Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17376 del 18/08/2011

Cassazione civile sez. III, 18/08/2011, (ud. 28/06/2011, dep. 18/08/2011), n.17376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17702/2009 proposto da:

G.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 21, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO

VITALI, rappresentato e difeso dall’avvocato FERNANDES Claudio giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A. (OMISSIS), I.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 10, presso lo

studio dell’avvocato CALDORO MARIA FRANCESCA, rappresentati e difesi

dall’avvocato GARGIULO Alessandro giusta delega a margine del

controricorso;

CONDOMINIO (OMISSIS) in

persona del legale rappresentante p.t. Dott.ssa E.

C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BARBERINI,12,

presso lo STUDIO VISENTINI, rappresentato e difeso dall’avvocato

CARSANA DANIELE giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

WAITING LOUNGE DI RASPAOLO LUISA SAS IN LIQUIDAZIONE, FALLIMENTO DI

MARO COSTRUZIONI GENERALI DI DI MARO LUIGI SAS;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1146/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Quarta Civile, emessa il 9/2/2009, depositata il 01/04/2009,

R.G.N. 3641/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.A. e I.A. convenivano in giudizio il Condominio di (OMISSIS), la Waiting Lounge di Salvatore Amato e Nunzio Luino s.n.c., nonchè G. F. per sentir accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità dei convenuti in ordine ai danni subiti dal loro appartamento in seguito a lavori di ristrutturazione eseguiti nell’appartamento sottostante di proprietà del G. e condotto in locazione dalla medesima Waiting Lounge.

Il condominio si costituiva escludendo la sua responsabilità e formulava domanda riconvenzionale nei confronti degli altri convenuti, G. e Waiting Lounge s.n.c. affinchè, previo accertamento dei danni arrecati alle parti comuni con i lavori di cui sopra, gli stessi fossero condannati al ripristino dello status quo ante ed al relativo risarcimento.

La Waiting Lounge chiedeva la chiamata in causa dell’impresa Di Maro Costruzioni Generali s.a.s. di Maro Luigi, il rigetto della domanda attrice e, nell’ipotesi di accoglimento, dichiararsi la responsabilità dell’impresa Di Maro Costruzioni con condanna della stessa al risarcimento danni.

G. chiedeva il rigetto della domanda.

Integrato il contraddittorio nei confronti della ditta Di Maro Costruzioni s.a.s. che non si costituiva in giudizio, era disposta C.t.u..

Con sentenza n. 2862/2006 il Tribunale di Napoli, in accoglimento della domanda proposta dagli attori G.A. ed I. A. nei confronti del G. e della Waiting Lounge di Salvatore Amato e Nunzio Luino, condannava questi ultimi in solido al pagamento della somma di Euro 33.473,00. Veniva rigettata la domanda proposta dagli attori nei confronti del condominio ed accolta parzialmente la domanda riconvenzionale di quest’ultimo. In specie G. e la Waiting Lounge erano condannati in solido al pagamento della somma di Euro 25.000,00 in favore del condominio.

Il Tribunale rigettava la domanda della Waiting Lounge nei confronti dell’impresa di Maro Costruzioni generali s.a.s..

Proponeva appello G.F. chiedendo il rigetto della domanda proposta dagli attori e della domanda riconvenzionale proposta dal Condominio e, nell’ipotesi di conferma di accoglimento delle domande proposte da G.A. e I.A. e dal Condominio dichiararsi la chiamata in causa Waiting Lounge unica responsabile dei danni lamentati dagli attori e dal Condominio, con conseguente condanna di quest’ultima società al pagamento della somma riconosciuta a titolo risarcitorio agli attori ed al Condominio.

La Waiting Lounge si costituiva formulando appello incidentale e sostenendo l’insussistenza del nesso causale tra i danni e le opere da essa realizzate.

Si costituiva il Condominio di (OMISSIS), chiedendo il rigetto del gravame.

Con sentenza 1146/2009 la Corte territoriale rigettava l’appello principale nonchè gli appelli incidentali spiegati dal Condominio e dalla Waiting Lounge; accoglieva l’appello incidentale di G. A. e I.A. disponendo la integrale compensazione delle spese di primo grado fra G.A. e I., da un lato, e il Condominio, dall’altro.

Propone ricorso per cassazione G.F. con tre motivi.

Resistono con separati controricorsi G.A. e I. A., da un lato, e il Condominio di (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2055 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3”.

