Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17400 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 17/06/2021), n.17400

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12253/2017 RG proposto da:

FONDAZIONE A., in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, con sede in (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata in

Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18 presso lo studio del Dott.

Gian Marco Grez, rappresentata e difesa dall’avv. Loriano Maccari;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI AREZZO, in persona del Sindaco pro tempore autorizzato a

stare in giudizio con Delib. di Giunta n. 243 del 2017, domiciliato

in Arezzo presso il palazzo comunale, rappresentato e difeso

dall’avv. Stefano Pasquini, pec: avv.stefanopasquini.pec.giuffre.it;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1960/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA depositata il 9 novembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 17 febbraio 2021 dal Consigliere Relatore Dott. Rita

Russo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – La Fondazione ha impugnato l’avviso di accertamento ICI 2008 invocando l’esenzione prevista dal D.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, deducendo che l’immobile è destinato ad attività didattica con accoglienza gratuita offerta ad alcuni alunni. Il ricorso e stato accolto in primo grado. Ha proposto appello il Comune deducendo che l’attività svolta nell’immobile non fa parte di quelle tassativamente previste dalla norma perchè si tratta di asilo nido e scuola materna, e comunque di prestazioni rese da soggetto terzo con finalità commerciali. La CTR ha accolto l’appello del Comune rilevando che non basta, ai fini della invocata esenzione, la sussistenza dell’elemento soggettivo, ma occorre anche l’elemento oggettivo e cioè che l’attività non abbia natura esclusivamente commerciale. Ha accertato in punto di fatto che l’asilo nido è stato dato in affitto dal 2007 ad una cooperativa che corrisponde un canone di Euro 12.000 annue e che nel fabbricato hanno sede anche un centro di socializzazione con disponibilità di 20 posti, di cui 13 convenzionati con il Comune di Arezzo e 7 disponibili per i privati, gestiti da una cooperativa sociale e una comunità alloggio per disabili gestita da un istituto privato di riabilitazione, e che la Fondazione ha percepito dai gestori una somma titolo di canone di affitto per l’utilizzo di immobile.

2. – Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Fondazione affidandosi a due motivi. Ha resistito il Comune con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria. Il processo è stato trattato alla udienza camerale del 17 febbraio 2021.

Diritto

RITENUTO

che:

3. – Con il primo motivo del ricorso la parte lamenta la violazione ed erronea applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.lgs. n. 504 del 1992, art. 7, nonchè del D.L. n. 223 del 2006, art. 39, e della L. n. 222 del 1985, art. 16, e del Reg. comunale ICI. Deduce che l’esenzione dall’imposta si applica agli immobili destinati allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive esercitate con modalità non commerciali. Il giudice d’appello ha errato a ritenere ostativa all’applicazione della predetta esenzione la concessione in affitto, posto che il contratto è stipulato con i soggetti indicati dall’art. 7, comma 1, lett. i), per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività ivi indicate. Rileva inoltre che i canoni sono previsti a far data all’anno 2009 e, nel caso di specie, si tratta del periodo d’imposta accertato all’anno 2008.

Con il secondo motivo si lamenta la violazione e l’omesso esame del regolamento comunale in tema di ICI, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Invoca la delib. del consiglio comunale n. 32 dell’anno 2008, secondo il quale l’esenzione si applica non solo agli immobili utilizzati dallo stesso soggetto possessore ma anche ai fabbricati concessi a terzi anche a titolo gratuito, purchè l’attività esercitata sia una delle attività istituzionali dello stesso soggetto possessore.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, dispone che sono esenti da imposta, tra l’altro, gli immobili di cui alla lett. i), e cioè “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, art. 87, comma 1, lett. c), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a)”. E’ quindi necessaria, per fruire della agevolazione in parola, la contemporanea sussistenza di un requisito soggettivo e di un requisito oggettivo.

La CTR ha accertato in punto di fatto: 1) che non c’è uso diretto da parte della Fondazione b) lo svolgimento di attività e servizi non a titolo gratuito o dietro pagamento meramente simbolico.

Ciò osta alla applicazione della esenzione in parola. Infatti, come questa Corte afferma con orientamento ormai consolidato, per quanto attiene al requisito soggettivo della esenzione, “in materia di ICI, l’esenzione di cui al D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell’immobile da parte dell’ente proprietario, ancorchè per finalità di pubblico interesse (Cass. n. 12495 del 2014; Cass. n. 14912 del 2016; Cass. n. 23821 del 2018; n. 8073 del 2019).

Inoltre questa Corte ha ulteriormente precisato, quanto al, requisito oggettivo, che l’esenzione prevista in favore degli enti non commerciali dal D.Lgs. n.504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa nazionale ove abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica, dovendo intendersi tale, secondo il diritto dell’Unione (decisione della Commissione, 19 dicembre 2012, n. 2013/284/UE), l’attività svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico”, non assumendo rilevanza la successiva destinazione degli utili al perseguimento di fini sociali o religiosi, che non fa venire meno il carattere commerciale dell’attività (Cass. n. 4066 del 2019; Cass. n. 7415 del 2019). A questi principi il giudice d’appello si è correttamente attenuto.

E’ infine irrilevante che il Regolamento comunale preveda deroghe non consentite dalla norma di legge statale, poichè trattandosi di una fonte normativa di grado inferiore, non può derogare a norma di rango superiore e, in caso, deve disapplicarsi.

Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 oltre Euro 200 per esborsi oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio da remoto, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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