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivi°, nel senso
che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata divrsa.; 3) non
cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata;
4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non
richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni
induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di
assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di
Ric. 2013 n. 05477 sez. ML – ud. 09-06-2014
-4-

sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis

valutazione del fatto medesimo (cfr, ex plurimis, Cass. ciy. sentt. nn.
13915 del 2005 e tra le più recenti, cfr. Cass. 22868 del 2012).
Nel caso in esame, è palese che non si vette in unipotgsi di errore
percettivo, ma in un presunto errore tipicamente valutatiyo, estraneo
come tale al mezzo di impugnazione proposto, in quanto non è idoneo

agli artt. 391-bis e 395, numero 4), cod. proc. dv., l’ipotizzato
travisamento, da parte della Corte di cassazione, di dati giuridicofattuali acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l’interpretazione
dei contenuti espositivi dei rispettivi atti del giudizio, e dunque
mediante attività valutativa, insuscettibile in quanto tale – quand’anche
risulti errata – di revocazione (cfr. Cass. S.U. n. 13181 del 2013).
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso per
revocazione.
Le spese sono liquidate nella misura indicata in dispositivo per
esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura
del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi
dell’art. 2 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Per essere il ricorso pendente alla data del 31 gennaio 2013,
sussistono ratione temporis i presupposti previsti dall’art.13 comma 1quater del d.P.R. n.115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della
legge n.228 del 2012 (legge di stabilità 2013) per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis
del citato articolo 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per revocazione e condanna
la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida

Ric. 2013 n. 05477 sez. ML – ud. 09-06-2014
-5-

ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui

in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 2.500,00 per conTipensi, oltre
accessori di legge e 15% per spese forfettarie.
Ai sensi dell’art.13 comma 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 giugno 2014
Il Presidente

quello dovuto per il ricorso, a norma del commal -bis, dello stesso

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA