Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17370 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/08/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 19/08/2020), n.17370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRCANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6768/2013 R.G. proposto da:

B.U., rappresentato e difeso, giusta mandato in atti,

dall’avv.to Silvio Caprolicchio e dall’avv.to Alessandro Pace,

elettivamente domiciliato, in Roma, alla via Parioli n. 44, come da

comunicazione di variazione di domicilio in atti.

Ricorrente

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12

Controricorrente

Nonchè

Equitalia Sud s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., con sede

legale in Roma alla Via Lungotevere Flaminio n. 18

Intimata

avverso sentenza Commissione tributaria regionale del Lazio n.

11/28/12, depositata il 18/01/2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella udienza camerale del

25/02/2020 dal Consigliere Dott.ssa ROSITA D’ANGIOLELLA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate emetteva, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4, per l’anno 2002, avviso di accertamento nei confronti del contribuente, B.U., rideterminando un maggior reddito imponibile e recuperando a tassazione maggiori imposte ai fini Irpef.

In particolare, dal controllo effettuato in via sintetica, emergeva un maggior reddito di Euro 92.442,00, sulla base di un atto di compravendita di fabbricato per un importo di circa Euro 361.520,00 e del possesso di un autoveicolo a gasolio, con anno di immatricolazione 1998.

Il contribuente impugnava all’avviso deducendo l’illegittimità dell’avviso e della successiva cartella per vizio di notifica dell’accertamento impugnato.

La Commissione tributaria provinciale di Roma, con la sentenza n. 55/60/09, rigettava il ricorso del contribuente riconoscendo la legittimità formale dell’avviso in punto di notifica e la sua fondatezza nel merito.

Il contribuente ricorreva avverso tale sentenza innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio che rigettava l’appello, confermando la statuizione del primo giudice. In particolare, sul rilievo attinente all’irregolarità della notifica dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del contribuente i secondi giudici hanno ritenuto che l’avviso era legittimo in quanto “è stato notificato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), in data 22 agosto 2007 come risultante dalla visura del 28/06/2007, risultando, inoltre, in data 13/08/2007 sul citofono il nome del contribuente signor Blasetti trasferito altrove come dichiarato da persona che aveva risposto al citofono (…) risultando infine all’anagrafe comunale il trasferimento effettivo avvenuto in data 28/11/2007, successivamente all’avvenuta notifica che si è conclusa con il deposito nella casa comunale in data 22/08/2007 assumendo effetto le modifiche dell’indirizzo dal momento stesso dell’avvenuta variazione anagrafica come previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, u.c.”.

B.U. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado affidandosi a quattro motivi di ricorso.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Equitalia Sud s.p.a. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In ciascuno dei quattro motivi di ricorso il contribuente articola diverse censure, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, deducendo la nullità della sentenza impugnata per l’illegittimità del procedimento notificatorio dell’avviso di accertamento e della successiva cartella, nonchè per la decisione nel merito, nonostante l’illegittimità della notifica escludesse tale potere e nonostante gli elementi addotti a discarico dal contribuente avrebbero dovuto determinare un esito della controversia favorevole al contribuente.

I secondi giudici, con la motivazione sopra riportata, hanno ritenuto che la cartella impugnata è stata emessa in forza di avviso di accertamento regolarmente notificato pur a seguito del trasferimento del Blasetti in domicilio sconosciuto e non impugnato. Tale decisione è pienamente conforme ai principi affermati da questa Corte secondo cui (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16043 del 27/06/2017, Rv. 644729-01) qualora risulti che il contribuente si sia trasferito in località sconosciuta, il messo notificatore, prima di procedere alla notifica ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), deve effettuare ricerche nel comune dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune; tuttavia, la notificazione ai sensi della predetta disposizione può essere ritenuta valida anche nell’ipotesi in cui risulti, “a posteriori”, che il trasferimento era intervenuto nell’ambito dello stesso comune, sempre che al momento della notificazione, nonostante le ricerche effettuate nell’ambito dello stesso comune dal messo notificatore (la cui sufficienza va valutata dal giudice di merito con apprezzamento sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo motivazionale), permanessero ignoti il nuovo indirizzo ed il relativo comune per circostanze non addebitabili, nè opponibili, all’Amministrazione, ad esempio, per il decorso di un termine troppo breve tra il trasferimento e la notificazione e/o l’inottemperanza del contribuente agli oneri posti a suo carico dalla disciplina in materia di mutamenti anagrafici.

Nè sussiste il vizio motivazionale della sentenza impugnata, in quanto la Commissione regionale ha specificamente argomentato non solo in relazione alle norme applicate (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60), ma anche con riguardo alle ricerche effettuate dal messo notificatore per trovare il domicilio del contribuente successivamente al suo trasferimento e del successivo deposito dell’atto presso la Casa Comunale.

In ogni caso, la sentenza impugnata ha escluso l’invalidità della notifica sulla base della verifica del procedimento notificatorio che costituisce un giudizio di fatto, insindacabile in questa sede (ex pluribus, cfr. Sez. 2, Sentenza n. 14526 del 14/08/2012, Rv. 623547-01).

Quanto alle censure che riguardano l’error in procedendo, sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in relazione agli artt. 140,148,153,184 bis, 294, e 650 c.p.c., dedotto in tutti i quattro motivi di ricorso, esse pure sono inammissibili.

Per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia è necessario la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione.

Ed invero, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione sul punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Ordinanza n. 29191 del 06/12/2017). Nella specie, l’iter logico argomentativo, di cui alla motivazione della sentenza impugnata, risulta oggettivamente incompatibile con l’accoglimento dei rilievi del contribuente che risultano, così, implicitamente rigettati.

Egualmente infondate sono le ulteriori censure, di cui al quarto motivo di ricorso, riguardanti il vizio di violazione di legge e segnatamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dei principi di cui all’art. 12 del cd. statuto del contribuente, dell’art. 97 Cost., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, del D.M. 19 novembre 1992 e del D.M. 21 settembre 1999.

Ribadito che l’avviso di accertamento è stato ritualmente notificato, corretta è la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la cartella di pagamento è impugnabile solo per vizi propri con esclusione di qualsiasi questione attinente all’accertamento quando faccia seguito ad un accertamento divenuto definitivo.

Quanto alla censura articolata sub p.IV.4 del ricorso, con essa il ricorrente si duole “dell’importo eccessivo” della cartella di pagamento assumendo che lo stesso andrebbe ridotto almeno per i compensi di riscossione e gli interessi di mora. A parte la disordinata esposizione di tale doglianza, la stessa risulta inammissibile in quanto nuova, non avendo il ricorrente localizzato gli atti e le difese del giudizio di merito in cui avrebbe posto la relativa contestazione. Peraltro, i giudici di appello in merito alle contestazioni relative al contenuto della cartella, hanno ritenuto che le stesse non fossero proponibili essendo la cartella impugnabile solo per vizi propri “quando faccia seguito ad un avviso di accertamento divenuto definitivo”, il che pare escludere che siano state proposte, nel giudizio di merito, le contestazioni dedotte sub p.IV.4 del ricorso.

Il ricorso deve essere, pertanto, integralmente rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Il ricorrente è tenuto al versamento, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, , se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

 

 

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