Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17398 del 27/06/2019

Cassazione civile sez. VI, 27/06/2019, (ud. 07/02/2019, dep. 27/06/2019), n.17398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28231-2017 proposto da:

COMUNE DI GAETA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 66, presso lo studio dell’avvocato

GIANCARLO CAPOZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA

PICCOLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2271/19/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

18/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 2271/19/2017, depositata il 18.4.2017 non notificata, la CTR del Lazio rigettava l’appello proposto dal Comune di Gaeta nei confronti del Ministero della Difesa avverso la sentenza della CTP di Latina che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente su controversia avente ad oggetto avvisi di accertamento ICI su uno stabilimento balneare su un’area di proprietà del Demanio Marittimo in uso al Ministero della Difesa, sul presupposto del diritto all’esenzione ICI in quanto l’utilizzo era diretto e per fini istituzionali.

Con il motivo di ricorso il ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La censura è infondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 7 aprile 2014, n. 8053), hanno chiarito che, ai fini della configurabilità del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 quale riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, l’omesso esame deve riferirsi a fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, tale cioè, ove esaminato, da determinare un esito diverso della controversia.

Le censure motivazionali non conferiscono al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda, bensì la sola facoltà di controllare – sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale – le argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui “spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (ex multis, Cass. n. 742/2015).

Di conseguenza, il preteso vizio di motivazione “può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione” (ex multis, Cass. n. 8718/2005). Inoltre, l’omissione o insufficienza della motivazione resta integrata solo a fronte di una totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero di una palese illogicità del tessuto argomentativo, ma non anche per eventuali divergenze valutative sul significato attribuito dal giudice agli elementi delibati, non essendo il giudizio per cassazione un terzo grado di merito (Cass. S.U. n. 24148/2013; Cass. n. 12779/2015 e n. 12799/2014).

Nella specie la CTR ha accertato “trattarsi di un’area d proprietà del Demanio Marittimo ed in uso al Ministero della difesa, adibita a stazione balneare per i propri dipendenti e tale utilizzo è da considerarsi a fini istituzionali in quanto assolve a funzioni di protezione sociale; tale requisito, attualmente è stato legittimato dal decreto ministeriale del 25.6.2015 il quale ha precisato che ai sensi del D.P.R. n. 616 de3l 1977, art. 59 e del D.Lgs. n. 12 del 1988, art. 104 e 105, le aree marittime in uso all’amministrazione militare ed adibite a funzioni di protezione sociale, individuate con specifico D.P.C.M. sono di preminente interesse nazionale ed esplicitamente esentate dall’imposta ICI”.

Il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Gaeta al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1400,00 (oltre Euro 200,00 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%, dichiarando ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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