Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17398 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. II, 13/07/2017, (ud. 04/05/2017, dep.13/07/2017),  n. 17398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16495/2014 R.G. proposto da:

B.G., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Vieri Tolomei

(C.F.: (OMISSIS)) ed Angelo De Crescenzo (C.F.: (OMISSIS)), ed

elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma

alla Via Toscana n. 10, giusta procura speciale apposta in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

SMAX s.r.l.;

– intimata –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Venezia depositata in

data 17/04/2014 non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 4 maggio 2017

dal Consigliere Dott. Andrea Penta.

Letta la memoria depositata nell’interesse del ricorrente.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con atto di citazione notificato l’11 febbraio 2010 B.G. conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Padova, la Smax s.r.l. e P.G., al fine di ottenere la condanna di entrambi alla restituzione delle somme erogate in favore della società a titolo di finanziamento e del solo P. a pagargli il corrispettivo residuo non versato previsto nell’atto notarile del 6 maggio 2008 di cessione di quote societarie, di cui si assumeva la simulazione, nonchè a risarcirgli il danno subito a causa del depauperamento della società causato dalla sua condotta.

Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto delle domande attrici.

Il Tribunale di Padova, con sentenza n. 1661/2013, rigettava le domande dell’attore, ritenendo che si fosse, in realtà, al cospetto di versamenti “in conto capitale”, il cui rimborso doveva, ai sensi dell’art. 2467 c.c., comma 2, essere postergato al soddisfacimento dei creditori sociali.

B.G., con atto di citazione notificato il 20 dicembre 2013 alla sola Smax s.r.l., proponeva appello.

Si costituiva l’appellata, chiedendo che il gravame fosse dichiarato inammissibile o respinto.

La Corte di Appello di Venezia, con ordinanza del 17 aprile 2014, dichiarava l’appello inammissibile ex art. 348 bis c.p.c..

B.G. ha proposto ricorso per cassazione, articolandolo su due motivi, mentre la parte intimata non ha svolto difese.

In prossimità dell’udienza camerale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente contesta la violazione dell’art. 348 ter c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte territoriale dichiarato inammissibile l’appello senza sentire previamente le parti, come previsto, invece, dal codice di rito.

Inoltre, il B. lamenta che la corte territoriale non aveva neanche comunicato che l’udienza fissata per la discussione si sarebbe tenuta, altresì, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c..

1.1. Il motivo è inammissibile.

Con la sentenza 2 febbraio 2016 n. 1914 le Sezioni Unite hanno dichiarato, dirimendo il contrasto, ricorribile per cassazione l’ordinanza d’inammissibilità dell’appello ex art. 348 ter, a mezzo di ricorso straordinario ex art. 111 Cost., comma 7, peraltro limitatamente, in sostanza, ai vizi che non possono essere corretti mediante il ricorso ordinario avverso la sentenza di primo grado.

In particolare, risultano ricorribili ex art. 111, comma 7, i vizi propri dell’ordinanza che concernono violazioni della legge processuale, avendo le Sezioni Unite riconosciuto ciò necessario – pur in difetto di tutela costituzionale della concessione o meno di un secondo grado di merito – ai fini di tutelare la fruizione dell’istituto dell’appello, così che la stessa non venga a cadere in una discrezionalità assoluta delle corti territoriali. Pertanto, non tutti gli errores i procedendo attinenti all’ordinanza sono ricorribili, e il giudice nomofilattico illustra specificamente, nell’ampia e accurata motivazione del suo intervento, quelli che lo sono: sussiste ricorribilità, quindi, nei casi di pronuncia dell’ordinanza laddove la legge non la prevede (fattispecie ex art. 70 c.p.c., comma 1, pronuncia di primo grado all’esito di rito sommario, nonchè ipotesi in cui, in presenza di appello principale e incidentale, non tutti tali appelli siano inammissibili: ciò risalta dalla lettera degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c.), nell’ipotesi di pronuncia dell’ordinanza oltre la fase iniziale del processo dell’udienza ex art. 350 c.p.c., “ovvero senza aver sentito le parti”, nel caso di jus superveniens o di fatti sopravvenuti (come una sentenza del giudice delle leggi o fatti integranti vizi revocatori) che non consentano di qualificare “giusta” nel giudizio prognostico la sentenza di primo grado, nel caso di errori processuali riguardanti altro provvedimento nei limiti della loro compatibilità con il contenuto tipico dell’ordinanza.

1.2. Nella fattispecie in esame viene addotta, come unico motivo del ricorso avverso l’ordinanza, una delle fattispecie che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite appena sintetizzato, rendono ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, e cioè la pretesa pronuncia della ordinanza “senza aver sentito le parti”.

Dato atto che l’art. 348 ter c.p.c., stabilisce che venga dichiarata l’inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c., “all’udienza di cui all’art. 350…prima di procedere alla trattazione, sentite le parti”, il ricorrente ne desume che il giudice abbia l’obbligo di sentire le parti e di provocare il contraddittorio in merito alla ragionevole probabilità di accoglimento del gravame, in particolare convocando espressamente le parti (o, almeno, informarle) circa una eventuale discussione in sede di udienza in merito alla inammissibilità dell’appello proposto.

