Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17403 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 20/08/2020), n.17403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTO Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21004-2018 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL FALL. N. (OMISSIS), in persona del Curatore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE

48, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CORVASCE, rappresentato

e difeso dall’avvocato STEFANO BRUGIAPAGLIA;

– ricorrente –

contro

UBI BANCA SPA, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OMBRONE 14, presso lo studio dell’avvocato

MARCO PESENTI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 8400/2017 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositato il 10/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 380-bis c.p.c., avverso il decreto del 10 giugno 2018 con cui il Tribunale di Ancona, accogliendo, per quanto di ragione, la corrispondente opposizione ex art. 98 L. Fall. di UBI Banca s.p.a. (già Banca Popolare di Ancona s.p.a.), ha ammesso quest’ultima al passivo della suddetta procedura concorsuale per la complessiva somma di Euro 193.443,52, in chirografo, ordinando la conseguente modifica dello stato passivo. Resiste, con controricorso, il predetto istituto di credito.

1.1. Secondo quel tribunale, la data certa, ex art. 2704 c.c., anteriore al fallimento della (OMISSIS) s.r.l. (dichiarato il 27.4.2017), del prestito finanziario posto dalla Banca a sostegno della sua pretesa, la cui sussistenza era stata negata dal giudice delegato (al pari della prova dell’avvenuta erogazione del finanziamento stesso in conto corrente, di cui non erano stati prodotti i relativi estratti), poteva, invece, ricavarsi dalla complessiva documentazione prodotta dalla creditrice in sede di richiesta di ammissione al passivo e, successivamente, di opposizione. In particolare, il giudice a quo ha affermato che: “Risulta agli atti che la (OMISSIS) s.r.l., in data 2.7.2009, ha stipulato, con il Gestore dei Servizi Energetici GSE s.p.a., la convenzione n. (OMISSIS) per il riconoscimento di tariffe incentivanti della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici. Successivamente, in data 5.6.2012, con atto a rogito notaio (n. 840 registrato a Jesi, Serie IT), la (OMISSIS) s.r.l. ha ceduto pro solvendo i crediti derivanti dalla suddetta concessione alla Banca Popolare di Ancona in garanzia del contratto di finanziamento. Le coordinate di tale finanziamento e la data di stipulazione vengono richiamate nell’atto notarile di cessione del credito costituendo fatto idoneo a comprovare la certezza della data e la sua anteriorità al fallimento. Vieppiù che tale atto notarile è stato stipulato tra la società fallita e la Banca Popolare di Ancona e non da UBI Banca sp.a., ciò a dimostrare che la cessione, in primis, ed il finanziamento, in secundis, sono da collocare in data anteriore al fallimento de quo, atteso che la fusione mediante incorporazione della Banca Popolare di Ancona in UBI Banca spa. è avvenuta in data 2.2.2017, con effetti nei confronti dei terzi dal successivo 20.2.2017”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate censure prospettano, rispettivamente:

I) “violazione o falsa applicazione degli artt. 98 e 99 L.Fall., artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2697,1823,1852,1856,1867,1710 e 1713 c.c., nonchè art. 119 T.U.B., nella parte in cui il credito è stato ammesso in difetto di adeguata prova dell’esistenza dello stesso e del suo quantum da parte della Banca”. Si assume che la documentazione prodotta ex adverso sarebbe del tutto insufficiente “a dimostrare sia l’inadempimento della (OMISSIS) s.r.l., sia, in particolare, l’esatta quantificazione del credito vantato dalla Banca in mancanza degli estratti conto collegati al predetto rapporto di prestito finanziaria”, ritenendosi, pertanto, che “l’Istituto di credito non abbia adempiuto all’onere della prova che su di lui grava allorchè chiede di insinuare al passivo fallimentare un proprio credito derivante da rapporti obbligatori regolati in conto corrente”. Si sostiene, inoltre, essere “di chiara evidenza che il mero accreditamento del prestito sul conto corrente non è sufficiente a dimostrare il credito della Banca, essendo necessario, altresì, dimostrare il mancato rimborso delle somme e l’addebito della relativa posta sul conto. Infatti, laddove il rapporto di finanziamento sia, come nel caso di specie, regolato in conto corrente, con addebito degli importi corrispondenti alle singole rate sul conto stesso, il collegamento negoziale che si instaura tra i due rapporti impone che l’inadempimento del correntista e, comunque, laddove effettivamente sussista, l’esatta determinazione del credito in favore della banca non può prescindere dall’esame delle movimentazioni del conto corrente sul quale il prestito era regolato”;

