Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17393 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 4641/06 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in

Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato che a rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrente –

contro

UNAGRI Tabacchi Benevento – Associazione Produttori, in persona del

presidente e legale rappresentante p.t. Dott. C.

S., elettivamente domiciliato in Roma, via della Scrofa, n.

57, presso gli Avvocati Russo Corvace Giuseppe e Pizzonia Giuseppe,

che lo rappresentano e difendono per procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 184/50/04 della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositata il 13.12.2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 23 giugno 2010 dal relatore Cons. Dott. Giuseppe Vito Antonio

Magno;

Udito, per la ricorrente, l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili e, per

la controricorrente, l’Avvocato Giuseppe Russo Corvace;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Ceniccola Raffaele, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Dati del processo.

1.1.- L’agenzia delle entrate ricorre, con unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che, rigettando l’appello dell’ufficio contro la sentenza n. 146/4/01 della commissione tributaria provinciale di Benevento, conferma la pronunzia di accoglimento dei ricorsi riuniti proposti dall’Associazione dei produttori di tabacco di Benevento, UNAGRI Tabacchi, contro gli avvisi di accertamento dell’IRPEG e dell’ILOR relativi ai periodi d’imposta 1994/1995, 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998, recanti le rispettive somme, induttivamente stabilite, di Lire 92.631.000, 101.479.000, 91.270.000, 93.999.000, emessi dall’ufficio locale dell’agenzia delle entrate sul presupposto “che l’Associazione svolgesse una vera e propria attività commerciale, acquistando e rivendendo alle imprese incaricate della trasformazione il tabacco prodotto dai suoi associati”.

1.2.-. L’intimata contribuente resiste mediante controricorso.

2.- Motivo del ricorso.

2.1.- L’agenzia ricorrente censura la citata sentenza della commissione regionale per violazione e falsa applicazione “D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, nonchè dell’art. 2697 ss. e degli artt. 2727 e 2729 c.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7”; oltre che per insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione, assumendo che la commissione regionale, pur dando atto che l’UNAGRI “si era comportata come un vero e proprio ente commerciale, predisponendo il conto economico” e non aveva peraltro fornito “prove illuminate…

per testimoniare di essere al di sopra di ogni sospetto”, aveva tuttavia rigettato la pretesa erariale in base al principio, erroneamente mutuato dal diritto penale, che, nel dubbio, siano da accogliere i ricorsi della contribuente; così ignorando:

2.1.1.- che la prova del diritto ad un regime giuridico differenziato, quale associazione non profit, spetta al contribuente;

2.1.2.- che tale prova non potrebbe consistere nella mera esibizione dello statuto, in presenza di un comportamento pratico eventualmente difforme dalie relative previsioni;

2.1.3.- che l’UNAGRI non aveva fornito le prove atte “a dimostrare che i ricavi indicati in bilancio e transitati per il conto economico siano stati incassati per conto altrui e siano stati effettivamente riversati ai singoli soci, senza alcun profitto per la contribuente”;

2.1.4.- che, comunque, nella riscontrata “esigenza di acquisire ulteriore documentazione”, la controversia non poteva essere risolta con un verdetto “di non poter decidere per mancanza di prove”, ma il giudicante avrebbe dovuto utilizzare i poteri ufficiosi d’indagine prescritti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7.

3.- Decisione.

3.1.- Il ricorso è fondato, nei termini di ragione di seguito espressi, e deve essere accolto. Previa cassazione della sentenza impugnata, la causa deve quindi essere rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Campania, che rinnoverà il giudizio uniformandosi ai principi di diritto esposti al par.

4.1.4, e provvedere anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1.- La perplessa motivazione, al limite dell’incomprensibilità, della sentenza qui impugnata sembra interpretabile nel senso che, non avendo alcuna delle parti addotto prove sufficienti per risolvere la controversia a proprio vantaggio, debba applicarsi un principio di favore per il contribuente. Simile statuizione è erronea sotto diversi aspetti, puntualmente censurati.

4.1.1.- La commissione regionale ammette, innanzitutto, la sussistenza di elementi che potrebbero costituire indizi favorevoli alla tesi erariale.

