Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17383 del 30/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 17383 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 27465-2012 proposto da:
SICILCASSA
AMMINISTRATIVA

S.P.A.

IN

LIQUIDAZIONE

COATTA

C.E. 03989900828, in persona dei

Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
2014

difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

1957
contro
PINTALDI VITTORIO;

– intimato –

Data pubblicazione: 30/07/2014

avverso la sentenza n. 504/2012 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 30/03/2012 R.G.N. 1089/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2014 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito l’Avvocato BOER PAOLO per delega PESSI ROBERTO;

Udienza del 4 giugno 2014 — Aula A
n. 23 del ruolo — RG n. 27465/12
Presidente: Roselli – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 30 marzo 2012) ), in riforma della
sentenza del Tribunale di Palermo n. 1189/2008 del 4 marzo 2008, appellata da Vittorio Pintaldi,
ammette, in linea privilegiata, al passivo della liquidazione coatta amministrativa (d’ora in poi:
LAC) della SICILCASSA il credito vantato dal Pintaldi, dipendente dalla Cassa in pensione dal 3
gennaio 1994, a titolo di rideterminazione delle prestazioni del Fondo Integrativo Pensioni (d’ora in
poi: FIP) in applicazione dell’art. 5, lettera b); del regolamento del FIP in data 8 giugno 1992, per il
periodo 1 ottobre 1995-6 settembre 1997.
La Corte d’appello di Palermo, per quel che qui interessa, precisa che:
a) è fondata la censura con la quale l’appellante si duole dell’accoglimento, da parte del primo
giudice, dell’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata da SICILCASSA a norma dell’art.
2948, n. 4, cod. civ., sull’assunto secondo cui le prestazioni oggetto della pretesa del Pintaldi
avrebbero carattere periodico e quindi, esaurirebbero, anno per anno, il dovuto così rientrando
nell’ambito applicativo della suddetta disposizione;
b) tale assunto non è, infatti, condivisibile in quanto il ricorrente non ha chiesto l’insinuazione
di un credito nascente da una determinazione di integrazione del FIP da parte della SICILCASSA,
non pagato anno per anno, ma l’insinuazione tardiva di “un credito nascente dalla rideterminazione
del trattamento pensionistico a lui spettante in base al regolamento del Fondo Integrativo Pensioni
per i dipendenti SICILCASSA”;
c) pertanto, il ricorrente ha agito per conseguire l’attuazione di un “diritto avente ad oggetto
non una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione”, ma l’adempimento di un obbligo
contrattuale assunto dal datore di lavoro, per il quale trova applicazione la ordinaria prescrizione
decennale, nella specie sicuramente non decorsa all’epoca della notifica dell’atto introduttivo del
presente giudizio;
d) quanto al merito della pretesa, diversamente da quanto sostiene SICILCASSA gli arti. 9 e
ss. del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 non trovano applicazione in riferimento a forme di
previdenza integrativa basate su un sistema a ripartizione (nel senso che la misura della prestazione
erogata non è calcolata in rapporto con l’insieme dei contributi versati nel tempo dal singolo
lavoratore o per suo conto), non essendo nelle stesse configurabili posizioni individuali soggette a
capitalizzazione, come accade nel caso del HP in oggetto, alimentato da versamenti annuali a carico
della Banca e anche da un ulteriore versamento a carico degli iscritti in attività di servizio;
e) in ordine agli effetti della “disdetta” in data 1 luglio 1996 dell’accordo collettivo aziendale
istitutivo del FIP, operata da SICILCASSA in amministrazione controllata, va sottolineato che tale
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

:

disdetta non poteva certamente superare il limite invalicabile dei diritti quesiti dei lavoratori iscritti
al Fondo, cioè il loro diritto al trattamento pensionistico aziendale comprensivo di quello integrativo
già maturato;

‘2.
a/

d) pertanto la disdetta stessa e il successivo accordo sindacale del 30 settembre 1996 non
potevano incidere sul diritto all’erogazione del trattamento pensionistico previsto dall’art. 5 lettera
b) del regolamento del FIP, già maturato dal Pintaldi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I

Sintesi dei motivi di ricorso

1. Il ricorso è articolato in tre motivi.

1.1.— Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 2948, n. 4, cod. civ.
Si contesta l’erronea qualificazione della domanda operata dalla Corte d’appello, domanda
correttamente interpretata dal Tribunale come richiesta di adempimento dell’obbligo nascente dal
rapporto regolamentare.
Si sostiene che, con tale riqualificazione della causa petendi, la Corte palermitana sarebbe
incorsa in una violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, perché,
nell’atto introduttivo del giudizio, l’interessato aveva prospettato la causa petendi nei termini
correttamente individuati dal giudice di primo grado.
Si aggiunge che la corretta interpretazione della domanda come diretta ad ottenere
l’integrazione del trattamento pensionistico — così come ritenuto dal primo giudice con statuizione
non attinta da specifico motivo di appello — non può non portare alla pacifica applicazione della
prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ. Infatti, secondo la giurisprudenza di
legittimità la pensione integrativa di fonte aziendale — a prescindere dalla sua qualificabilità o meno
come retribuzione differita — resta comunque assoggettata al termine prescrizionale proprio della
retribuzione.
Si ricorda, infine, che, in una controversia analoga alla presente, Cass. 14 giugno 2012, n.
9771 ha cassato una sentenza della Corte d’appello di Palermo che, riformando la sentenza di primo
grado, aveva ritenuto applicabile alla fattispecie la prescrizione decennale.

