Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17378 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. II, 17/06/2021, (ud. 10/11/2020, dep. 17/06/2021), n.17378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 4027/2015 (cui viene riunito il ric. 34422-2019)

proposto da:

G.S., già socio illimitatamente responsabile della

estinta Tecnofood s.a.s. di G.S. & C., rappresentato

e difeso dagli Avvocati AUGUSTO D’OTTAVI, e RENATO CODIGLIA, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in ROMA, VIA

del BANCO di SANTO SPIRITO 48;

– ricorrente –

contro

LAG s.p.a., già LANTERNA ALIMENTARI GENOVA s.p.a., in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli

Avvocati ENRICO SIBOLDI, e MARIA TERESA BARBANTINI, ed elettivamente

domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Via Caio Mario 7;

– controricorrente –

P.L., in proprio e quale legale rappresentante della

MILLENNIUM ENGINEERING s.r.l., rappresentato e difeso dall’Avvocato

ANTONIO BERTOLI, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio

in GENOVA, C.so ANDREA PODESTA’ 11/2;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2015 della CORTE d’APPELLO di GENOVA,

depositata l’8/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi l’Avv. RENATO CODIGLIA per il ricorrente, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso; e, per la controricorrente LAG, l’Avv.

LUDOVICA FRANZIN con delega che ha concluso per l’inammissibilità o

il rigetto del ricorso.

nonchè

sul ricorso n. 34422-2019 (che viene riunito al ric. 4027-2016)

proposto da:

G.S., già socio illimitatamente responsabile della

estinta Tecnofood s.a.s. di G.S. & C., nonchè

G.M. e GI.AF., entrambi già soci accomandanti della

estinta Tecnofood s.a.s. di G.S. & C., tutti

rappresentati e difesi dall’Avvocato RENATO CODIGLIA, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Augusto

D’Ottavi in ROMA, VIA del BANCO di SANTO SPIRITO 48

– ricorrente –

– contro –

VANDEMOORTELE Italia s.p.a. (già LAG. s.p.a.e già LANTERNA

ALIMENTARI GENOVA s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati LUDOVIACA FRANCIN,

GEROGIA BASCHERINI e ENRICO SIBOLDI, ed elettivamente domiciliata

presso lo studio del primo in Roma, Via Cosseria 5;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1544/2018 della CORTE d’APPELLO di GENOVA,

depositata il 12/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LUISA DE RENZIS, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi l’Avv. RENATO CODIGLIA per i ricorrenti, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso; e, per la controricorrente

Vandemoortele, l’Avv. LUDOVICA FRANZIN che ha concluso per

l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

(Ricorso n. 4027 del 2016).

1. – Nel dicembre del 2002, TECNOFOOD s.a.s. di G.S. & C., quale venditrice di un impianto industriale per la surgelazione, chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo per conseguire il saldo del prezzo di Euro 291.882.21 dovuto dall’acquirente LANTERNA ALIMENTARI GENOVA s.p.a.;

che faceva opposizione adducendo vizi e difetti, e chiedendo la riduzione del prezzo e il risarcimento dei danni (questo: il thema decidendum del giudizio RG. 3719/2003 del Tribunale di Genova).

La opposta Tecnofood otteneva di chiamare in causa coloro che avevano progettato e concorso nella fornitura dell’impianto, che resistevano; e frattanto, la Tecnofood proponeva a sua volta domanda risarcitoria avverso Lanterna, per le conseguenze pregiudizievoli legate all’inadempimento della acquirente, che non aveva più pagato il saldo del prezzo (questo: il giudizio RG 10440/2003 del Tribunale di Genova).

I due giudizi venivano riuniti.

Con sentenza n. 1718/2009, depositata in data 29.4.2009, il Tribunale di Genova (nella indicata causa promossa da LANTERNA ALIMENTARI GENOVA s.p.a. di opposizione a decreto ingiuntivo nei suoi confronti ottenuto da TECNOFOOD s.a.s. di G.S. & C., per l’importo di Euro 291.882,21, in relazione alla fornitura di impianto industriale di surgelazione per pizze e focacce, con chiamata in causa dei terzi MILLENNIUM ENGINEERING s.r.l., PECOM s.r.l., ADELCHI PETTENON, nonchè con intervento volontario di P.L., con riunione di altra causa promossa da Tecnofood contro Lanterna, avente la stessa causa petendi) rigettava la domanda attrice e (tra l’altro) in parziale accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto, dichiarava tenuta e condannava Lanterna Alimentari al pagamento in favore di Tecnofood della somma di cui alla fattura n. (OMISSIS), e condannava Tecnofood al pagamento in favore di Lanterna Alimentari della somma di Euro 55.699,22, oltre rivalutazione dal 14.10.2003 al saldo.

