Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17402 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 20/08/2020), n.17402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20900-2018 proposto da:

CREDIFARMA SPA, in proprio nonchè nella propria qualità di

mandataria e procuratrice della società Crediarc SPV, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PAOLA FALCONIERI, 100, presso lo studio dell’avvocato

PAOLA FIECCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE

MACCIOTTA;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SAS di N.M., N.M. in

proprio, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA 20 SETTEMBRE, presso lo studio

dell’avvocato FEDERICA SANDULLI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 20736/2017 del TRIBUNALE di NAPOLI,

depositato il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO

CAMPESE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 12 giugno 2018, il Tribunale di Napoli respinse l’opposizione ex artt. 98-99 L. Fall. proposta dalla Credifarma s.p.a. avverso la mancata ammissione al passivo del fallimento “(OMISSIS) Dott. N.M. s.a.s.” (d’ora in avanti, più semplicemente, Fallimento) della somma di Euro 1.550.425,19, in chirografo, dalla prima invocata in forza di un finanziamento asseritamente effettuato in favore della società poi fallita. Ritenne, in particolare, che mancasse “un contratto avente data certa” e che, comunque, non vi fosse “prova della erogazione del finanziamento”.

2. Avverso questo decreto, Credifarma s.p.a. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, cui resiste, con controricorso il Fallimento. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate censure prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, nonchè dell’art. 115 c.p.c., comma 1, e art. 116 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, ascrivendosi al tribunale partenopeo di aver erroneamente valutato come carente di prova di un contratto munito di data certa opponibile al fallimento, nonchè dell’erogazione del relativo finanziamento, il credito di cui Credifarma s.p.a. aveva invocato l’insinuazione: data certa ed erogazione risultanti, invece, a suo dire, dall’esame della documentazione allegata;

II) “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti”. Muovendosi dal presupposto che la censura che investe la valutazione della prova può essere fatta valere ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., si afferma – per l’ipotesi in cui l’adita Corte ritenga non accoglibile il primo motivo perchè la valutazione della prova non potrebbe sollevarsi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – che il tribunale suddetto aveva totalmente omesso di esaminare le prove precostituite allegate dalla Credifarma s.p.a. a supporto sia dell’esistenza della data certa dei due contratti stipulati con la fallita, sia della erogazione del finanziamento.

2. I riportati motivi, esaminabili congiuntamente perchè evidentemente connessi, sono complessivamente inammissibili.

2.1. Giova premettere, invero, che questa Corte ha, ancora recentemente (cfr. Cass. n. 27686 del 2018), chiarito che: a) il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto, intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente (perchè, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro) ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua (pur corretta) interpretazione (cfr. Cass. n. 8782 del 2005); b) non integra invece violazione, nè falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poichè essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; c) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass., Sez. U., n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); d) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).

2.2. Va poi considerato che, per effetto della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis, risultando impugnato un decreto decisorio reso il 12 giugno 2018), oggetto del vizio di cui alla citata norma è oggi esclusivamente l’omesso esame circa un “atto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

2.2.1. Costituisce, poi, un “fatto”, agli effetti della menzionata norma, non una “questione” o un “punto”, ma: i) un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un “fitto” costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (Cass. n. 16655 del 2011; Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017); un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico Cass. n. 21152 del 2014; Cass., SU, n. 5745 del 2015); un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto (fr. Cass. n. 5133 del 2014); iv) una vicenda la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali (tfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014).

2.2.2. Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tra gli altri: i) le argomentazioni o deduzioni difensive Cass., SU, n. 16303 del 2018, in motivazione; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015); ii) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr Cass., SU, n. 8053 del 2014); iii) una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causà (cfr. Cass. n. 21439 del 2015).

2.2.3. Il “fatto” il cui esame sia stato omesso deve, inoltre, avere carattere “decisivo”, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Esso, cioè, deve apparire tale che, se preso in considerazione, avrebbe portato con certezza il giudice del merito ad una diversa ricostruzione della fattispecie (non bastando, invece, la prognosi che il fatto non esaminato avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione diversa: si vedano già Cass. n. 22979 del 2004; Cass. n. 3668 del 2013; la prognosi in termini di “certe.ua” della decisione diversa è richiesta, ad esempio, da Cass., SU, n. 3670 del 2015).

