Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17387 del 26/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/08/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 26/08/2016), n.17387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26101/2015 proposto da:

P.V., RI.AL.PA srl in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, P.LE CLODIO 61, presso

lo studio dell’avvocato CATERINA MAFFEY, rappresentati e difesi

dagli avvocati NICOLETTA PESCATORE, FERDINANDO FRASCA, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA GRIPPA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA ROSSI, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60/2015 del TRIBUNALE di SONDRIO, depositata

il 06/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO. R.G.

26101/2015

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con ricorso per regolamento di competenza, P.V. e RI.AL.PA. s.r.l. hanno impugnato la sentenza del Tribunale di Sondrio, depositata il 6 ottobre 2015, nella sola parte in cui ha rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dagli odierni ricorrenti nel giudizio instaurato, nei loro confronti, dall’INAIL, che aveva agito in regresso per la condanna al pagamento della somma di Euro 1.060.768,03, oltre interessi, relativa alle prestazioni assicurative erogate a favore di C.N., a seguito dell’infortunio sul lavoro patito dalla lavoratrice in località (OMISSIS), dove prestava servizio presso l’Albergo (OMISSIS) gestito dal P., quale socio e legale rappresentante della RI.AL.PA.

2. La sentenza impugnata ha deciso anche il merito della controversia, condannando il P. e RI.AL.PA. s.r.l. al pagamento della somma, oltre interessi.

3. Con il ricorso per regolamento si contesta, per diversi profili, la violazione delle norme sulla competenza (art. 444 c.p.c., comma 3; artt. 18, 19 e 20 c.p.c.; art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 3; artt. 115 e 116 c.p.c.) e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

4. I ricorrenti chiedono affermarsi la competenza del Tribunale di Avellino, contestando l’argomentazione del Tribunale di Sondrio che ha ritenuto, con ordinanza in corso di causa, confermata dalla sentenza impugnata, che l’art. 444 c.p.c., comma 3, prevedendo, per le controversie relative agli obblighi dei datori di lavoro, il criterio di competenza territoriale relativo al luogo in cui ha sede l’ufficio dell’ente, si riferisca al luogo in cui si trova la sede territoriale che ha trattato la pratica dell’infortunio sul lavoro ed ha erogato la conseguente indennità.

5. I ricorrenti assumono che la citata disposizione del codice di rito si riferisce non già all’Ufficio che ha trattato la pratica o erogato la relativa indennità, sibbene all’Ufficio legittimato, in generale, a ricevere i contributi ed a pretenderne il pagamento, da individuare, in correlazione alla sede dell’impresa e, nel caso di specie, con l’Ufficio INAIL di Avellino, nel cui distretto di competenza ha sede la RI.AL.PA. s.r.l. e presso il quale la domanda della lavoratrice è stata rigettata.

6. Il Pubblico Ministero, richiesto di esprimere parere, ha concluso per il rigetto del ricorso, e tale conclusione è condivisa dal Collegio.

7. Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.

8. Questa Corte ha affermato (v., ex multis, Cass. 10702/2015) che, ai fini della determinazione della competenza territoriale nelle controversie concernenti gli obblighi contributivi del datore di lavoro, per ufficio dell’ente, ai sensi dell’art. 444 c.p.c., comma 3 (la cui questione di legittimità costituzionale è stata dichiarata infondata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 477 del 1991), deve intendersi quello (da individuare in correlazione alla sede dell’impresa o ad una sua dipendenza) che, in quanto investito del potere di gestione esterna, sia in generale legittimato, per legge o per statuto, a ricevere i contributi ed a pretenderne il pagamento o a restituirne l’eccedenza, rimanendo ininfluenti eventuali provvedimenti derogatori con cui si attribuiscano tutti o parte dei rapporti assicurativi e previdenziali ad uffici aventi competenza territoriale su ambiti non ricomprendenti la sede dell’impresa, ed essendo, altresì, priva di rilievo la previsione di centri operativi non dotati, in concreto, del potere di gestione esterna dei rapporti contributivi con i soggetti aventi sede nella corrispondente circoscrizione territoriale (così Cass. n. 23893/2004; Cass. n. 11266/1996; Cass. n. 23124/2010).

9. Giova precisare, con Cass. n. 23893 del 2004, il cui principio è stato ribadito dalla successiva giurisprudenza sopra richiamata, che la portata del predetto criterio di collegamento va rapportata alla natura della pretesa giudiziale – il pagamento dei contributi – sicchè la correlazione con la sede dell’impresa o di una sua dipendenza (affermata da Cass. 11266/1996 e riprodotta nelle decisioni successive), ha estrinsecato il parametro di collegamento spaziale sinteticamente, quanto implicitamente contenuto, come affermato sin dalle prime decisioni sul tema, nel mero riferimento “all’ufficio dell’ente”.

10. Si versa, dunque, nella richiamata giurisprudenza, in tema di obbligazione contributiva, cui è sotteso il rapporto, tra l’ente pubblico di previdenza e il datore di lavoro, in cui si scompone la fattispecie di assicurazione sociale (l’altro è il rapporto intercorrente fra lavoratore e l’ente pubblico, su cui v, diffusamente, Cass. 3491/2014).