Ad avviso di G.F. il giudice di appello ha fatto acriticamente propria la valutazione del C.t.u. e si è fondato su affermazioni in diritto contrastanti con i principi e con le norme regolatrici della responsabilità civile da fatto illecito extracontrattuale. Sostiene in particolare che nel nostro ordinamento non è rinvenibile alcun obbligo di sorveglianza e controllo dell’attività di un soggetto da parte di un altro, se non nell’ambito dei rapporti di dipendenza, cosicchè in assenza di questi ultimi non è configurabile una responsabilità civile per omissione di controllo e di vigilanza sull’attività altrui.

Prosegue parte ricorrente che sarebbe errato un eventuale giudizio di responsabilità fondato sull’art. 2051 c.c., in quanto i lamentati danni non sono scaturiti dal dinamismo intrinseco della cosa.

Il motivo deve essere rigettato.

Esso verte infatti su circostanze di fatto la cui valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. E la motivazione sul punto è congrua e priva di vizi logici o giuridici.

Sostiene al riguardo la Corte d’Appello che il G. era stato informato della natura di fatto dei lavori in corso attraverso la missiva del 13 febbraio 2003 con la quale lo I. lo invitava a provvedere alle verifiche del caso per l’accertamento di pericoli statici del fabbricato.

Omettendo il doveroso e tempestivo intervento, prosegue la Corte, il G. ha concorso alla produzione del fatto lesivo.

In tema di responsabilità civile, qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni od omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’art. 41, cod. pen. – norma di carattere generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilità – in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l’esclusiva efficienza causale di una di esse. In particolare, in riferimento al caso in cui una delle cause consista in una omissione, la positiva valutazione sull’esistenza del nesso eziologico tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l’azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l’evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, non potendo esserne esclusa l’efficienza soltanto perchè sia incerto il suo grado di incidenza causale (Cass., 2 febbraio 2010, n. 2360).

In tema di responsabilità civile, poichè l’omissione di una condotta rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell’evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, ovvero da una posizione del soggetto che implichi l’esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell’evento, una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell’obbligo di osservare la regola cautelare omessa ed una volta appurato che l’evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava ad evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva, ai fini dell’esonero dalla responsabilità, che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell’esistenza del pericolo (Cass., 5 maggio 2009, n. 10285).

L’esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell’evento deriva dalla missiva del 13 febbraio 2003.

Con il secondo motivo si denuncia “insufficiente motivazione (art. 360 cod. proc. civ., n. 5)”.

Si denuncia la sentenza sotto il profilo di difetto di motivazione, essendo la Corte pervenuta all’imputazione di responsabilità al G. sulla base di una superficiale ricostruzione della fattispecie.

In particolare, si afferma, se la Corte di merito avesse attentamente valutato quanto risultante in atti sarebbe inevitabilmente pervenuta alla diversa conclusione che l’ipotetico intervento di ingerenza e controllo del G. sull’attività della locataria, ove pure posto in essere tempestivamente, mai avrebbe evitato o limitato le già compiute conseguenze dannose in quanto, in sintesi, i danni sarebbero stati prodotti già prima della conoscenza degli stessi da parte dello stesso G., il che escluderebbe qualsiasi apporto della supposta condotta omissiva di quest’ultimo nella produzione del fatto lesivo.

Il motivo deve essere rigettato.

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste infatti solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico- formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 18 marzo 2011, n. 6288).

Nel caso in esame la motivazione è compiuta e coerente con le risultanze istruttorie dalle quali emerge la colpevole trascuratezza del ricorrente.

I giudici di merito, con valutazione di fatto hanno accertato che la tempestività delle comunicazioni e l’inattività del G., protrattasi per quattro mesi, hanno contribuito a determinare il danno.

Con il terzo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2055 cod. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3”.

Secondo parte ricorrente la Corte d’Appello ha errato nel ritenere attuale il danno da riduzione del coefficiente di sicurezza statica del fabbricato, quantificato dal C.t.u. nella spesa occorrente per ripristinare le condizioni di sicurezza attualmente compromessa.

La violazione di legge, si afferma in tal senso, risiede nell’affermazione del diritto al risarcimento di un danne non ancora in essere, di una lesione all’altrui sfera solo ipotetica, dunque non ancora manifestatasi. A ciò si aggiunga che solo una verifica statica completa potrebbe portare a concretizzare il danno presunto, non potendosi quindi escludere a priori un esito negativo di quella verifica, a conferma dell’errore manifesto della Corte d’appello, l’assurdità del cui ragionamento porterebbe ad un risarcimento senza oggetto.

Il motivo è infondato perchè il danno non era solo potenziale, ma attuale in quanto la riduzione del coefficiente di sicurezza costituisce essa stessa un danno riducendo il valore attuale del bene.

Va peraltro osservato che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito.

In conclusione, per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascun controricorrente.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2011

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