Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17393 del 26/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/08/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 26/08/2016), n.17393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12093/2015 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERTA’ 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PETILLO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

avverso la sentenza n. 7373/14/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO del 18/11/2014, depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA;

udito l’Avvocato Antonio Petillo difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

B.A. propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione o all’udienza camerale ex art. 380 bis c.p.c.), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 7373/14/2014, depositata in data 4/12/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’amministrazione finanziaria ad un’istanza di rimborso dell’IRPEF versata sulla pensione integrativa percepita dal Fondo di previdenza impiegati INPS – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame del contribuente, in quanto proposto, in data “10/03/2014”, oltre il termine semestrale, fissato dall’art. 327 c.p.c., come riformulato post Novella 1.69/2009 (trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 4/07/2009), che scadeva “il 16/00 2015”, in quanto la data di deposito della decisione di primo grado, non effettivamente indicata nella sentenza, risultava comunque dalla comunicazione, ad opera della segreteria della C.T.P., al contribuente, nella quale veniva riportato “oltre alla data di deposito della stessa (19 dicembre 2012) anche il dispositivo della sentenza stessa”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la C.T.R. ingiustamente dichiarato inammissibile l’appello, per decorso del termine semestrale di legge, errando nel fare riferimento, ai fini dell’individuazione del dies a qua di decorrenza del termine, quale data di deposito della sentenza di primo grado, al giorno “19 dicembre 2012”, che rappresentava la data dell’udienza nella quale la causa era stata trattenuta in decisione, mentre la data di deposito, mm indicata nella sentenza ma riportata nella comunicazione da parte della Segreteria della C.T.P., era quella del “26/11/2013”.

2. La censura è inammissibile.

Invero, la C.T.R. non è incorsa in alcuna violazione di norma di diritto, non meglio, peraltro, specificata nel ricorso.

Nella specie, a fronte della mancata indicazione della data sulla sentenza di primo grado, la C.T.R. ha preso in esame il biglietto di segreteria, contenente l’avviso di deposito, dalla quale risultava chiaramente come data di emissione della decisione il “19/12/2012” e come data di deposito della stessa “il 26111/2013” (all.to 2 atti ricorrente).

La C.T.R. ha invece affermato che, in detta comunicazione di cancelleria, era indicata quale “data di deposito” della sentenza, quella del “19 dicembre 2012”.

Il vizio denunciato involge dunque un errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, quello sulla data di deposito della sentenza impugnata di primo grado, individuata in un giorno diverso da quello risultante dalla comunicazione della Segreteria della C.T.P., allegata agli atti di causa, così da determinare l’inammissibilità dell’impugnazione per tardività.

Trattasi invero di un errore percettivo circa la esistenza di un fatto (la data del 19/12/2012, quale data di deposito della sentenza di primo grado e di decorrenza del termine di impugnazione, in luogo del giorno 26/11/2013), che, ove esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale.

La parte, la quale lamenti che il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile il gravame, sull’erroneo presupposto che il deposito della sentenza di primo grado fosse avvenuto in una determinata data, ha l’onere di impugnare la sentenza con la revocazione ordinaria e non col ricorso per cassazione, trattandosi, appunto, di una falsa percezione della realtà ovvero una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (vedi Cass. S.U. 15227/2009; Cass.28019/2009; Cass. 22557/2012).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato ammissibile il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà arto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2016

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