La riforma del 2012 – diretta ad introdurre nel sistema giustizia civile, in rispetto dei valori costituzionali, una semplificazione acceleratoria – ha inserito nella preesistente struttura dell’appello gli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., per aggiungere, a quelle di dichiarazione con sentenza di inammissibilità dell’appello per motivi di diritto e di improcedibilità dell’appello, una antecedente nella sequenza procedurale – fattispecie di dichiarazione “con ordinanza succintamente motivata” di inammissibilità di merito, fondata sull’accertamento negativo, evidentemente sommario (come lascia intendere anche l’apposita sottolineatura della concisione motivazionale che lo deve esternare, visto che già l’art. 134 c.p.c., comma 1, stabilisce che ogni ordinanza è “succintamente motivata”) di quella che definisce il legislatore “ragionevole probabilità di essere accolta” dell’impugnazione. Questa valutazione è collocata “all’udienza di cui all’art. 350” e, precisamente, “prima di procedere alla trattazione, sentite le parti”.

Da questa sintesi emerge anzitutto un dato pregnante:

la valutazione dell’ammissibilità dell’appello sotto il profilo prognostico del merito non è rimessa ad una scelta discrezionale di opportunità del giudice o ad un’istanza dell’appellato, bensì (art. 348 bis, comma 1) è oggetto di un vaglio dal quale il giudice comunque non può distogliersi, venendo a completare la parimenti obbligatoria verifica di rito sull’ammissibilità e sulla procedibilità. Non è, pertanto, qualificabile come un nuovo elemento frutto di un impulso di parte o di un’iniziativa ufficiosa, bensì è riconducibile alle obbligatorie verifiche da cui prende le mosse la concreta vicenda procedurale. Il rilievo che precede svuota in massima parte il nucleo argomentativo del ricorso, non potendosi, in relazione a una valutazione preliminare obbligatoria, prospettare alcunchè di imprevisto (cfr., in tal senso, Cassazione civile, sez. 3, 15/06/2016, n. 12293), e non emergendo dal dato normativo alcun obbligo del giudice di fissare un’apposita udienza filtro pre-camerale per la valutazione delle cause passibili di inammissibilità o di informare previamente le parti circa la possibilità di una declaratoria di inammissibilità.

A ben vedere, il motivo, così come prospettato, è inammissibile, in quanto non denuncia la mancata preventiva audizione delle parti, ma la omessa previa informazione delle stesse in ordine alla possibilità di definire il giudizio con un’ordinanza di inammissibilità per l’assenza di una ragionevole probabilità che il gravame venga accolto.

In ogni caso, in violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente ha omesso di trascrivere il verbale di prima udienza dinanzi alla corte veneziana, in tal guisa precludendo ogni valutazione in ordine all’avvenuta o meno audizione delle parti e, per esse, dei rispettivi difensori.

Le considerazioni che precedono assorbono i restanti profili concernenti l’omesso esplicito riferimento formale al predetto strumento straordinario di impugnazione e la denuncia di un error in procedendo, laddove, alla luce dell’intervento nomofilattico delle menzionate Sezioni Unite, l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c., è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale, purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 348 bis c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) e l’omessa valutazione dei presupposti per l’individuazione della “non ragionevole probabilità di accoglimento” dell’appello, in quanto la corte territoriale avrebbe espresso in maniera apodittica la sua valutazione concernente tale ragionevole probabilità, senza considerare la motivazione della decisione impugnata e le ragioni del gravame.

2.1. Per le ragioni esposte in precedenza (sufficienza, ai fini della giustificazione dell’iter logico della decisione, di una motivazione estremamente succinta e, quindi, di un richiamo per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado; tassatività dei casi nei quali è proponibile avverso l’ordinanza di inammissibilità il ricorso straordinario per cassazione), il ricorrente avrebbe, sul punto, dovuto impugnare la sentenza di primo grado.

D’altra parte, qualora risulti ricorribile per cassazione, l’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c., dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello, va impugnata con lo stesso ricorso proposto avverso la sentenza di primo grado e nei termini prescritti dall’art. 348-ter c.p.c., comma 3 (Cassazione civile, sez. 6, 12/12/2016, n. 25456). In particolare, ciò è necessario sia perchè è logicamente prioritario l’esame dell’impugnazione dell’ordinanza rispetto alla sentenza, sia perchè, applicando all’ordinanza il termine lungo dalla comunicazione ex art. 327 c.p.c., il decorso di distinti termini per impugnare i due provvedimenti comporterebbe il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, rendendo incomprensibile la ricorribilità avverso l’ordinanza (Sez. 6-3, Ordinanza n. 18827 del 23/09/2015).

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

In considerazione della mancata costituzione della parte intimata, va dichiarato il nulla sulle spese processuali.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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