Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1737 del 23/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.23/01/2017),  n. 1737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMANDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29912/2015 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato WALLY

SALVAGNINI, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.S.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 941/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/12/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso affidato a due motivi, S.A. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Bologna, in data 15 maggio 2015, che, in accoglimento del gravame proposto da T.S.C. avverso la decisione del Tribunale di Piacenza, rigettava la domanda avanzata dal medesimo S. per ottenere il risarcimento del danno lamentato in conseguenza della presentazione, nei suoi confronti, di denuncia penale infondata;

che non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata T.S.C.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alla parte ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide, per le ragioni di seguito esposte, la proposta del relatore, con la precisazione che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e non rigettato;

che con il primo mezzo è dedotto omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento al nesso eziologico tra la denuncia penale e il danno patito da esso S., non avendo la Corte territoriale “tenuto in debita considerazione il fatto storico della denuncia” e la relativa capacità lesiva;

che il motivo è inammissibile, giacchè – pure in disparte i rilievi per cui il fatto di cui si lamenta l’omesso esame è stato valutato approfonditamente dalla Corte di appello e che il ricorrente, in realtà, lamenta un vizio motivazionale ai sensi del previgente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con esso non si censura affatto l’ulteriore ratio decidendi che sorregge in modo autonomo la sentenza impugnata e che attiene all’assenza dell’elemento psicologico (del reato di calunnia) in capo alla T. (cfr. Cass. n. 15646/2003 sulla necessità, ai fini dell’azione aquiliana, di una denuncia di reato perseguibile d’ufficio che sia calunniosa);

che, pertanto, la mancata impugnazione di una ratio decidendi autonoma ed idonea a sorreggere da sola la decisione, rende inammissibile l’impugnazione sulla distinta ragione giustificativa della assunta statuizione (tra le tante, Cass. n. 2108/2012);

che con il secondo mezzo è prospettata carenza di motivazione sulla condanna alle spese;

che il motivo è inammissibile, giacchè con esso, per un verso, non si coglie che la statuizione di condanna alle spese si fonda, correttamente in diritto (art. 91 c.p.c.), sulla accertata soccombenza di esso S. all’esito del giudizio e, per altro verso, si chiede un provvedimento di compensazione delle spese che rientra nella piena discrezionalità del giudice del merito;

che, dunque, il ricorso va dichiarato inammissibile e, in assenza di attività difensiva da parte dell’intimata, non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte suprema di Cassazione, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2017

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