Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17402 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 13/07/2017, (ud. 18/05/2017, dep.13/07/2017),  n. 17402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27511-2013 proposto da:

R.B., (OMISSIS), R.G. (OMISSIS), G.I.

(OMISSIS), RA.GI. (OMISSIS), tutti nella qualità di eredi

di ra.gi., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA AURELIA

386, presso lo studio dell’avvocato SANDRO CAMPILONGO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERRE FRANCESCO;

– ricorrenti –

contro

D.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA N. 58, presso lo studio dell’avvocato MONICA MARCIANO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LOREDANA GROSSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 175/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 06/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/05/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato che i quattro eredi di r.g. hanno proposto ricorso per cassazione contro la sentenza 6.2.2013 della Corte d’Appello di Catanzaro con cui, in accoglimento del gravame proposto da D.G.A., è stata respinta la domanda di pagamento della somma di Lire 15.060.000 (per una fornitura di rivestimento di una scala interna, di pavimenti in granito rosa porrino e lucidatura degli stessi) avanzata nel 1997 dal r., quale titolare della omonima ditta nei confronti di D.G.A. ed accolta dal Tribunale di Paola sez. dist. Scalea;

visto il controricorso proposto dal D.G.;

letta la memoria dei ricorrenti;

ritenuta preliminarmente, l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del controricorso (sollevata in memoria) perchè i ricorrenti non considerano correttamente la previsione normativa, che fa decorrere il termine di venti giorni per la notifica del controricorso “dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso” (v. art. 369 c.p.c., comma 1) e non già dalla notifica del ricorso, come invece, erroneamente, si assume: di conseguenza, considerato che il ricorso, notificato il 12.12.2013, andava depositato entro i successivi venti giorni (entro il 2.1.2014, quindi), solo dalla scadenza di quest’ultimo termine andava calcolato il termine di venti giorni per la notifica, nel caso di specie, rispettato (essendo stata eseguita la notifica il 21.1.2014);

rilevato che i due gr motivi di ricorso, con cui si denunzia, rispettivamente, omesso esame di un fatto decisivo del giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 (per mancata considerazione delle risultanze testimoniali e documentali connotate dal requisito di decisività), e nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 111 Cost., comma 6 artt. 132, 115 e 116 c.p.c. (sull’obbligo di motivazione dei provvedimenti e sulla valutazione delle prove) si risolvono esclusivamente in una alternativa valutazione del materiale istruttorio e in una mera critica all’apparato motivazionale della sentenza (lo si desume dall’intera struttura dell’atto e in particolare dai chiari riferimenti a pagg. 18, 19 e 20 del ricorso);

considerato che l’art. 360 c.p.c., n. 5 nella nuova formulazione (applicabile ratione temporis alla sentenza impugnata, pubblicata nel 2013) non consente più di muovere critiche alla motivazione della sentenza, ma permette di censurarla solo “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

rilevato che – come chiarito di recente dalla sezioni unite – la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830);

considerato che nel caso in esame tale situazione estrema non si ravvisa affatto perchè – a parte la mancata indicazione, nel ricorso, del fatto decisivo asseritamente tralasciato, che comunque è rappresentato, si badi bene, non già dalle risultanze testimoniali e documentali preferite dai ricorrenti, ma dall’individuazione delle parti del contratto di appalto – la Corte d’Appello ha motivato confrontandosi con l’intero materiale istruttorio a sua disposizione preferendo attribuire valore all’elemento documentale piuttosto che a quello testimoniale e dando conto, adeguatamente, del proprio convincimento sulla tesi dell’inesistenza di un rapporto diretto tra il D.G. e il r.;

che pertanto il ricorso va respinto per manifesta infondatezza con addebito di spese alla parte soccombente;

considerato infine che il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è stato rigettato per cui sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.300,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in C. 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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