Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17381 del 23/07/2010
Cassazione civile sez. trib., 23/07/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 23/07/2010), n.17381
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. MARINELLI Vincenzo – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Comune di Cernusco sul Naviglio, di seguito “Comune”, in persona del
Sindaco in carica, signor C.D., rappresentato e
difeso dagli avv. Battagliela Massimiliano e Paolo Mereu, presso il
quale e’ elettivamente domiciliato in Via Giuseppe Gioacchino Belli
27, Roma;
– ricorrente –
contro
la Banca popolare di Milano, di seguito “Banca” o “B.P.M.”;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di
Milano 15 giugno 2005, n. 89/34/05, depositata il 1 settembre 2005;
udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 29
aprile 2010 dal Cons. Dott. Meloncelli Achille;
udito l’avv. Paolo Mereu per il Comune;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SEPE
Ennio Attilio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Gli atti di incoazione del giudizio di legittimita’.
Il 25 gennaio 2006 e’ notificato alla Banca un ricorso del Comune per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello della Banca contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Milano n. 45/11/2003, che aveva rigettato il ricorso della Banca contro il diniego di esenzione dalla Tarsu (tassa sui rifiuti solidi urbani) del 14 marzo 2002.
2. I fatti di causa.
I fatti di causa sono i seguenti:
a) la Banca, assumendo di provvedere in proprio allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e di non usufruire, quindi, del relativo servizio, chiede di essere esentata dal pagamento della Tarsu;
b) il 14 marzo 2002 il Comune nega l’esenzione richiesta;
c) il ricorso della Banca e’ rigettato dalla CTP di Milano;
d) l’appello della Banca e’, invece, accolto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.
3. La motivazione della sentenza impugnata.
La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, e’ cosi’ motivata:
a) premesso che la Tarsu e’ sinallagmaticamente collegata al costo di un servizio e che, nel caso di specie, la Banca non usufruisce del servizio di smaltimento dei propri rifiuti, al quale provvede in proprio per il tramite di societa’ autorizzata, sottraendosi cosi’ alla privativa comunale, si condivide, sia per i supporti forniti sia per le argomentazioni di sostegno, la tesi della Banca appellante che “distingue i formulari di identificazione rifiuto, … relativi ai rifiuti speciali assimilati avviati al recupero, che legittimano la richiesta di rimborso … nella misura del 90% dell’imposta iscritti a ruolo, misura corrispondente a quella della superficie produttrice degli stessi rifiuti, documentata con le planimetrie unite al ricorso introduttivo … dei formulari trasporto rifiuti .. relativi ai rifiuti sanitari che, con i rifiuti urbani, giustificano la debenza della restante imposta del 10% iscritta a ruolo”;
b) il Comune “oppone inutilmente la produzione in copia di foto dello stato del luogo e di ricevuta per ritiro cassonetto carta, perche’ non viene in tal modo intaccata, ma per contro apparentemente confermata la tesi dell’appellante … Infatti sono acquisite con la memoria 5 maggio 2005 la risposta in punto del rapporto con il soggetto che effettua l’attivita’ di recupero dei rifiuti stessi; una nota di richiamo al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, comma 14 ed al D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2 che inducono a concludere “… che lo stesso Comune afferma che fino a quando non verra’ introdotta la tariffa in sostituzione della attuale tassa vige la normativa del D.Lgs. n. 507 del 1992 …”. Da qui deriva un collegamento con l’art. 62, comma 3 di tale decreto dove si leggono i passaggi definitivamente chiarificatori,… che spiegano l’iter argomentativo posto a base dell’originario ricorso.
4. Il ricorso per cassazione del Comune, integrato con memoria, e’ sostenuto con sei motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con rifusione delle spese.
5. La Banca non si costituisce in giudizio.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
6. Il primo motivo d’impugnazione.
6.1.1. Il primo motivo e’ preannunciato dalla seguente rubrica:
“Difettosa e carente motivazione”.
6.1.2. Il Comune sostiene che le tesi e le argomentazioni della B.P.M., cosi’ come sono state formulate nell’atto d’appello, sono state apprezzate e condivise, dalla sentenza impugnata, con il solo e del tutto insufficiente richiamo alle pagine 4, 5, 6 e 7 del detto atto, senza il supporto di proprie dirette argomentazioni e di ulteriori considerazioni esplicative, il tutto in modo assolutamente generico e impreciso, privo della benche’ minima chiarezza e logica persuasiva, apporti del giudicante necessari onde consentire, alle parti in causa, di valutare e di rendersi conto in via diretta della ragioni di un simile, del tutto anomalo, appiattimento motivazionale, manifestato, oltre che sul piano concettuale, su quello strettamente materiale di una applicata corrispondenza piena e totale alla formulazioni della parte appellante, i cui diritti di difesa ne risulterebbero fortemente limitati.