II) “violazione degli artt. 98 e 99 L.Fall., art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per omessa o insufficiente motivazione in ordine all’inadempimento della (OMISSIS) s.r.l., alla eventuale insufficiente provvista a coprire il credito vantato da UBI Banca s.p.a. sui conti correnti n. (OMISSIS) di regolazione del prestito finanziario e n. (OMISSIS) dove venivano versati gli incentivi GSE ceduti dalla (OMISSIS) s.r.l. alla Banca Popolare di Ancona s.p.a. a garanzia di detto prestito, all’esatta quantificazione del credito insinuato ed alla loro relativa prova”. Si sostiene che “nel provvedimento impugnato non si ravvisa alcuna motivazione in ordine all‘ex adverso lamentato inadempimento della (OMISSIS) s.r.l., all’esatta determinazione del quantum debeatur ed alla relativa pretesa”, e che “il tribunale ha ammesso il credito sul solo presupposto della data certa del contratto di prestito, omettendo qualsivoglia motivazione in ordine all’asserito inadempimento della (OMISSIS) e, in particolare, all’eventuale incapienza dei conti correnti sopra indicati a coprire gli importi richiesti dalla Banca ed all’esatta quantificazione del credito vantato…”;

III) “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Si ascrive al tribunale di non aver preso “in considerazione, sempre ai fini sia dell’inadempimento della (OMISSIS) sia del quantum debeatur, la circostanza che il prestito era regolato su conto corrente e che esso era altresì garantito dalla cessione dei crediti, presenti e futuri, della (OMISSIS) s.r.l. per le tariffe incentivanti verso il GSE. Tali circostan. ze sono decisive al fine di decidere, poichè rilevano sotto il profilo della effettiva sussistenza del credito vantato dalla UBI Banca sp.a. nei confronti del Fallimento”.

2. I primi due motivi, esaminabili congiuntamente perchè evidentemente connessi, non meritano accoglimento.

2.1. Giova, invero, premettere che: i) allorquando sia negativamente superata la fase preliminare di esame della domanda di ammissione al passivo, e si apra, se proposto il corrispondente ricorso ex artt. 98-99 L.Fall., la fase successiva di opposizione allo stato passivo, questa si configura, sostanzialmente, come un giudizio di cognizione nel quale deve trovare applicazione, in tutta la sua centralità e decisività (in funzione della regola processuale dell’art. 115 c.p.c., comma 1), la norma dell’art. 2697 c.c., secondo la quale, come è noto, la parte che intenda far valere nel giucli7io un proprio diritto deve dar prova dei fatti che ne costituiscono il fondamento, ossia di tutte le condizioni positive della pretesa giuridica, in relazione agli elementi o ai requisiti o ai fatti costitutivi del diritto fatto valere; ii) il momento perfezionativo del negozio di mutuo, contratto reale ad efficacia obbligatoria, coincide, di regola, con la cd. traditio – con la consegna, cioè, del denaro, o di altra cosa fungibile, al mutuatario che ne acquista la proprietà -, ovvero con il conseguimento della disponibilità giuridica della res da parte di quest’ultimo, per effetto della creazione, da parte del mutuante, di un autonomo titolo di disponibilità, tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio della controparte, a prescindere da ogni successiva manifestazione di volontà del mutuante (r., ex alis, Cass. n. 25632 del 2017; Cass. n. 17194 del 2015; Cass. n. 14 del 2011); iii) in tema di contratto di mutuo, l’onere della prova dell’erogazione della somma data a mutuo è assolto dall’istituto di credito mutuante mediante la produzione in giudizio dell’atto pubblico notarile di erogazione e quietanza, spettando, in tal caso, al debitore che si opponga all’azione esecutiva del creditore dare la prova della restituzione della somma mutuata e degli accessori ovvero di altre cause estintive dell’obbligazione restitutoria (cfr. Cass. n. 28526 del 2019; Cass. n. 10507 del 2019; Cass. n. 9389 del 2016).

2.2. Fermo quanto precede, nella specie è ormai pacifico tra le parti che il titolo giuridico posto da UBI Banca s.p.a. a fondamento della sua richiesta di ammissione al passivo della (OMISSIS) s.r.l. di Euro 193.443,52 (di cui Euro 185.211,22 per capitale residuo ed Euro 8.232,30 per quota capitale scaduta ed insoluta), sia un prestito finanziario, contabilmente regolato in conto corrente (per il complessivo importo originario di Euro 330.000,00), la cui avvenuta, effettiva erogazione (documentata, in sede di opposizione, tramite la produzione dell’estratto conto scalare al 31.12.2008. Cfr. pag. 4 e 7 dell’odierno ricorso della curatela) non è più sostanzialmente controversa, ed il cui contratto è stato ritenuto munito di data certa, ex art. 2704 c.c., opponibile al Fallimento oggi ricorrente, dal decreto qui impugnato.

2.3. Questa Corte, poi, ha più volte affermato che, ove si versi in una situazione di inadempimento di un’obbligazione contrattuale, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero (come nella specie, quanto all’obbligo di restituzione derivante dall’accertata erogazione del prestito predetto) per l’adempimento – che hanno come elemento comune il mancato adempimento – deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza ma non l’inadempienza dell’obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della relativa circostanza, spettando, invece, al debitore convenuto l’onere di provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente allegare tale inesattezza (anche per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare, al contrario, l’esatto adempimento (cfr. Cass. n. 13685 del 2019; Cass. n. 25584 del 2018; Cass. n. 826 del 2015; in precedenza, Cass., SU, n. 13533 del 2001; Cass., SU, n. 577 del 2008, in motivazione; Cass. n. 13674 del 2006; Cass. n. 9351 del 2007; Cass. n. 15677 del 2009; Cass. n. 3373 del 2010; Cass. n. 15659 del 2011).