Non definitivamente pronunciando sulla domanda di risarcimento danni di Lanterna Alimentari nei confronti di Tecnofood, il Tribunale rimetteva la causa in istruttoria.

Avverso detta sentenza parziale proponeva, a sua volta, appello G.S., quale socio illimitatamente responsabile dell’estinta Tecnofood s.a.s.; si costituiva in giudizio Lanterna Alimentari Genova s.p.a., nonchè l’ing. P.L., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Millennium Engineering s.r.l..

Con sentenza n. 7/2015, depositata in data 8.1.2015, la Corte d’Appello di Genova rigettava l’appello proposto da G.S.; in accoglimento dell’appello incidentale proposto da L.A.G. s.p.a. (già Lanterna Alimentari Genova s.p.a.) dichiarava non dovuto l’importo di Euro 29.422,01, oltre IVA 20%, e quindi Euro 35.326,41, addebitato a titolo di spese di trasporto, di vitto e alloggio, sull’importo totale di Euro 57.617,36 di cui alla fattura n. (OMISSIS) e, pertanto, dichiarava tenuto e condannava il G. alla restituzione di detta somma, oltre interessi; respingeva l’appello incidentale proposto dal P., confermando nel resto la sentenza appellata.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione G.S. sulla base di 11 motivi. Resistono L.A.G. s.p.a. e Millennium Engineering s.r.l. con controricorso. Tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

(Ricorso n. 34422 del 2016).

2. – Al suddetto giudizio di opposizione (R.G. 3719/2003) era stato, come detto, riunito altro giudizio (R.G. 10440/2003) promosso da Tecnofood contro LAG, avente a oggetto la condanna della convenuta al risarcimento dei danni patiti a seguito del comportamento tenuto nel corso del contratto di fornitura dell’impianto di surgelazione, nonchè la rifusione di oneri bancari maturati e non conteggiati alla data del ricorso monitorio. In tale secondo giudizio si costituiva la LAG chiedendo la riunione con il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e, nel merito, il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, la riduzione del prezzo e il risarcimento dei danni.

G.S., in qualità di socio illimitatamente responsabile dell’estinta Tecnofood s.a.s., proponeva allora appello avverso la sentenza parziale; ma la Corte distrettuale, con sentenza n. 7/2015 depositata in data 8.1.2015 (già citata) respingeva l’appello principale accogliendo quello incidentale di LAG s.p.a. (la quale, pertanto, nel giudizio d’appello per il risarcimento dei danni dichiarava di non avere più interesse alla pronuncia sull’appello incidentale in tale sede proposto, avente il medesimo oggetto).

Con la sentenza definitiva n. 2358/2012, depositata in data 28.8.2012, il Tribunale di Genova, in accoglimento della domanda di risarcimento dei danni formulata da LAG, aveva condannato G.S., nella qualità, al pagamento in favore di LAG s.p.a. della somma di Euro 171.157,00, oltre accessori. La medesima decisione condannava altresì i soci accomandanti G.M. e Gi.Af. al pagamento della parte di Euro 171.157,00, oltre accessori, corrispondente alla rispettiva quota di partecipazione sociale, in solido con G.S. limitatamente alla somma di rispettiva pertinenza.

Avverso detta decisione proponevano appello G.S., G.M. e Gi.Af. chiedendo, in via preliminare, la dichiarazione di estinzione del giudizio per mancata riassunzione, dopo il fallimento di Pecom s.r.l., nei confronti di G.S. e, nel merito, il rigetto della domanda proposta da LAG, che si costituiva chiedendo di dichiararsi inammissibile e comunque rigettarsi il gravame e proponendo appello incidentale. All’udienza collegiale del 17.5.2018 il procuratore dell’appellante produceva copia dell’atto di fusione di LAG che acquisiva denominazione sociale dell’incorporata VANDEMOORTELE ITALIA s.p.a..

