Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17397 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/08/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 20/08/2020), n.17397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3882-2019 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V. LUIGI

PIRANDELLO 67/A PAL A, presso lo studio dell’avvocato SABRINA

BELMONTE, rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO FEDELI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5824/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

P.F., nigeriano, ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Milano che ne ha respinto il gravame relativo al disconoscimento della protezione internazionale;

il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,7 e 8, relativamente alla avvenuta esclusione dello status di rifugiato;

il motivo è inammissibile;

la corte d’appello ha difatti escluso che dalle dichiarazioni del richiedente potesse esser desunta una effettiva condizione di persecuzione fondata su motivazioni di tipo politico; in particolare ha messo in evidenza una serie di aspetti di non credibilità del racconto e l’incongruenza correlata al modesto rilievo dell’attività di affissione di manifesti e di bodyguard asseritamente svolta per il partito PDP;

la valutazione è coerentemente motivata e il ricorso ne implica una censura in fatto;

col secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3 e 14, a proposito del diniego di protezione sussidiaria, anche in relazione all’art. 4 della direttiva 2004/83-CE e dell’art. 13 della direttiva 2005/85-CE;

il motivo, limitato al profilo della protezione ex art. 14, lett. c), del D.Lgs. cit., è inammissibile per eguale ragione: la corte territoriale ha infatti motivatamente escluso, ancora una volta con valutazione in fatto istituzionalmente a riservata al giudice del merito, che nella zona di provenienza del ricorrente (Edo State) esistesse una situazione generalizzata di violenza derivante da conflitto armato;

col terzo motivo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e art. 5 del t.u. imm., per avere la corte d’appello erroneamente escluso la sussistenza di condizioni di vulnerabilità tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria;

anche il terzo motivo è inammissibile: la corte territoriale ha motivato il giudizio facendo specifico riferimento alla condizione personale del ricorrente e a quanto desumibile dalla documentazione prodotta, non indicativa di particolari esigenze qualificabili come umanitarie, nè di indici di stabile integrazione sul territorio nazionale; nuovamente si è dinanzi a una valutazione in punto fatto, non incisa da errori giuridici e come tale insindacabile in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

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