Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17389 del 26/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 26/08/2016), n.17389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29772/2015 proposto da:

ENTE AUTONOMO VOLTURNO SRL – SOCIO UNICO REGIONE CAMPANIA, in persona

del Presidente del Consiglio di Amministrazione, elettivamente

domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARCELLO D’APONTE giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., G.N., G.M., n.q. di eredi

di G.C., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA APUANIA 2,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE MUCCIO, rappresentate e

difese dall’avvocato CARLO ERESIARCO, giustas procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7653/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

30/10/2014, depositata il 17/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Carlo Eresiarco difensore delle controricorrenti che

si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Corte d’appello di Napoli ha rigettato il gravame svolto dalla Circumvesuviana s.r.l. avverso la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto all’attuale intimato il diritto al livello superiore e all’inquadramento e al parametro retributivo per i periodo pretesi, con somme da quantificarsi in separato giudizio.

3. Avverso tale sentenza ricorre EAV s.r.l. (incorporante la Circumvesuviana s.r.l.), con ricorso affidato a due motivi.

4. Gli eredi di G.C. hanno resistito con controricorso.

5. Il ricorso è qualificabile come inammissibile.

6. Il ricorrente, peraltro premettendo nell’incipit dell’illustrazione del primo motivo che “il giudice di 1^ grado è incorso in un evidente errore di interpretazione delle norme di legge applicabili alla fattispecie ed in una superficiale ed approssimativa valutazione delle circostanze di fatto in cui si è concretamente svolto il rapporto” (così nel ricorso), in realtà cerca di veicolare sotto forma di violazione di legge quello che invece – è l’esito di un apprezzamento in punto di fatto delle risultanze istruttorie.

7. Risulta equivoco (ed erroneo) il riferimento alla statuizione di primo grado, ma pur volendo ravvisarvi un mero errore materiale resta comunque insuperabile che per collocare la censura nel paradigma della violazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che attenga all’interpretazione ed applicazione delle norme giuridiche (Cass., Sez. Un., n. 28054 del 25 novembre 2008, Cass. n. 28663 del 27 dicembre 2013).

8. Si è affermato che essa postula la deduzione di un’errata ricognizione giuridica in seno ad un problema interpretativo della norma (c.d. sindacato in jure) e non anche una critica complessivamente calibrata sul valore (contestato o affermato come insufficiente) di elementi posti a base della decisione.

9. Tale vizio, atteso il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito, a questa Corte, di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (v., ex multis, Cass. n. 16038 del 26 giugno 2013; Cass. n. 3010 del 28 febbraio 2012).

10. Nel caso in esame, non si sollecita, invero, una diversa interpretazione della norma regolatrice richiamata, ma si patrocina un diverso risultato della ricostruzione fattuale che la Corte di appello ha operato in applicazione della stessa.

11. Per completezza, tenuto conto del motivo che denuncia insufficiente e contradittoria motivazione, va anche precisato che la sentenza impugnata è stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012 con la conseguenza che la norma cui occorre fare riferimento è quella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con L. n. 134 del 2012, che consente la censura soltanto per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

12 Invero, anche prima della novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, costituiva consolidato insegnamento che fosse sempre vietato invocare, in sede di legittimità, un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè non ha la Corte di cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, essendo la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito (tra le molte, v. Cass. 17 novembre 2005, n. 23286; Cass. 18 maggio 2006, n. 11670; Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197).

13. L’intervento di modifica del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte, ha comportato un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto.

14. Con esso si è invero avuta (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

15. In questo contesto, l’art. 360 c.p.c., n. 5 nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

16. Tanto comporta (cfr. Cass. Sez. Un., 19881/2014) che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; mentre in ogni caso, la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.

17. Ne consegue che la ricostruzione del fatto operata dai giudici del merito è ormai sindacabile in sede di legittimità soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili.

18. In definitiva, il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

19. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

20. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).

21. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da dichiararsi inammissibile, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese generali in misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2016

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