Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17408 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, (ud. 26/02/2019, dep. 28/06/2019), n.17408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19049-2017 proposto da:

REGIONE EMILIA ROMAGNA, in persona del Presidente della Giunta

Regionale B.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 3, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO GIANNI,

rappresentata e difesa dagli avvocati DOMENICO FAZIO, ANTONELLA

MICELE;

– ricorrente –

contro

ELIPSO FINANCE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

e per essa quale mandatario la FBS SPA, in persona del suo

procuratore speciale Avv. BE.FL., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 3, presso lo studio dell’avvocato MARCO

BATTAGLIA, che la rappresenta e difende;

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona di C.S. in

qualità di legale rappresentante, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO N. 18, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

BERRUTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DANIELA SORGATO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 242/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 30/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. nel 2002 conveniva innanzi al Tribunale di Bologna la Regione Emilia Romagna (ente fideiussore), invocandone la condanna al pagamento della somma complessiva di Euro 545.402,69 oltre interessi, inerente a due obbligazioni fideiussorie, rilasciate dall’Ente Delta Padano di Sviluppo (cui è succeduta la regione) in relazione a contratti di mutuo agrario concessi (giusta L.R. 1 aprile 1993, n. 18) alla cantina sociale (OMISSIS) scarl, debitrice principale rimasta inadempiente e fallita. I mutui erano assistiti anche da garanzie ipotecarie che erano state ugualmente attivate dalla banca e l’ente fideiussore, nel frattempo escusso, dopo aver corrisposto Euro 212.089,21, si era surrogato nei diritti della banca per l’importo di Lire 41.190.699, pari a Euro 21.273,22, relativo agli interessi moratori pagati in relazione al finanziamento di cui alla prima garanzia. Tuttavia l’ente che si era surrogato aveva ricevuto dal fallimento, per errore del Curatore, la somma di Lire 496.981.668 (pari a Euro 256.669,61), ricavata dall’alienazione dei beni garantiti con le ipoteche iscritte a favore della banca mutuante e la banca, agendo nei confronti dell’ente, aveva chiesto sia la restituzione di tale importo erroneamente ricevuto, che il pagamento di quanto dovuto a titolo di ulteriori interessi, pari a Lire 600.000.000 (Euro 310.000,00).

2. Con sentenza n. 3807/2009, il Tribunale di Bologna, dopo avere preso atto che le parti avevano raggiunto un accordo sulla parte dell’importo (Euro 235.396,39,61) facente parte della richiesta restitutoria, accoglieva parzialmente la domanda, condannando la Regione Emilia Romagna al pagamento del residuo importo di Euro 168,483,24, sull’assunto che le clausole contrattuali di cui ai due contratti consentissero di superare l’importo massimo garantito, pari a Euro 84.608,00 e Euro 148.223,13 (in totale di Euro 232.831,13), e che il limite delle fideiussioni non si riferiva agli interessi maturati, bensì al capitale, e che pertanto la richiesta a tal titolo potesse andare oltre il massimale convenuto per ciascun finanziamento.

3. La Regione Emilia Romagna proponeva appello avverso tale pronuncia, chiedendo che venisse dichiarato di non dovere alcunchè perchè il rimborso della somma restituita di Euro 235.396,39, costituiva somma superiore a quella garantita per capitale e interessi entro il massimale convenuto, pari a un totale di Euro 232.831,13; deduceva in ogni caso che, mentre sulla questione relativa alla restituzione vi era stata la cessazione della materia del contendere, la domanda residua in contestazione era relativa agli interessi dovuti sul capitale, e che a tal titolo la pretesa in relazione al secondo contratto corrispondeva alla misura di Euro 41.669,06, mentre la domanda di escussione del capitale doveva intendersi come nuova o comunque già soddisfatta con la restituzione di quanto ricevuto indebitamente dal fallimento.

4. Con sentenza n. 242/2017, pubblicata in data 30/1/2017, la Corte d’Appello di Bologna, riformava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che il limite della fideiussione non operasse per gli interessi maturati, e diversamente interpretando la domanda dell’attrice, rigettava l’appello e rideterminava in misura minore il quantum dovuto dalla Regione Emilia Romagna (per errato computo degli interessi moratori anche sugli interessi corrispettivi); per l’effetto, condannava la Elipso Finance s.r.l. (cessionaria del credito), in solido con Monte Paschi di Siena s.p.a., a rifondere all’appellante la somma di Euro 4.538,44, mantenendo ferme le restanti statuizioni in ordine alla interpretazione da darsi alla domanda della banca, che aveva agito per escutere le garanzie a copertura sia del capitale che degli interessi dovuti a seguito dell’inadempimento dei mutui agrari da parte della debitrice principale, indicando l’importo complessivo del credito garantito.