Con sentenza n. 1544/2018, depositata in data 12.10.2018, la Corte d’Appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello, disponeva che sull’importo che G.S. era condannato a pagare decorressero, a far data dalla decisione di primo grado, i soli interessi legali; dichiarava tenuti e condannava G.M. e Gi.Af., quali soci accomandanti di Tecnofood, in solido con G.S., al pagamento di detto importo, nei limiti di quanto percepito in sede di liquidazione; confermava nel resto la sentenza impugnata.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione G.S., G.M. e Gi.Af. sulla base di 14 motivi. Resiste Vandemoortele Italia s.p.a con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Va preliminarmente rilevato che i ricorsi per cassazione, ove proposti contro sentenze che, integrandosi reciprocamente, definiscono un unico giudizio (come, nella specie, la sentenza non definitiva e quella definitiva) vadano preliminarmente riuniti, trattandosi di un caso assimilabile a quello, previsto dall’art. 335 c.p.c., della proposizione di più impugnazioni contro una medesima sentenza (Cass. n. 9192 del 2017; conf. Cass. n. 17603 del 2019).

1.2. – In via pregiudiziale, nella memoria difensiva del ricorrente G.S., a sostegno della contestata carente tempestività della proposizione del ricorso in cassazione, da un lato, viene ribadito che le ricevute di accettazione e quelle di consegna delle PEC relative alla notifica del ricorso alla LAG s.p.a. (R.G. 4027 del 2016) nell’occasione si erano tutte generate entro l’8.2.2016 (prima delle ore 23,00), ultimo giorno utile per la proposizione del ricorso. E, dall’altro, va preso atto che nel frattempo la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-septies, convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, inserito del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45-bis, comma 2, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, “nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anzichè al momento di generazione della predetta ricevuta” (Corte Cost. n. 75 del 2019).

1.3. – Quanto poi, ancora, alla correttezza della notifica del ricorso (corredato di procura e notificato a mezzo posta elettronica certificata, in allegato al messaggio pec, in formato PDF), viene sottolineato come, nella specie, il ricorso con la procura predisposto in formato cartaceo (che apposta a margine o in calce, viene a costituire un corpus inscindibile con esso: Cass. n. 15509 del 2000; Cass. n. 4370 del 2003), sia stato scanzionato ottenendo così una copia digitale dello stesso corpus e notificato con la relata di notifica “nativa”, convertita in PDF, sottoscritta digitalmente, e contenente l’attestazione di conformità all’originale del ricorso notificato.

Conformemente a quanto statuito e richiesto dalla L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, con richiamo del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 undecies, appare pertanto perfettamente valida ed ammissibile la notifica del ricorso con tali modalità; vigendo d’altronde il consolidato principio secondo il quale, comunque, la costituzione in giudizio dell’intimato sana ogni ipotetico vizio del procedimento, là dove la conoscibilità dell’atto rappresenta l’unico parametro in base al quale valutare, in concreto, il raggiungimento dello scopo (cfr. Cass. n. 532 del 2020; Cass. n. 3805 del 2018; Cass. n. 13857 del 2014).

1.1.1. – Con il primo motivo (nel giudizio RG 4027/2016) i ricorrenti denunciano rispetto alle sentenze censurate la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 299,300,303,307,653 c.p.c.; art. 2909 c.c., in riferimento all’art. 156 c.p.c. e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

1.1.2. – Con il primo motivo (dell’altro giudizio riunito RG 34422/2010) i ricorrenti lamentano la “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 106,107 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 4, art. 269 c.p.c., comma 3 (all’epoca vigenti); art. 112 c.p.c.; artt. 24,111 Cost.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

1.1.3.3. – In considerazione della loro connessione logico giuridica e della specifica modalità di formulazione, i motivi vanno esaminati e deciso congiuntamente.

1.2.1. – Essi risultano fondati.

1.2.2. – Si lamenta, innanzitutto, il rigetto dell’eccezione di estinzione del processo di opposizione a Decreto Ingiuntivo n. 1718 del 2009 (sentenza parziale del 29.4.2009). E per fare ciò, come dedotto correttamente da parte ricorrente, va posto in rilievo che la Tecnofood s.a.s. era stata cancellata dal Registro delle Imprese il 9.3.2004; e che dopo l’interruzione del processo – dichiarata con ordinanza del 10.2.1004, per effetto del fallimento della chiamata in causa Pecom s.r.l. – la riassunzione era stata effettuata nei confronti della società Tecnofood e non nei confronti di G.S., quale socio accomandatario illimitatamente responsabile.

Viceversa, nessuna riassunzione era avvenuta tra i soci accomandanti; restando così esclusa sia la possibilità di rilievo d’ufficio dell’evento interruttivo, sia la rilevanza della dichiarazione dell’evento interruttivo ad opera di parte diversa da quella che lo ha subito (Cass. n. 17913 del 2009). Laddove, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese estingue anche la società di persone, sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti.