Riconosce, infatti, che “la tenuta del bilancio di tipo economico a costi e ricavi, e qualora ci fossero, di rimanenze, anzichè confezionare il bilancio finanziario proprio degli enti non economici”, crea “difficoltà per i non addetti ai lavori” (ma, evidentemente, anche per se stessa) giacchè, non essendo stato depositato lo statuto dell’associazione, il comportamento della contribuente appare inspiegabile ed “ambiguo”, non essendo noti “i motivi del discostamento” dalla prassi ordinaria degli “enti non economici” (deve intendersi, delle associazioni non commerciali, non aventi fini di lucro).

L’ufficio, però, non avrebbe dimostrato “le trasgressioni alle norme statutarie”.

4.1.2.- A sua volta, la contribuente non avrebbe fornito “prove illuminate… per testimoniare di essere al di sopra di ogni sospetto”; anzi, non esisterebbe “in atti prova alcuna di quanto illustrato nelle resistenze” (ossia, la parte non avrebbe fornito alcuna prova contraria alla pretesa fiscale); ma tuttavia, secondo la commissione regionale, “rimanendo l’Associazione Tabacchi intimamente connessa con l’impresa agricola in un rapporto di complementarietà”, circostanza non contrastata con valide prove dall’ufficio, i ricorsi contro gli atti impositivi sarebbero da accogliere.

4.1.3.- Le affermazioni riassunte al par. 4.1.1 sono giuridicamente errate poichè, in materia di accertamento dei redditi, la pretesa dell’ufficio può essere utilmente fondata su elementi presuntivi (D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, 39 e 40) e, trattandosi nella specie di accertamento induttivo conseguente ad omessa dichiarazione, questi potrebbero anche essere privi dei caratteri, altrimenti richiesti, di gravità, precisione e concordanza, come disposto dal successivo art. 41. Cosicchè, in presenza di un indizio (tenuta di una contabilità propria delle società commerciali) che la stessa commissione regionale ritiene sussistente e tale da ingenerare ragionevoli dubbi sul carattere non profit dell’associazione, il giudicante a quo avrebbe dovuto procedere alla relativa disamina allo scopo di stabilire – con giudizio di fatto incensurabile in cassazione se congruamente e logicamente motivato – se tale elemento sia idoneo a fondare la pretesa contenuta negli atti impositivi impugnati.

A tal fine, il confronto fra norma statutaria e prassi commerciale dell’associazione potrebbe risultare superfluo, ai fini di un giudizio che necessariamente riguarda la prassi, nel senso che l’esercizio effettivo di attività economica, se accertato, comporterebbe comunque la soggezione al tributo (entro i limiti previsti per l’attività d’impresa agricola, se qualificabile come tale con giudizio di fatto che non compete al giudice di legittimità), a prescindere dall’eventuale previsione statutaria conforme.

Per la stessa ragione, nessuna rilevanza è attribuibile all’asserita mancata dimostrazione, da parte dell’ufficio, di eventuali “trasgressioni alle norme statutarie”.

4.1.4.- Qualora l’elemento indiziario sopra indicato (par. 4.1.3), da solo o in connessione con altri indizi emergenti dagli atti, sia ritenuto sufficiente a fondare la pretesa fiscale, questa dovrà essere accolta.

Secondo la sentenza impugnata, infatti, la contribuente non ha minimamente assolto l’onere – su di essa gravante sia perchè intende usufruire di un’agevolazione fiscale (Cass. n. 11576/2007) sia, comunque, per inversione dell’onere della prova ai sensi degli artt. 2697 e 2727 e ss., c.c. (Cass. nn. 3115/2006, 23480/2004, 19174/2003, 9099/2002) – di dimostrare “di essere al di sopra di ogni sospetto”, essendosi limitata a resistere formalmente in giudizio, senza “prova alcuna di quanto illustrato” negli atti difensivi.

Invero, nel giudizio tributario – e, in genere, nel processo civile – non opera il principio penalistico in dubio pro reo (previa equiparazione arbitraria del contribuente al rem), bensì quello che obbliga il giudice a decidere la causa iuxta alligata et probata, ed a dichiarare la soccombenza della parte (nella specie, la convenuta – appellata) che, essendo tenuta a fornire prova delle sue affermazioni, non vi abbia provveduto.

5.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Campania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – tributaria, il 23 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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