Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17398 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3179/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

D.G.P., V.R., INTERFLORA FIORI DI PIETRO

DEL GAUDIO & C SAS;

– intimati –

avverso la sentenza n. 349/2004 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 07/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/06/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PAOLO GENTILI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 349 della Commissione Regionale della Campania dep. il 07/12/2004.

La CTR aveva confermato la sentenza della CTP di Napoli, che aveva accolto i separati ricorsi riuniti della Interflora Fiori di Pietro Del Gaudio & C. s.a.s. e dei soci D.G.P. e V. R. avverso l’avviso di accertamento per IRPEF e ILOR per l’anno 1996.

La CTR aveva ritenuto che il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento non potesse essere sanato dalla produzione successiva del P.V.C.(nel caso in esame solo in appello); per i soci affermava che gli stessi erano tenuti al pagamento in relazione al reddito che sarebbe stato accertato con sentenza passata in giudicato per la società in proporzione alle loro quote di partecipazione alla società.

I ricorrenti pongono a fondamento del ricorso la violazione di legge e vizio motivazionale.

I contribuenti non hanno resistito.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero, che non era parte nel giudizio di appello dal quale doveva intendersi tacitamente estromesso perchè iniziato dopo il 01/01/2001, e, pertanto, dopo l’entrata in funzione delle Agenzie delle Entrate (Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006).

Con il primo articolato motivo di ricorso, l’Agenzia deduce in primo luogo la nullità della sentenza per la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24 e art. 36 comma 1, n. 4 e dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTP prima e poi la CTR posto a base della decisione la questione della violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, introdotta solo con una memoria integrativa dei motivi di ricorso, laddove il ricorso era fondato su motivi di merito con riferimento alla percentuale di ricarico del 26% ritenuta eccessiva e, con riferimento ai soci,perchè la CTR aveva emesso una decisione immotivata ricalcante l’astratta previsione normativa, rispetto ad un ulteriore inesistente giudizio relativo alla società.

In ordine al primo profilo, il motivo è inammissibile in quanto la questione non è stata oggetto dei motivi d’appello, onde sul punto s’è formato il giudicato.

Per quanto concerne la pronunzia relativa ai soci, l’ufficio non rende manifesto l’interesse a ricorrere in ordine ad una pronuncia che riproduca “l’astratto paradigma normativo”, onde, sotto tale rispetto, si ravvisa l’inammissibilità del motivo.

Col secondo motivo l’Agenzia deduce vizio motivazionale in ordine al mancato accertamento della effettiva lesione, per la mancata consegna di un atto, del diritto di difesa del contribuente, atteso il tenore del ricorso introduttivo in cui s’erano espletate difese di merito.

Il motivo, oltre che per difetto di autosufficienza, è inammissibile per le ragioni sopraesposte in ordine al giudicato formatosi sulla questione.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Non si provvede sulle spese non essendosi il contribuente difeso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e rigetta il ricorso dell’Agenzia.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 23 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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