La prova contraria, idonea a superare l’effetto di pubblicità dichiarativa che l’iscrizione della cancellazione spiega per la società di persone, non può vertere sul fatto statico della pendenza di rapporti sociali non definiti, occorrendo la sussistenza del fattore dinamico della continuazione dell’operatività sociale dopo l’avvenuta cancellazione, la quale soltanto giustifica, ai sensi dell’art. 2191 c.c., la cancellazione della cancellazione, cui si coniuga la presunzione che la società non abbia mai cessato di esistere. Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese estingue anche la società di persone, sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti là dove il principio della c.d. stabilizzazione processuale del soggetto estinto è stato ribadito da Cass., sez. un., n. 15295 del 2014).

1.3. – Anche dopo la riassunzione del procedimento di primo grado, a seguito del fallimento di Pecom s.r.l., il procuratore di Tecnofood s.a.s. aveva dunque continuato a rappresentare in giudizio la società, senza dare atto della intervenuta cancellazione. E ciò, fino alla udienza del 20.4.2010, in cui il processo era stato dichiarato interrotto.

Peraltro, la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dalla L. Fall., art. 10); e qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 c.p.c. e segg., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c. (Cass. n. 20840 del 2018).

Va, quindi, posto in rilievo come che la suddetta sentenza riguardasse la notifica dell’impugnazione al procuratore della parte venuta a mancare prima della pubblicazione della sentenza: evento questo che l’art. 300 c.p.c., comma 4, indica privo di effetti sul processo, contrariamente a quanto affermato da questa Corte in tema di notifiche dirette a società cancellate con conseguente loro estinzione, per cui, la cancellazione dal Registro delle Imprese estingue anche la società di persone, sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti; il giudizio di impugnazione deve essere promosso da e contro i soggetti effettivamente legittimati (Cass., sez. un., n. 6070 del 2013).

1.4. – La morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite: a) che la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) che il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) che è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., da parte del notificante (Cass. n. 15295 del 2014; cfr. nello stesso senso, anche,Cass. n. 20964 del 2018).

1.4.1. – Non è dunque errato affermare che il provvedimento del 23.12.2005 di cancellazione dell’iscrizione della cancellazione della Tecnofood s.a.s., preso dal Giudice del Registro delle Imprese, non possa aver sortito alcun effetto rispetto alla vicenda estintiva maturatasi nel processo di primo grado e all’estinzione del processo per mancata riassunzione. Invero, i provvedimenti del Giudice del Registro delle Imprese hanno forma e natura di decreto e sono resi in un procedimento di volontaria giurisdizione, privo dei caratteri della decisorietà e definitività. Il provvedimento, se mai, poteva valere come revoca dell’iscrizione di cancellazione con effetti ex nunc. Ma (come detto) esso era intervenuto dopo che gli effetti della pubblicazione della cancellazione della società si erano ormai prodotti rispetto alla mancata corretta riassunzione del processo verso i soci della Tecnofood.

1.4.2. – Osservano, dunque, i ricorrenti che l’attività di impresa di Tecnofood s.a.s. era definitivamente cessata con lo scioglimento della compagine sociale, nel 2003, con un passivo di Euro 215.298,00 e senza mai più riprendere.

Il provvedimento del giudice del registro, peraltro, si poneva in irriducibile ed insanabile contrasto con i principi di questa Corte secondo cui la cancellazione determina l’immediata estinzione della società indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo o dalla esistenza di crediti insoddisfatti al momento della cancellazione (Cass., sez. un., nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010).

Peraltro, secondo l’assunto plausibile dei ricorrenti, il successivo provvedimento di cancellazione della cancellazione di Tecnofood dimostra che l’attività imprenditoriale di questa fosse cessata fin dall’anno 2003 con chiusura dello stabilimento nello stesso anno. Estintasi, dunque, Tecnofood durante la pendenza del termine per la riassunzione del processo a seguito del fallimento di Pecom srl, detta riassunzione veniva operata nei confronti dei soggetti già soci della società.

1.4.3. – Ove, dunque, il processo, interrotto venga riassunto con atto notificato al domicilio eletto anzichè a quello effettivo del de cuius, la notifica deve ritenersi affetta da inesistenza e non da nullità e, in quanto tale, non è suscettibile di sanatoria, perchè compiuta in un luogo e ad una persona (il procuratore domiciliatario) che non ha alcun rapporto con gli eredi della persona da lui difesa, i quali, a loro volta, ben potrebbero non essere a conoscenza della pendenza di un giudizio nel quale il defunto era rappresentato dal difensore destinatario della notifica (Cass. n. 21244 del 2009).