11. Del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, attribuiscono all’INAIL per il rimborso del costo dell’infortunio un’azione diretta (di regresso) nei confronti dei responsabili civili dell’infortunio e la liquidazione dell’indennizzo al danneggiato (ovvero, in caso di rendita, la costituzione della stessa), costituisce il fatto certo e costitutivo del diritto sorto dal rapporto assicurativo, dovendosi ritenere che detta azione, con la quale l’Istituto fa valere in giudizio un proprio credito in rivalsa, sia assimilabile a quella di risarcimento danni promossa dall’infortunato, atteso che il diritto viene esercitato nei limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionale a sanzionare il datore di lavoro, consentendo, al contempo, di recuperare l’esborso economico corrisposto al danneggiato (v, in termini, Cass. S.U. n. 5160/2015 e Cass. n. 20853/2015).

12. Così sottolineato il nucleo dell’azione di regresso, la prospettazione dei fatti, con l’evidenza della posizione assicurativa non costituita in favore del lavoratrice gravemente infortunata, e l’ulteriore conseguenza, altrettanto evidente, della mancata denuncia d’infortunio da parte del datore di lavoro (con il diniego di qualsivoglia tutela antifortunistica, pur richiesta dalla lavoratrice, presso la sede INAIL corrispondente al luogo dell’esecuzione della prestazione lavorativa resa “in nero”), porta a valorizzare la sede provinciale dell’Istituto che ha “istruito la pratica”, ammettendo la lavoratrice alla tutela antinfortunistica e provvedendo, dunque, all’erogazione delle prestazioni economiche (del valore di Euro 1.060.768,03 stante la gravità dei postumi riportati) di cui l’ente pubblico delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro reclama, ora, il rimborso per la decurtazione patrimoniale subita per l’evento infortunistico protetto.

13. Del resto già la non recente giurisprudenza di legittimità, in particolare si veda Cass. n. 550/1987, nell’evidenziare la ratio della parziale diversità di trattamento, tra controversie previdenziali e controversie individuali di lavoro, quanto a competenza per territorio, nell’esigenza di far coincidere, nei limiti del possibile, la competenza territoriale con il luogo di residenza del lavoratore e di avvicinare la controversia, in fase giudiziale, all’ufficio nel quale è stata trattata la fase amministrativa, ha pure rimarcato che tale ratio trova completa attuazione soltanto nelle controversie previdenziali che, coinvolgendo il lavoratore assicurato, ne postulano la soddisfazione dell’interesse alla vicinanza del processo alla propria residenza e, ad un tempo, il prospettato coordinamento tra tale interesse e quello dell’istituto previdenziale alla “contiguità” tra sede amministrativa e sede giudiziaria di trattazione della controversia (cfr., Cass. 550/1987 eit.).

14. Ebbene, all’azione per l’esercizio del diritto di regresso non solo rimane estraneo il lavatore (del quale non vi è alcun interesse da tutelare) ma assume preminente rilievo l’interesse dell’Istituto alla contiguità tra sede amministrativa che ha gestito l’infortunio denunciato e provveduto all’erogazione patrimoniale e la sede giudiziaria di trattazione della controversia, onde non rileva in alcun modo la sede dell’ufficio dell’INAIL corrispondente alla sede dell’impresa, non essendo contemplata, dalla ratio della norma del codice di rito più volte richiamata, la tutela di un interesse datoriale alla contiguità tra sede di trattazione dell’azione di regresso e sede dell’istituto presso la quale il datore non si sia affatto adoperato per aprire una posizione assicurativa in favore della lavoratrice.

15. Priva di pregio è l’ulteriore censura volta ad illustrare, agli effetti del proposto regolamento, la qualificazione dell’azione intrapresa dall’INAIL nei confronti del P. come azione surrogatoria, ex art. 1916 c.c. e non già come azione di regresso, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, ex art. 11: al riguardo vale solo rammentare che, per consolidata giurisprudenza, l’azione esercitata dall’INAIL nei confronti delle persone civilmente responsabili, per la rivalsa delle prestazioni erogate all’infortunato è “esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all’attività lavorativa, giacchè essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro” (così, da ultimo, Cass. n. 10967/2015, che richiama plurimi precedenti conformi ai quali si rinvia).

16. In conclusione, non sono idonei a condurre a diversa conclusione i rilievi critici contenuti nella memoria di parte ricorrente e, per quanto detto, risulta sufficientemente predeterminato per legge il criterio di collegamento dell'”ufficio dell’ente” per l’individuazione del giudice territorialmente competente, nel pieno rispetto del principio della precostituzione del giudice e si appalesa, del pari, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, in memoria, dalle parti ricorrenti.

17. In definitiva il ricorso deve rigettarsi.

18. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

19. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

20. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione (e della natura impugnatoria del regolamento di competenza non può dubitarsi – cfr. Cass. n. 11331/2014), muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass. Sez. Un. n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario del quindici per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle parti ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2016

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