5. Avverso la sentenza, la Regione Emilia Romagna propone ricorso per cassazione con ricorso notificato il 28 /7/2017 per via telematica deducendo tre motivi di gravame. Le parti intimate hanno notificato separati controricorsi nei termini indicati in epigrafe.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., laddove la Corte d’Appello, pronunciandosi sul primo motivo d’appello, ha fatto riferimento ad una censura diversa da quella effettivamente proposta dalla Regione Emilia Romagna: la Corte di merito avrebbe “travisato il motivo di appello”, perchè la domanda della ricorrente concerneva il superamento della limitazione pattizia della esposizione debitoria complessivamente intesa e l’aver disposto la condanna dell’ente al pagamento di una somma superiore al limite massimo di copertura del debito garantito stabilito nella fideiussione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Corte d’appello non ha tenuto conto delle clausole di limitazione pattizia dell’esposizione debitoria del fideiussore e ha disposto la condanna della Regione al pagamento di un importo superiore a quello previsto nel limite massimo garantito per capitale e interessi, contraddicendo quanto affermato in ordine alla corretta interpretazione delle clausole.

2.1. I primi due motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.

2.2. La Corte di merito ha ritenuto in parte fondato il primo motivo di appello, relativo alla mancata estensione del limite massimo della garanzia fideiussoria anche agli interessi, ma poi non è stata consequenziale nel pronunciarsi, all’esito delle necessarie verifiche degli atti processuali, sul nucleo essenziale della linea difensiva della Regione la quale, con il proposto appello, aveva segnatamente censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che la fideiussione era limitata al capitale, laddove la difesa dell’Ente era sempre stata nel senso che la fideiussione era sì estesa anche agli accessori, ma solo entro il limite massimo indicato nella fideiussione.

2.3. La circostanza relativa al fatto che l’Ente fideiussore sia stato condannato a pagare oltre il limite dell’importo totale garantito non è stata valutata ai fini del computo delle somme residue eventualmente dovute alla Banca garantita nei limiti dei massimali previsti nelle fideiussioni prestate dall’Ente.

2.4. I due motivi, inerenti alla omessa questione di omessa pronuncia, vista sotto l’angolo visuale di due diversi vizi processuali, pertanto, sono fondati.

2.5. La sentenza deve essere pertanto cassata in parte qua, in quanto il giudice del merito dovrà quindi pronunciarsi sulla fondatezza o meno dell’allegata esistenza di un limite massimo della garanzia prestata dall’Ente, ancorchè comprensivo degli accessori.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., comma 5, come previsto dal D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito con modifiche nella L. 20 dicembre 1995, n. 534, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, con riguardo al secondo motivo di appello, deducendo la mancata rilevazione da parte della Corte d’Appello dell’inammissibilità della “domanda aggiuntiva” di condanna al pagamento dell’importo di Euro 123.814,18, quale capitale residuo del contratto di mutuo, non ricompreso nelle pretese creditorie menzionate nell’atto di citazione, che includevano la richiesta residuale di pagamento dei soli interessi e non del capitale.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. La Corte d’appello ha ritenuto la domanda iniziale inclusiva dell’importo per capitale residuo e interessi, indicato nel suo esatto ammontare nel corso del giudizio, sull’assunto che la formula di salvezza riferita alla “somma maggiore o minore ritenuta di giustizia” si riferisse a una richiesta di pagamento delle somme dovute per i titoli dedotti in giudizio sin dal primo atto di causa.

3.3. In tema di domanda giudiziale, (peraltro in un contesto processuale – rito del lavoro – ove sono ancora più rigorose le limitazioni a nuove allegazioni), si è sancito che non è necessario che l’allegazione di un fatto costitutivo, come di altra circostanza rilevante ai fini del decidere, venga formulata nel contenuto narrativo del primo atto giudiziale, potendo essere individuato attraverso un esame complessivo dell’atto, senza che occorra l’uso di formule sacramentali o solenni, desumendola anche dalle deduzioni istruttorie e dalle produzioni documentali, secondo una interpretazione riservata al giudice del merito (Sez. L -, Sentenza n. 17991 del 09/07/2018; per il procedimento ordinario v. Sez. 2, Sentenza n. 1681 del 29/01/2015).

3.4. La Corte di merito pertanto ha dato conto di aver considerato la domanda in base al contenuto dell’intero contesto dell’atto di citazione, senza perciò incorrere nel vizio di extra petita correlato agli sbarramenti processuali stabiliti per mutatio libelli o la emendatio libelli.

4. Conclusivamente il ricorso è fondato quanto ai motivi n. 1 e 2, mentre è inammissibile quanto al terzo motivo; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto di ragione;

Cassa e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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