Per contro, nessuno dei controricorrenti – dopo l’interruzione del processo dichiarata con ordinanza del Tribunale il 10.02.2004 (fallimento Pecom s.r.l.) – risulta avere mai riassunto il processo entro il termine del 14.10.2004 assegnato dal giudice (ex art. 303 c.p.c.) nei confronti di G.S., personalmente, con ricorso a lui diretto e notificato quale socio illimitatamente responsabile della già società di persone Tecnofood s.a.s., estintasi per cancellazione iscritta sul registro delle imprese il 9.03.2004; nè che tale riassunzione fosse mai stata eseguita (o quantomeno tentata) nei confronti dei soci accomandanti Gi.Af. e G.M..

1.4.3.1. – Questa Corte ha più volte affermato che la possibilità di una ripresa tardiva del processo notificatorio presuppone la non imputabilità al notificante dell’esito negativo della prima notifica tempestiva (v. Cass. sez. un. 20700 del 2018 quale “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo nofificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli alti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa”; conf. Cas. sez. un., n. 14594 del 2016; Cass. n. 2195 del 2019).

Diverso è il caso in cui lo stesso ufficiale giudiziario, nel corso della prima tentata notifica di un atto di impugnazione, apprenda il nuovo indirizzo del difensore domiciliatario, sempre che l’avvenuto trasferimento di quest’ultimo non fosse conoscibile da parte del notificante (Cass. n. 19986 del 2011, che ha perciò escluso la tardività della notifica del ricorso per cassazione). Del resto, le sezioni unite di questa Corte hanno qualificato come inesistente la notificazione meramente tentata (come, nel caso di specie, quella del 22 maggio 2018), ritenendo che gli elementi costitutivi essenziali della fase di consegna -“intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi., “ex lege”, eseguita)” – non ricorrono nei “casi in cui Patto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa” (Cass. n. 14916 del 2016; conf. Cass. n. 3816 del 2018).

Pertanto, il processo a cognzione piena di primo grado, introdotto con la opposizione a decreto ingiutivo, andava dichiarato estinto per mancata riassunzione (nepure tentata) verso le “giuste parti” ben prima che con l’ordinanza 16.04/29.04.2009 il Tribunale di Genova rimettesse la causa in istruttoria per l’accertamento dell’an et quantum debeatur circa i danni chiesti in riconvenzione da Lanterna Alimentari Genova s.p.a., da cui le successive sentenze sino al presente giudizio di legittimità.

1.4.4. – Orbene, la sentenza impugnata (Corte d’Appello di Genova, n. 1544 del 2018) nell’affermare che ogni effetto della cancellazione dovesse ritenersi venuto meno, per effetto della “cancellazione della cancellazione” della Tecnofood s.a.s. nel registro delle imprese, ha dato apodittico e non provato rilievo al decreto del giudice delegato del registro delle imprese, senza accertare se, effettivamente, l’attività tipica di impresa di Tecnofood fosse in concreto cessata, o piuttosto fosse continuata dopo la cancellazione della società; e senza considerare che il decreto di cancellazione si reggeva su presupposti in stridente ed irriducibile contrasto con il principio sancito da questa Corte, secondo cui la cancellazione determina la immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo o dalla esistenza di crediti insoddisfatti al momento della cancellazione (Cass., sez. un., nn. 4062, 4061, 4060 del 2010 cit.; Cass. n. 17544 del 2003).

Tale pricipio, peraltro, vale anche per le società di persone (Cass. sez., un., n. 4062 del 2010; Cass. n. 24037 del 2009); nonchè per le cancellazioni avvenute anteriormente al 1.01.2004 (Cass. n. 22548 del 2010; Cass. n. 29242 del 2008; Cass. n. 25192 del 2008; Cass. n. 18618 del 2006). Rispetto alle quali, anche il giudice di appello si era soffermato sulla sola avvenuta pubblicazione del 6.2.2006 (con data effetto 23.12.2005) del decreto del giudice delegato, che disponeva la cancellazione d’ufficio, ai sensi dell’art. 2191 c.c..

1.4.5. – Va quindi rilevato che il processo a cognizione piena di primo grado, introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo de qua, correttamente andava dichiarato estinto per la mancata riassunzione verso le “giuste parti”.