6.2. Il motivo e’ inammissibile per genericita’. Infatti, come si desume chiaramente dal testo della motivazione della censura che s’e’ poc’anzi riprodotto, il Comune si avvale di formulazioni che, in quanto si prestano a denunciare astrattamente i vizi motivazionali di una indeterminata sentenza, sono inidonee a contestare specificamente i difetti motivazionali della sentenza che e’ oggetto dell’impugnazione prospettata con i ricorso in esame.
7. Il secondo motivo d’impugnazione.
7.1.1. Il secondo motivo d’impugnazione e’ collocato sotto la seguente rubrica: Erronea qualificazione giuridica della natura del rapporto intercorso.
7.1.2. Secondo il Comune sarebbe errata la concezione del rapporto Tarsu come rapporto sinallagmatico, con la conseguenza che, se, come nel caso controverso, il servizio non sia stato reso, la tassa non potrebbe essere pretesa. Infatti, il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 57, art. 62 nel prevedere che la pura e semplice detenzione, o disponibilita’, di area nel territorio comunale, quale vera e propria presunzione legale, – salvo per alcuni casi di esclusione, – imponeva, e impone il pagamento della tassa, che si usufruisca o meno del servizio, esclude in modo evidente la natura sinallagmatica del rapporto fra comune e utente, in quanto l’obbligo del pagamento solo a fronte della prestazione, in materia risulta esclusa normativamente”.
7.2. Il motivo e’ fondato. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, poiche’ la Tarsu, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1 che costituisce previsione di carattere generale, e’ dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni), sia le deroghe alla tassazione indicate nel comma 2 del medesimo art 62, sia le riduzioni delle superfici e tariffarie stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione, con l’ulteriore precisazione che le riduzioni di cui al citato art. 66 hanno effetto soltanto dall’anno successivo, come prescritto dal comma 5 della norma medesima (Corte di cassazione 13 agosto 2004, n. 15867). Il riconoscimento della sinallagmaticita’ al rapporto relativo alla Tarsu e’ stato negato dall’ordinanza delle Sezioni unite della Corte di cassazione 11 febbraio 2008, n. 3151, secondo la quale rientrano … nel sistema fiscale anche quelle entrate pubbliche che si possono con termine moderno denominare tasse di scopo che cioe’ mirano a fronteggiare una spesa di interesse generale ripartendone l’onere sulle categorie sociali che da questa spesa traggono vantaggio, o che comunque determinano l’esigenza per la “mano pubblica” di provvedere. Esempi in proposito sono costituiti dai contributi consortili, dalla Tassa per lo Smaltimento dei rifiuti solidi Urbani (ora Tariffa Igiene Ambientale)… Si tratta di un complesso di proventi non sempre esattamente inquadragli e definibili, i cui confini sono stati tracciati da queste Sezioni Unite (ordinanze n. 123 del 9 gennaio 2007 e n. 8956 del 16 aprile 2007) attraverso l’affermazione secondo cui deve essere riconosciuta natura tributaria a tutte quelle prestazioni che non trovino giustificazione o in una finalita’ punitiva perseguita dal soggetto pubblico, o in un rapporto sinallagmatico tra la prestazione stessa ed il beneficio che il singolo riceve.
8. Il terzo motivo d’impugnazione.
8.1.1. Il terzo motivo d’impugnazione e’ enunciato sotto la seguente rubrica: Omesso esame di fatto, circostanza o documento decisivo.
8.1.2. Il Comune sostiene che nel caso in esame i rifiuti prodotti dalla Societa’ sarebbero costituiti per la quasi totalita’ da documenti cartacei, qualificati come carta da macero, cosicche’, alla luce della disciplina vigente nel Comune, essi rientrerebbero fra quelli assimilati ai rifiuti urbani.
Inoltre, il vizio che si denunzia … non consiste soltanto nel non avere la sentenza applicato in modo corretto la normativa vigente, ma di non aver preso nemmeno in considerazione il Regolamento comunale, e di non averne neppure fatto il minimo cenno, non solo, eventualmente, in via anche solo negativa, per dichiarare l’inapplicabilita’ delle disposizioni in esso contenute, pur largamente richiamata nella difesa del comune, ma anche solo per dare atto della sua esistenza.
