Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17389 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26051-2006 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA P.LE DELLE

BELLE ARTI 2, presso lo studio dell’avvocato SCALISE GAETANO ANTONIO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BASTA VINCENZO,

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente con atto di costituzione –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 53/2005 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 12/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso anzi

accoglimento per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 19-12-2000 era notificato a B.G., dall’Ufficio delle Imposte dirette di Gavirate, avviso di accertamento con cui era rettificato in aumento il reddito del contribuente a fini IRPEF per l’anno 1994.

In data 17-5-2001 il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, sostenendo la nullità dell’avviso per nullità della notifica e, nel merito, la infondatezza della pretesa fiscale.

La Commissione accoglieva il ricorso, per nullità della notificazione dell’avviso.

Proponeva appello l’Ufficio e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 53/25/05 in data 27-4-2005 depositata il 12-7-2005, accoglieva parzialmente il gravame dell’Ufficio, ritenendo sanata la nullità della notifica e determinava il reddito da riprendere a tassazione in L. 89.079.000.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente, con tre motivi.

La Agenzia delle Entrate non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il contribuente deduce la nullità della notifica dell’avviso, in quanto eseguita non al proprio domicilio fiscale, ma in diverso domicilio, a mani della moglie dichiaratasi convivente, in ipotesi di dichiarazione dei redditi congiunta ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 17.

In tal caso, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. c), stesso D.P.R. la notifica deve essere effettuata al marito nel suo domicilio fiscale, esclusa la ipotesi, non verificatasi nella fattispecie, della consegna dell’atto a mani proprie del destinatario.

Assume il ricorrente che tale nullità non poteva essere considerata sanata con la proposizione del ricorso in quanto la sanatoria non opera quando la Amministrazione sia nel frattempo decaduta dalla azione di accertamento. Sostiene infatti che il ricorso avverso l’avviso venne notificato all’Ufficio in data 6-6-2001, dopo il decorso del quinquennio previsto dalla legge a pena di decadenza per procedere all’accertamento in ordine all’anno di riferimento (1994).

Cita in proposito giurisprudenza di questa Corte.

Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 112 e 99 c.p.c., sostenendo che la Commissione di appello era incorsa nel vizio di ultrapetizione in quanto aveva riconosciuto come recuperabili a tassazione somme non comprese nell’avviso di accertamento e non collegate a deduzioni da parte dell’Ufficio.

Con il terzo motivo lamenta omessa od insufficiente motivazione della sentenza in quanto la Commissione aveva dichiarato valutabili a fine di ripresa fiscale i costi ritenuti indeducibili dall’Ufficio sul rilievo che il contribuente nulla aveva provato sulla inerenza dei medesimi, senza ulteriormente motivare, sicchè non si comprendeva come fosse giunta a determinare il reddito a fini IRPEF in L. 89.079.000. Il primo motivo non può trovare accoglimento.

Il contestato vizio di notifica determina non la inesistenza, ma la nullità della stessa, in quanto effettuata a soggetto comunque collegato al destinatario (v. Cass. n. 12381 del 2009) e pertanto rimane sanata, ex art. 156 c.p.c., dalla proposizione del ricorso avverso l’avviso notificato, avendo la notificazione raggiunto lo scopo prefisso. In tal caso, tuttavia, come rilevato dal ricorrente, la sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza previsto dalle singole leggi di imposta per l’esercizio del potere di accertamento.

Ciò perchè il meccanismo della sanatoria deve essere combinato con quello, indefettibile, della decadenza dall’esercizio del potere, per cui dall’esercizio del diritto di difesa mediante la proposizione del ricorso non può mai derivare una convalida ex tunc di un atto imperfetto, di per sè inidoneo ad evitare la decadenza.

Nel caso tuttavia di notificazione a termine di decadenza scaduto,ovvero, come nella specie, quando la sanatoria interviene successivamente alla scadenza del termine, ricorre la applicazione del principio secondo cui la decadenza del potere della Amministrazione non produce la inesistenza degli atti impositivi successivamente emanati, per cui anche in tal caso il contribuente ha l’onere di dedurre la decadenza come specifico vizio nel ricorso introduttivo innanzi alla Commissioni Tributarie, escludendosi un potere di declaratoria ex officio del giudice. Per converso, la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti della Amministrazione Finanziaria in quanto stabilita a favore di quest’ultima ed attinente a situazioni dalla stessa non disponibili, è rilevabile anche di ufficio. (Cass. SS.UU. n. 19854 del 2004;

Cass. n. 12453 del 2005; Cass. n. 1605 del 2008).

Applicando detti principi al caso di specie, 1) è indubbia la sussistenza di una ipotesi di nullità, e non di inesistenza della notificazione in quanto pervenuta a soggetto collegato con il destinatario previsto, 2) si è quindi verificata la sanatoria della nullità in forza della proposizione del ricorso da parte del contribuente fatte salve le decadenze nel frattempo verificatesi; 3) la eccezione di decadenza della Amministrazione dal potere di accertamento sollevata dal contribuente in relazione al decorso “medio tempore” del termine per procedere ad accertamento è tardiva e quindi inammissibile, con rilievo ex officio, non avendo il contribuente nè indicato nè provato di averla svolta nell’atto introduttivo e, in tal caso di averla reiterata in appello.

Ne consegue quindi che la sanatoria di cui sopra è valida ed efficace.

Il secondo motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza.

Si afferma che importi ritenuti da imputare a tassazione da parte della Commissione non sarebbero ricompresi nell’avviso di accertamento o nelle deduzioni dell’Ufficio, ma non si documenta in alcun modo nè per citazione nè per produzione degli atti rilevanti il fondamento della eccezione.

Il terzo motivo è infondato.

La Commissione ha sinteticamente ma chiaramente confermato la ripresa a tassazione dei costi ritenuti indeducibili dall’Ufficio in quanto il contribuente non aveva provato la inerenza dei tali costi.

L’assunto non è contestato per cui la doglianza si riferisce solo alla determinazione quantitativa di tali costi. In fatto l’ammontare dei costi recuperati a tassazione si evince per differenza tra il dato totale (L. 89.079.000) ed il dato parziale della somme ulteriori ritenute valutabili dalla Commissione a fini di tassazione (L. 37.350.000).

Trattandosi di dati noti alle parti ed acquisiti in causa la motivazione “per relationem” su una mera elencazione di cifre è sufficiente, e d’altro canto in tema di sostenuta carenza di motivazione è onere del ricorrente non limitarsi ad eccepire la genericità, ma esporre i dati oggettivi che comprovano la non rispondenza della decisione con gli atti e documenti di causa; onere non assolto dal contribuente.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nulla per le spese, non avendo l’Ufficio svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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