2.3.1. Risponde, dunque, al principio generale espresso dalla norma dell’art. 2697 c.c., che “il creditore, che agisce per il pagamento, ha l’onere di provare il titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacchè il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca” (r., per tutte, Cass., 9 novembre 2012, n. 19527 del 2012, richiamata, in motivazione, dalla più recente Cass. n. 7546 del 2018).

2.4. Alla stregua dei riportati principi, quindi, nella odierna vicenda, UBI Banca s.p.a., una volta dimostrata l’esistenza e l’opponibilità al fallimento del titolo giuridico posto a fondamento della sua richiesta di insinuazione, peraltro afferente una somma di danaro (Euro 193.443,52, invocati esclusivamente per capitale residuo e per quota capitale scaduta ed insoluta) inferiore rispetto al maggiore importo, indicato nel medesimo titolo, pacificamente erogato in prestito alla (OMISSIS) s.r.l. poi fallita, ed allegato l’inadempimento di quest’ultima in ordine alla corrispondente obbligazione restitutoria, nessun altra dimostrazione avrebbe dovuto fornire, spettando alla controparte la dimostrazione dell’insussistenza di tale inadempimento e/o dell’avvenuta estinzione, in tutto o in parte, di detta obbligazione (cfr. Cass. n. 10507 del 2019). In altri termini, allorquando venga insinuato al passivo un credito derivante da un prestito finanziario di cui sia incontroversa la dazione della corrispondente somma, è onere del debitore (nella specie la curatela fallimentare) dimostrare le ragioni per le quali l’ammontare del credito insinuato non corrisponda a quello effettivamente vantato.

2.4.1. Ad una siffatta conclusione, peraltro, non osta la circostanza che, nella specie, la mera regolamentazione contabile del prestito predetto fosse regolata in conto corrente (cfr. il tenore letterale, riportato in ricorso, dell’art. 2, comma 1, delle relative condizioni generali di contratto: “Il rimborso delle rate di ammortamento, delle spese e di quanto comunque dipendente o connesso con la presente operazione, sarà corrisposto, senza necessità di avviso da parte della Banca ed entro le rispettive scadenze, mediante addebito sul conto corrente di regolamento indicato a tergo della presente (conto corrente n. 299/4229. Ndr), valendo l’indicazione quale autorizzazione irrevocabile di addebito sul conto stesso sul quale il Cliente si impegna a precostituire la necessaria provvista…”), da tanto certamente non derivando l’inapplicabilità dei principi generali dettati, in tema di riparto dei rispettivi oneri probatori, allorquando, in una situazione di inadempimento di un’obbligazione contrattuale, il creditore agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero, come nella specie, l’adempimento.

2.4.2. Si rivelano, dunque, non pertinenti gli arresti giurisprudenziali oggi invocati dalla curatela ricorrente: i) il primo di essi, Cass. n. 6465 del 2001 (in senso praticamente conforme si vedano anche le più recenti Cass. n. 27201 del 2019, Cass. n. 15219 del 2019; Cass. n. 22208 del 2018 e Cass. n. 9365 del 2018), riguarda, infatti, una fattispecie – richiesta di insinuazione al passivo di importi costituenti saldi debitori di conti correnti – affatto diversa da quella di cui oggi si discute, i cui principi regolatori non possono, conseguentemente, estendersi a quest’ultima; ii) il secondo, Cass. n. 7955 del 1991, invece, applica regole, circa il riparto dell’onere probatorio in tema di inadempimento contrattuale, non più coerenti con il successivo e più recente orientamento giurisprudenziale di legittimità, di cui si è già dato conto, inaugurato da Cass., SU, n. 13533 del 2001 ed ormai ampiamente consolidatosi.

2.5. Il decreto impugnato si rivela, in definitiva, sostanzialmente in linea con i principi finora esposti, nè, diversamente da quanto oggi lamenta la curatela ricorrente, appare concretamente idonea a viziarlo la mancata specificazione, ivi, delle ragioni che hanno indotto il tribunale a quantificare, proprio nell’importo come domandato dalla Banca, l’entità del credito di quest’ultima da ammettersi al passivo: in ordine ad una siffatta doglianza, invero, la curatela suddetta non può che imputare a se stessa le conseguenze del mancato assolvimento, in quella sede, dell’onere, su di essa gravante in virtù di quanto si già precedentemente osservato, della dimostrazione delle ragioni per le quali l’ammontare del credito insinuato non corrispondesse a quello invocato.

3. Il terzo motivo, infine, deve evidentemente considerarsi assorbito.

4. Il ricorso va, allora, respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del fallimento ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. al pagamento, nei confronti di UBI Banca s.p.a., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Fallimento ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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