Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17410 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2010, (ud. 24/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17837-2008 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

O.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 106/2 007 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 25/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2010 dal Consigliere Dott. EUGENIA MARIGLIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

Con avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato il 13.11.2001, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Napoli 4, contestava ad O.L. un maggiore reddito imponibile ai fini I.R.Pe.F. e del contributo SSN per l’anno d’imposta 1996, facendo applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d) e dei parametri dal D.P.C.M. 27 marzo 1997; contestualmente l’A.F. notificava anche avviso di rettifica I.V.A. sempre per l’anno 1996.

Avverso tale ultimo atto il contribuente proponeva tempestivo ricorso, contestando la pretesa fiscale. Si costituiva l’Ufficio difendendo il suo operato.

La C.T.P. di Napoli accoglieva il ricorso, sostenendo che l’Ufficio non aveva fornito la prova della pretesa tributaria in quanto fondata solo su parametri presuntivi che da soli non potevano costituire fonte di prova. I giudici affermavano, inoltre, che poichè la C.T.P. di Napoli, con sentenza n. 631/22/02, aveva accolto il ricorso dello stesso contribuente relativo all’avviso di accertamento sulle II.DD. per il medesimo anno d’imposta, ne conseguiva che pure ai fini I.V.A. l’avviso di rettifica impugnato era illegittimo ed infondato.

Proponeva gravame l’Ufficio, contestando le affermazioni della sentenza di primo grado. La C.T.R. della Campania respingeva l’appello, sostenendo che agli atti era documentata la pronuncia della C.T.P. favorevole al contribuente sull’avviso di accertamento l.R.Pe.F., non ; impugnata e, siccome l’avviso di rettifica I.V.A. era subordinato a quello relativo alle II.DD., appariva chiaro che anche il secondo relativo a tale imposta decadeva.

Avverso detta decisione il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Il contribuente non risulta costituito.

Diritto

Con il primo motivo si lamenta il difetto di motivazione, per avere la C.T.R. motivato per relationem ad altra decisione, ignorando però l’avvenuta proposizione da parte dell’Ufficio del ricorso sia in appello che, successivamente, in sede di legittimità.

Con la seconda censura si denuncia l’omessa pronuncia della C.T.R. sull’espressa eccezione proposta dall’Ufficio in appello relativa all’avvenuta proposizione del gravame avverso la sentenza di primo grado in tema d’imposte dirette, di cui aveva dato dimostrazione.

Occorre preliminarmente dichiarare l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze in quanto lo stesso nel presente procedimento è privo di legittimazione processuale, non essendo stato parte nel giudizio di appello dal quale deve intendersi tacitamente estromesso (cass. civ. sentt. nn. 9004/2007, 22889/2006), come è dato rilevare anche dall’epigrafe della sentenza impugnata, ove il gravame risulta proposto dall’Agenzia delle entrate, Ufficio di Napoli 4, in data 14.6.2006.

A seguito della riforma dell’Amministrazione finanziaria ai sensi del D.Lgs. n. 300 del 1999, sono state istituite le Agenzie fiscali e, pertanto, a partire dal 1 gennaio 2001 (data d’inizio dell’operatività di detti enti), la legittimazione processuale attiva e passiva nel contenzioso tributario compete a dette istituzioni, dotate di personalità giuridica, e non più al Ministero od agli uffici periferici dello stesso non più esistenti a seguito dell’intervenuta riforma.

Si compensano le relative spese, dato che la costituzione del Ministero non ha aggravato la difesa erariale.

Il primo motivo è inammissibile in quanto non è stato formulato alcun quesito, mentre a norma dell’art. 366 bis, secondo periodo, è chiaramente specificato che: “nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”. Parte ricorrente, invece, ha del tutto obliterato detta statuizione, non formulando alcun quesito.

Nè può in ogni caso ritenersi che il quesito di diritto – e la chiara indicazione del fatto controverso o delle ragioni della insufficienza della motivazione – sarebbero in ogni caso presenti nell’illustrazione dei motivi, sottoposti all’esame di questa Corte, poichè la prescrizione formale introdotta dalla norma in esame non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto – e la chiara indicazione del fatto controverso o delle ragioni della insufficienza della motivazione – possano desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbero nell’abrogazione tacita della norma in questione che ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di un requisito formale, che deve esprimersi, per i motivi da 1 a 4 dall’art. 360 c.p.c., nella formulazione di un esplicito quesito di diritto tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte – quesito che deve trovare la sua collocazione a conclusione dell’illustrazione di ciascun motivo di ricorso che, da sola, non è perciò sufficiente ai fini del rispetto della norma in esame e per l’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, così come dettagliatamente espresso dal secondo periodo del citato art. 366 bis, comma 1 (cfr., ex multis, Cass. civ. sent.

n. 23153 del 2007).

La formulazione del quesito così come richiesto dalla legge e la chiara indicazione del fatto controverso e delle ragioni dell’insufficienza della motivazione, nei termini innanzi specificati, non si rinvengono nel motivo sottoposto all’esame di questa Corte.

Il secondo motivo è, invece, fondato.

Nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonchè del provvedimento in concreto richiesto, non essendo condizionato dalla mera formula adottata dalla parte.

Allorchè sia denunciato “l’error in procedendo” per omessa pronuncia su un capo di domanda che si afferma regolarmente proposto, spetta al giudice di legittimità il potere-dovere di procedere direttamente all’esame e alla interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e delle deduzioni delle parti (cfr., ex multis, Cass. civ. sentt. nn. 1875 e 5442 del 2006).

Nella specie tale esame non è possibile, non essendo stato trasmesso a questa Corte il fascicolo di merito, malgrado che agli atti risulti l’istanza di trasmissione ex art. 378 c.p.c.; tuttavia questa Corte, nella medesima udienza pubblica, tenuta in data odierna, ha esaminato e deciso altro ricorso per cassazione tra le stesse parti concernente l’accertamento relativo alle imposte dirette per l’annualità 1996, procedimento che erroneamente prima la C.T.P. e successivamente la C.T.R. avevano ritenuto concluso con la sentenza n. 631/22/02 della stessa C.T.P. sostenendo erroneamente che detta decisione non fosse stata impugnata e che, quindi, si fosse formato un giudicato favorevole per il contribuente, giudicato, ritenuto vincolante per l’accertamento I.V.A. per la medesima annualità d’imposta.

Tutto ciò premesso, dichiarata assorbita ogni altra censura, il ricorso va accolto limitatamente al secondo motivo e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata per un nuovo esame ad altra sezione della C.T.R. della Campania che provvederà anche al governo delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze, compensando le relative spese.

Accoglie il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia delle entrate e, cassata la sentenza impugnata, rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della C.T.R. della Campania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione tributaria, il 26 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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