1.2.— Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.,
l’omesso esame di un punto decisivo della controversia lamentando che la corte di merito abbia
omesso di affrontare la questione — riproposta con la comparsa di costituzione in grado di appello —
relativa alla sopravvenuta inapplicabilità della clausola oro contenuta nell’art. 5, lett. b) del
regolamento F.I.P. per effetto della scomparsa del “pari grado”. Mancherebbe uno dei due elementi
il cui raffronto consentiva l’adeguamento del trattamento pensionistico.

2

2.— Il ricorso di SICILCASSA s.p.a., in LAC, illustrato da memoria, domanda la cassazione
della sentenza per tre motivi; Vittorio Pintaldi non svolge attività difensiva.

1.3.— Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione
del d.lgs. n. 3 del 1992, artt. 9e 11 e del fatto che la clausola oro di cui all’art. 5 regolamento FIP,
originariamente legittima, per effetto delle norme innanzi richiamate era venuta meno.

2.- Secondo la giurisprudenza di questa Corte “dal rapportoi pensionistico di origine
contrattuale (quale quello avente ad oggetto il trattamento erogato dal fondo pensioni di un istituto
di credito) non scaturisce una singola complessiva obbligazione, avente ad oggetto una prestazione
unitaria da assolvere ratealmente, ma deriva una serie di obbligazioni a dadenza periodica, ciascuna
delle quali realizza l’intera prestazione dovuta in quel determinato periodo. Ne consegue che,
trattandosi di una prestazione da pagare periodicamente, la prescrizione applicabile è quella prevista
dall’art. 2948 cod. civ., n. 4, restando del tutto priva di rilievo, a tal fine, la natura retributiva o
previdenziale della prestazione medesima, con l’ulteriore conseguenza che l’applicabilità della
suddetta disposizione di legge impedisce di ravvisare il presupposto per l’applicazione analogica,
alle pensioni di fonte negoziale, del complesso di regole e principi operanti per le pensioni erogate
dall’I.N.P.S. e, in particolare, del principio, desumibile dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 129,
per cui si prescrivono in cinque anni soltanto le rate “liquidate” della pensione” (Cass. 7 gennaio
2002, n. 81; Cass. 28 maggio 2003, n. 8484; Cass. 29 dicembre 2004 n. 24127; Cass. 14 giugno
2012, n. 9771).
A tale principio consolidato si era uniformato il primo giudice del merito, correttamente
qualificando la domanda di ammissione al passivo proposta dal Pintaldi, il quale reclamava il
proprio credito maturato in virtù della clausola oro di cui all’art. 5 del regolamento FIP (come si
evince dall’esame della domanda, consentito a questa Corte dalla natura processuale del vizio
denunciato).
Invece, il Giudice di appello, pur in mancanza di specifica impugnazione sul punto, ha
qualificato la domanda quale richiesta di ammissione di un credito per danni, determinando una
vera mutatio.
Il potere-dovere del giudice di qualificare correttamente la domanda non consente di sostituire
la domanda proposta con una diversa, fondata su altra causa petendi, e dunque di introdurre nel
tema controverso nuovi elementi di fatto, particolarmente in grado di appello, in cui il giudice non
può esaminare una questione neppure tacitamente proposta, perché non in rapporto con quella
espressamente formulata, e di quella non costituente antecedente logico-giuridico (vedi, per tutte:
Cass. 12 aprile 2006, n. 8519 e Cass. 14 giugno 2012, n. 9771 cit.).
III — Conclusioni
3.- Da quel che si è detto deriva che il primo motivo di ricorso è fondato, con conseguente
assorbimento dei rimanenti motivi. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa nel merito può essere decisa nel merito,
rigettando la domanda di ammissione al passivo.

3

II — Esame delle censure

Le spese processuali dell’intero giudizio possono essere compensate, in considerazione della
natura delle questioni trattate e della diversa soluzione, rispettivamente, adottata dai giudici dei due
gradi di merito
P.Q.M.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 4 giugno 2014.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i rimanenti, Cassa la sentenza
impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da
Vittorio Pintaldi nell’atto introduttivo del giudizio. Compensa, tra le parti, le spese dell’intero
processo.

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