Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17398 del 29/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 29/08/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 29/08/2016), n.17398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13648-2010 proposto da:

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI e ALESSANDRO RICCIO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

nonchè contro

S.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1675/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/05/2009, R.G. N. 1982/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. DORONZO ADRIANA;

udito l’Avvocato MAURO RICCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 14 maggio 2009, ha rigettato l’appello proposto dall’INPS contro la sentenza resa dal Tribunale di Roma che aveva riconosciuto il diritto di S.F. al ripristino del trattamento pensionistico erogatoli in quanto cieco, ritenendo che il disposto della L. n. 153 del 1969, art. 68, comma 1, abbia introdotto per i ciechi una deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con il reddito da lavoro dipendente.

2. Contro la sentenza, l’INPS propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi. Lo S. non svolge attività difensiva. L’INPS deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è costituito dalla violazione e falsa applicazione della L. 11 novembre 1983, n. 638, artt. 6 e 8, e della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, in relazione all’art. 12 Preleggi. Si ritiene che, sulla base del quadro normativo di riferimento, il disposto degli articoli indicati rubrica, che derogano in favore dei non vedenti al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito anche elevato, non è applicabile al ciechi titolari di pensione di invalidità civile prevista dalla L. 10 febbraio 1962, n. 66, e successive modifiche e integrazioni. La deroga riguarda la pensione di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, cioè di una pensione che presuppone comunque il versamento di una pur minima contribuzione versata dagli interessati, non anche la pensione di invalidità civile che è una prestazione esclusivamente assistenziale. Invoca la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte numero 3814 del 2005. Il motivo si conclude con un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis.

2. Il secondo motivo è invece fondato sulla violazione e falsa applicazione della L. 10 febbraio 1962, n. 66, art. 1, in relazione alla L. 27 maggio 1970, n. 382, art. 5 e al D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 14 septies, convertito in L. 29 febbraio 1980, n. 33, come interpretato dalla L. 8 ottobre 1984, n. 600. Assume l’erroneità della pronuncia nella parte in cui ha riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità già goduta dallo S. in quanto cieco civile assoluto, nonostante avesse superato i limiti di reddito previsti dalla L. n. 382 del 1970, come integrata dall’art. 14 septies cit., per il quale la pensione non reversibile di cui alla L. n. 66 del 1962 spetta ai ciechi civili sempre che il beneficiario non possegga redditi assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche in un ammontare superiore ai limiti previsti dalla stessa legge. Chiede che si dichiari che doveva applicarsi al caso di specie la disciplina di cui alla L. n. 66 del 1962, artt. 1 e ss., in relazione alle altre norme indicate rubrica, con conseguente sospensione della pensione non reversibile riconosciuta l’interessato in quanto cieco civile assoluto, titolare di un reddito lavorativo superiore alla normativa in vigore.

3. I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile (avente una funzione assistenziale, rientrante nell’ambito di cui all’art. 38 Cost., comma 1), introdotto dalla L. 10 febbraio 1962, n. 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all’indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dalla L. n. 382 del 1970, art. 5, nella non iscrizione nei ruoli per l’imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche di ammontare inferiore a un certo limite (D.L. n. 30 del 1974, art. 6, convertito dalla L. n. 114 del 1974, e poi del D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, convertito con modificazioni dalla L. n. 33 del 1980) (in tal senso, Cass. 5 agosto 2000, n. 10335; Cass n. Cass. Cass. 25 ottobre 2013, n. 24192).

4. In tale ultima pronuncia, in particolare, è stata statuita la cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, di conversione del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia la L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’INPS, sia il D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8, comma 1 bis, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi (avente natura previdenziale: il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all’invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi) che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione (aventi quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa), il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38 Cost., comma 2. Intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica (nello stesso senso cfr. Cass. 15 aprile 2014, n. 8752; Cass. ord. 11 novembre 2014, nn. 24003 – 24011; Cass. 10 aprile 2015, n. 7289, sicchè il principio può dirsi consolidato).

5. La fattispecie in esame rientra nelle ipotesi contemplate dalla normativa suindicata e pertanto, in conformità ai precedenti, trova ad esso applicazione il principio secondo cui “La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui alla L. 10 febbraio 1962, n. 66, art. 7, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38 Cost., comma 1, con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12, di conversione del D.L. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia la L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’INPS, sia il D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8, comma 1 bis, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38 Cost., comma 2, intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica” (in tal senso, oltre alle sentenze succitate, Cass., 28 settembre 2015, n. 19150).

6. Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda proposta dallo S.. Le alterne fasi del giudizio ed il recente stabilizzarsi dell’orientamento di legittimità consigliano la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dallo S. in primo grado. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2016

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