2.2.4. E’ utile rammentare, poi, che Cass., SU, n. 8053 del 2014, ha chiarito che “la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti”.

2.3. Va ricordato, infine, che, per costante giurisprudenza di legittimità, il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione impone al ricorrente di indicare tutte le circostanze e tutti gli elementi con incidenza causale sulla controversia, il cui controllo deve avvenire sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative.

2.3.1. In proposito, va ribadito l’orientamento di questa Corte secondo il quale “Il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, , il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte” Cass. n. 26174 del 2014). L’inosservanza anche di uno soltanto di questi oneri viola il precetto di specificità di cui alla citata disposizione e rende il (motivo di) ricorso conseguentemente inammissibile ex multis, Cass. n. 26174 del 2014; Cass. n. 14216 del 2013; Cass. n. 23536 del 2013).

2.4. Alla stregua dei principi tutti finora esposti, le doglianze in esame si rivelano inammissibili perchè si risolvono, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo, cui la ricorrente intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge o di vizio motivazionale, una diversa valutazione, totalmente obliterando, però, da un lato, che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – come si è già detto – non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie; dall’altro, il descritto perimetro operativo, ed i precisi oneri di allegazione oggi imposti dalla già descritta nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.4.1. In particolare, a fronte della duplice affermazione del tribunale partenopeo circa la mancanza (i) di un contratto avente data certa anteriore al Fallimento e (i) della prova dell’erogazione del finanziamento, Credifarma s.p.a., con le prospettate censure, investe, sostanzialmente, l’asseritamente erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa: ricognizione che, come si è già anticipato, si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge e si sottrae al sindacato della Corte di cassazione, altresì ricordandosi che è rimesso al giudice di merito l’apprezzamento dei fatti, ove allegati dalla parte, in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata deve ritenersi certa rispetto ai terzi, non contenendo l’art. 2704 c.c., un’elencazione tassativa di tali fatti (cfr. Cass. n. 6462 del 2018; Cass. n. 4104 del 2017).

2.4.2. Orbene, il tribunale partenopeo, con una motivazione che, malgrado la sua stringatezza, non integra comunque violazione dei principi dettati in tema di onere della prova e di prova presuntiva, oltre che priva di vizi logici, è giunto alla conclusione che, nella specie, il quadro istruttorio desumibile dalla documentazione prodotta in atti, valutato in ciascun elemento e nel suo complesso, fosse inidoneo a far ritenere raggiunta la prova, quanto al credito invocato da Credifarma s.p.a., dell’esistenza di un contratto avente data certa anteriore al Fallimento e della prova dell’erogazione del relativo finanziamento, ed il corrispondente accertamento integra una valutazione fattuale, a fronte del quale la ricorrente, con i motivi in esame, – peraltro entrambi caratterizzati anche da evidente carenza di autosufficienza laddove fanno riferimento ad atti e/o documenti, prodotti nel precedente grado di giudizio, di cui non è specificamente indicata l’ubicazione nella richiamata fase processuale, nè è riportato, almeno sinteticamente, il contenuto – tenta, sostanzialmente, di opporre alla ricostruzione dei fatti definitivamente sancita nella decisione impugnata una propria alternativa loro interpretazione, sebbene sotto la formale rubrica di vizio motivazionale o di violazione di legge, mirando ad ottenerne una rivisitazione (e differente ricostruzione), in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un ulteriore grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis, Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).

2.5. In altri termini, Credifarma s.p.a. incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c., può porsi, rispettivamente, solo allorchè parte ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione Cass. n. 27000 del 2016). Del resto, affinchè sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. 24434 del 2016). La valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione Cass. n. 11176 del 2017, in motivazione).

Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), peraltro, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti: il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati (fr. Cass. n. 11176 del 2017). In effetti, non è compito di questa Corte quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dal giudici di merito (cfr. Cass. n. 3267 del 2008).

3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, regolate dal principio di soccombenza, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 23535 del 2019 – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna Credifarma s.p.a. al pagamento, nei confronti del fallimento “(OMISSIS) Dott. N.M. s.a.s.”, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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