8.2. Il motivo e’ inammissibile per genericita’ e, comunque, e’ infondato per le assorbenti ragioni addotte per l’accoglimento del motivo precedente.
9. Il quarto motivo d’impugnazione.
9.1.1. Il quarto motivo d’impugnazione e’ posto sotto la seguente rubrica: Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, commi 1 e 2.
9.1.2. Secondo il Comune, la Tarsu sarebbe dovuta per la semplice detenzione di locali nel territorio comunale, a nulla rilevando che il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria non si avvalga del servizio, cosi’ che l’eventuale smaltimento, effettuato a cura e spese del contribuente, non determina l’esclusione dal pagamento della tassa rifiuti….
9.2. Il motivo e’ fondato per le stesse ragioni addotte per l’accoglimento del secondo motivo d’impugnazione.
10. Il quinto motivo d’impugnazione.
10.1.1 Il quinto motivo d’impugnazione e’ preannunciato dalla seguente rubrica: Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3.
10.1.2. Il Comune sostiene che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice d’appello, con il termine rifiuti speciali non vanno intesi solo quei rifiuti che sono sottratti in ogni caso al diritto di privativa del Comune, ma anche quelli provenienti unicamente da utenti e locali diversi dalle civili abitazioni, cosi’ che, se non sono pericolosi, possono essere assimilati dal Comune a quelli urbani. Tale principio equiparativo, per quanto attiene alla fattispecie in esame, e’ stato dal Comune … formalmente adottato con il piu’ volte richiamato art. 2 del Regolamento Comunale di cui alla Delib. consiliare 24 novembre 1996, n. 138 …. Ne deriverebbe che il loro smaltimento rientra ex lege nella privativa comunale, e che il fatto che la contribuente abbia dato incarico, con iniziativa diretta del tutto unilaterale, a impresa specializzata nel provvedere a tale incombenza, non la esonera dall’obbligo di corrispondere la relativa tassa, anche perche’, nel corso dei precedenti gradi di giudizio, l’Amministrazione ricorrente ha provato che la B.P.M.- intendeva utilizzare il servizio pubblico e che, almeno per una parte dei rifiuti prodotti, l’ha utilizzato.
10.2. Il motivo e’ fondato, perche’ secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di tassa per raccolta dei rifiuti solidi urbani (TARSU), fino al 1 gennaio 2003, data di entrata in vigore della L. n. 179 del 2002, art. 23, comma 1, lett. e, che ha modificato il il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 7 i comuni esercitano in regime di privativa la raccolta e la gestione dei rifiuti solidi urbani e di quelli assimilati e per la prestazione del relativo servizio grava sui cittadini l’obbligo del pagamento del tributo, indipendentemente dal fatto che essi utilizzino il servizio medesimo, perche’ ne abbiano la possibilita’. Ne consegue che, con riferimento ad annualita’ di imposta precedenti al 2003, non da diritto ad alcuna esenzione o riduzione del tributo la dichiarazione del contribuente di non volersi avvalere del servizio pubblico per lo smaltimento di rifiuti speciali, assimilabili a quelli urbani (Corte di cassazione 17 febbraio 2010, n. 3721).
11. Il sesto motivo d’impugnazione.
11.1.1. Il sesto motivo d’impugnazione e’ collocato sotto la seguente rubrica: Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 11 del 1997, art. 21, comma 7 e art. 49, comma 14.
11.1.2. Secondo il Comune, «nel caso in esame, contrariamente a quanto affermato dalla banca ricorrente e condiviso dal giudice di seconde cure, non risulta attivita’ di recupero ma di solo smaltimento, cosi’ che non puo’ essere accordata riduzione di sorta, in quanto il comma 14 del ricordato art. 49 del D.Lgs. n. 22 del 1997, subordina la riduzione del corrispettivo “alla quantita’ di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attivita’ di recupero dei rifiuti stessi.
11.2. Il motivo e’ assorbito dall’accoglimento del motivo precedente.
12. Conclusioni.
12.1. Le precedenti considerazioni comportano l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
Inoltre, poiche’ per la risoluzione della controversia non si richiede alcun altro accertamento di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c. con il rigetto del ricorso introduttivo della Societa’.
12.2. La natura del rapporto giuridico controverso, l’altalenante andamento del giudizio di merito ed i tempi di consolidamento della giurisprudenza di legittimita’ sui temi controversi fanno propendere per la compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della Societa’ e compensa tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 29 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010