Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17411 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 28/06/2019), n.17411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27949-2017 proposto da:

P.D., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIORGIO VIRGINIO MURINO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSNI SPA, in persona del procuratore speciale Dott.ssa

C.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 292,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

P.G., S.M., B.L., B.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 541/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 16/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento;

udito l’Avvocato GIORGIO VIRGINIO MURINO;

udito l’Avvocato FRANCESCO BALDI.

Fatto

SVOLGIMENTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 541/2017, depositata in data 16/6/2017, la Corte d’Appello di Cagliari, in parziale accoglimento dell’appello proposto da P.D., e in riforma della decisione di primo grado, ha proceduto a una diversa liquidazione del danno alla persona in favore del ricorrente, originario attore, e a carico dei convenuti B.G., P.G. e Unipol Assicurazioni s.p.a., in relazione alle conseguenze dannose alla propria persona subite a seguito di un sinistro stradale, ove aveva riportato postumi permanenti nella misura del 20%, respingendo la domanda di riconoscimento del danno da lesione della cenestesi lavorativa.

2. La Corte d’Appello di Cagliari, nel respingere la pretesa, ha evidenziato come all’attore, che all’epoca era studente di ragioneria e aveva ricevuto postumi permanenti sulla sua persona pari al 20% (di cui il 6% per danno estetico), non spettasse alcun importo ulteriore a titolo di risarcimento del danno da compromissione della capacità lavorativa, atteso che la riduzione della capacità di lavoro riscontrata in sede di consulenza tecnica doveva ritenersi limitata al solo espletamento di attività di manovalanza, laddove egli, tenuto anche conto del corso di studi intrapreso dopo l’incidente (ragioneria), avrebbe in futuro prevedibilmente svolto attività lavorativa di carattere impiegatizio-amministrativo nell’impresa di famiglia, dedita all’attività di ristorazione, in relazione alla quale non era emersa alcuna compromissione della corrispondente capacità di lavoro.

3. Avverso tale sentenza P.D. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione in sostanza per dedurre che la lesione da perdita delle cenestesi lavorativa non è stata valutata in concreto, sulla base delle attitudini dimostrate prima dell’incidente e delle maggiori opportunità di lavoro di manovalanza presenti nella regione di appartenenza (Sardegna), rispetto a quelle impiegatizie e amministrative. La UnipolSai Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso per rilevare l’inammissibilità delle deduzioni. Con ordinanza interlocutoria della sesta sezione civile il procedimento veniva rinviato a nuovo ruolo perchè ne fosse rimessa la discussione in pubblica udienza. Le parti hanno notificato controricorso. Il Pm concludeva come in atti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo di impugnazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. (errore nell’applicazione della norma), nonchè per omesso esame di fatti decisivi per la controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 (vizio di motivazione), per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la responsabilità del danno patrimoniale conseguente alla compromissione della capacità di lavoro generica dell’attore, omettendo di considerare la complessiva esperienza lavorativa pregressa dello stesso che esprime un’ inclinazione attitudinale a svolgere attività di cuoco o di infornatore, nonchè le concrete prospettive di lavoro legate al territorio di residenza dello stesso, verosimilmente suscettibili di favorirne l’impiego in attività di manovalanza, con la conseguente sussistenza della riduzione della relativa capacità di lavoro, conformemente a quanto riscontrato in sede di CTU tecnica nel corso del giudizio.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. La Corte territoriale, ha ritenuto non essere oggetto di censura l’affermazione, resa dal giudice di primo grado, in ordine alla mancata prova che il cambio di ciclo di studi – ragioneria in luogo del corso di studi per conseguire il diploma di operatore di ristorazione per esercitare l’attività di cuoco o di infornatore/pizzaiolo – fosse stato necessitato dai postumi dell’incidente; pertanto, tenuto conto della relativa formazione professionale e del corso di studi prescelto, pur convenendo che, in linea teorica e astratta, fosse compromessa l’attività lavorativa di manovalanza, ha escluso l’incidenza dei postumi sulla capacità lavorativa generica in considerazione della prevedibile attività lavorativa, di carattere impiegatizio-amministrativo, che avrebbe potuto svolgere il ricorrente nell’impresa familiare (ove in precedenza aveva svolto attività di cuoco infornatore), avente ad oggetto l’attività di ristorazione, e in relazione alla quale non era emersa alcuna compromissione della corrispondente capacità di lavoro.

1 3. La Corte di merito ha quindi proceduto a una valutazione di c.d. personalizzazione “massima” del danno biologico complessivamente subito dalla persona che induce a considerare, sulla base di quanto in atti desumibile, che si è già tenuto conto della eventuale – e non certa- compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, per come provate, in un soggetto adolescente in cui la compromissione totale è risultata pari al 20% di danno biologico (di cui il 6% per danno estetico da cicatrice). In effetti la maggior pretesa prospettabile in tale caso riguarda il danno da lesione della cenestesi lavorativa (danno non patrimoniale), e non da perdita della capacità lavorativa specifica (danno patrimoniale) che, in un soggetto non ancora in età lavorativa, si può presumere in termini di perdita di chances solo ove il danno biologico vada oltre una determinata soglia (cfr. su questo punto Cass. sez. 3, sentenza n. 5880/2016).

1.4. Pertanto, il principio di diritto richiamato dal ricorrente in merito alla “perdita presunta” di capacità lavorativa specifica, espresso in Cass. sez. 3, sentenza n. 5880/2016, non è pertinente in relazione al caso de quo, ove il danno biologico non supera la soglia del 30%, ritenuta a titolo orientativo idonea a far presumere una compromissione della capacità lavorativa specifica.

1.5. Ove invece la lesione risulti inferiore a detta percentuale vale certamente il principio da ultimo fatto proprio da Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 12572 del 22/05/2018, in base al quale “…. il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, che consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito della persona offesa, si risolve in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo e va liquidato omnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto” (cfr. anche Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20312 del 09/10/2015).

1.6. Il giudice di merito, pertanto, sotto questo profilo nel decidere e liquidare il danno ha applicato corretti criteri di valutazione del danno da compromissione della cenestesi lavorativa, personalizzando al massimo il danno biologico, senza omettere alcuna circostanza di rilievo.

1.7. Conclusivamente, il ricorso va rigettato, con ogni conseguenza in relazione alle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 5.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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