Nella specie, infatti, non si riscontra alcuno dei contraddittori il quale, dopo l’interruzione del processo, dichiarata con ordinanza del 10.2.2004 (a seguito del fallimento Pecom s.r.l.) aveva riassunto il processo nei confronti del G.S., personalmente, con ricorso a lui diretto e notificato, nella sua qualità di socio illimitatamente responsabile della società di persone Tecnofood s.a.s., estinta con la cancellazione iscritta nel registro delle imprese il 9.03.2004.

La cancellazione della società dal registro delle imprese, determinandone l’estinzione, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio; pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, e l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti di questi (Cass. n. 6468 del 2014; Cass. n. 7277 del 2013).

1.4.6. – Durante la pendenza del termine per la riassunzione del processo a seguito del fallimento di Pecom s.r.l. – parte del giudizio in primo grado – la società Tecnofood si era definitivamente estinta; sicchè la riassunzione avrebbe dovuto operare verso coloro che erano stati già soci. Viceversa, nella specie, non risulta che nessuno dei contraddittori, dopo l’interruzione del processo (si ripete: dichiarata con ordinanza del 10.02.2004) avesse mai riassunto il processo nei confronti dello G.S., personalmente, con ricorso a lui diretto e notificato, quale socio illimitatamente responsabile anche della società di persone Tecnofood s.a.s., estintasi con la cancellazione iscritta sul registro delle imprese in data 09.03.2004; nè che riassunzione alcuna fosse mai stata eseguita entro il successivo termine del 14.10.2004, assegnato (ex art. 303 c.p.c.) personalmente verso i soci accomandanti Gi.Af. e G.M.; mentre l’inesistenza della notificazione non era neppure sucettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 291 c.p.c., diversamente dalla ipotesi di nullità dell’atto (cfr. Cass. n. 21244 del 2009).

Va dunque rilevato come, sul versante processuale, la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dalla L. Fall., art. 10); pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 c.p.c. e segg., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.; qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe stato più possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena di inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso (Cass. n. 19580 del 2017; Cass. n. 13183 del 2017;conf. Cass. n. 51 del 2021; Cass. n. 42407 del 2017; Cass. n. 51 del 2021; Cass. n. 13183 del 2017).

2. – Si riportano i motivi di impugnazione del ricorrente G.S., riferiti alle due sentenze (e identici, fino all’undicesimo).

2.2.1. – Secondo motivo “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c. (danno emergente), artt. 2697,2726 c.c.; artt. 115,244 c.p.c. e dei principi che presiedono alla formazione e proposizione della prova – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”.

2.3.1. – Terzo motivo “Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 5” totale mancanza di documenti contabili in atti, la mancanza di nesso causale, l’irrisarcibilità del danno.

2.4.1. – Quarto motivo “Violazione o falsa applicazione degli artt. 1223 e 1494 c.c., sotto il profilo del nesso causale, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

2.5.1. – Quinto motivo “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost.; artt. 115,244,253,210 e 345 c.p.c., con riferimento all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

2.6.1. – Sesto motivo “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 253 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

2.7.1. – Settimo motivo “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.

2.8.1. – Ottavo motivo “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 257 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e del diritto di difesa”.

2.9.1. – Nono motivo “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4: omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

2.10.1. – Decimo motivo “Violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, avuto riguardo agli artt. 1490-1494 c.c.; omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

2.11.1. – Undicesimo motivo “Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

2.12.1. – Dodicesimo motivo “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1494 c.c.; omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.”.

2.13.1. – Tredicesimo motivo “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, quanto ai soci di Tecnofood, già accomandanti”.

2.14.1. Quattordicesimo motivo “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91-92 c.p.c., in punto di regolamentazione delle spese, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

3. – In conclusione, previa riunione alla causa RG. 4027/2016 della causa RG. 34422/2019, va ordinata la integrazione del contraddittorio nei confronti dei ricorrenti G.S. e M. e Gi.Af., presenti in primo grado in qualità di litisconsorti necessari; ciò in quanto il giudice di legittimità non dovrà dichiarare l’inammissibilità dell’appello ed il conseguente passaggio in giudicato della pronuncia di primo grado, bensì rimettere, ai sensi del combinato disposto degli artt. 331 e 383 c.p.c., rilevata la nullità del procedimento di secondo grado (e della sentenza conclusiva), le parti dinanzi al giudice d’appello un nuovo esame della controversia, previa integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti pretermesse).

PQM

La Corte accoglie il primo di ciascuno dei due primi motivi; assorbe i restanti; cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, altra composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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