Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17369 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 13/07/2017, (ud. 20/04/2017, dep.13/07/2017),  n. 17369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8823-2012 proposto da:

S.B. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA BERENGARIO 10, presso lo studio dell’avvocato ELIA CURSARO,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE AGRESTA, CONCETTA

LEONE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

61, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA TOSCANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIO ROMUALDO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 376/2011 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 21/03/2011 R.G.N. 1086/2008.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza n. 376, in data 21 marzo 2011, la Corte di Appello di Reggio Calabria, accoglieva l’appello proposto dalla Regione Calabria nei confronti di S.B. e in riforma della sentenza del Tribunale di Locri n. 3648/07, rigettava la domanda introduttiva del giudizio;

che S.B. aveva adito il Tribunale premettendo che fin dall’anno 1998 era stato avviato al lavoro presso il Comune di Locri in progetti LPU percependo dall’INPS la somma di Lire 800.000 mensili, e che per l’anno 2000 al pagamento aveva provveduto la Regione Calabria erogando le relative somme;

che l’assegno mensile avrebbe dovuto essere rivalutato di anno in anno in base al D.L. n. 510 del 1996, nella misura dell’80 per cento della valutazione annuale ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, come previsto dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, comma 8;

che la L. n. 144 del 1999, art. 45, aveva fissato il Lire 850.000 i nuovi importi mensili degli assegni spettanti ai LSU/LPU sulla base della rivalutazione ISTAT;

che chiedeva la condanna della Regione Calabria al pagamento della somma corrispondente alla rivalutazione monetaria per ciascuna mensilità dell’anno 2000;

che il Tribunale, dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’INPS chiamato in causa, aveva accolto la domanda;

che la Corte d’Appello affermava il difetto di legittimazione passiva della Regione Calabria in accoglimento del primo motivo di appello ritenendo che ciò dispensava dall’esame del secondo motivo con cui si contestava la spettanza dall’adeguamento chiesto;

che avverso tale sentenza della Corte d’Appello S.B. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese la Regione Calabria con controricorso;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo di ricorso si deduce omessa pronuncia e valutazione dei motivi prospettati dai resistenti in merito all’inammissibilità del ricorso in appello proposto dalla Regione Calabria in quanto non sufficientemente specificate le ragioni del gravame;

che la doglianza, così come formulata, non è accoglibile;

che occorre premettere che parte ricorrente denuncia un vizio che attiene alla corretta applicazione di norme da cui è disciplinato il processo che ha condotto alla decisione dei giudici di merito;

che trattasi, in generale, non di errore di giudizio che attenga al rapporto sostanziale dedotto in lite (come vorrebbe il riferimento contenuto nella rubrica del motivo in esame all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), bensì di errore di attività che, essendosi verificato nel corso del processo, si assume possa averne inficiato l’esito;

che poichè in tali casi il vizio della sentenza impugnata discende direttamente dal modo in cui processo si è svolto, ossia dai fatti processuali che quel vizio possono aver procurato, si spiega il consolidato orientamento di legittimità secondo il quale, in caso di denuncia di errores in procedendo del giudice di merito, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, inteso, ovviamente, come fatto processuale (tra le tante: Cass. n. 14098 del 2009; Cass. n. 11039 del 2006);

che, tuttavia, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8077 del 2012, hanno precisato che, in ogni caso, la proposizione del motivo di censura resta soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, nel senso che la parte ha l’onere di rispettare il principio di autosufficienza del ricorso e le condizioni di procedibilità di esso (in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), “sicchè l’esame diretto degli atti che la Corte è chiamato a compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la parte abbia specificamente indicato ed allegato”;

che la parte ricorrente è tenuta ad indicare gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, affinchè il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass. n. 6225 del 2005; Cass. n. 9734 del 2004);

che tanto non è accaduto nella specie laddove nel corpo del motivo non sono indicati i contenuti dell’atto di appello della Regione in modo tale da individuare il dedotto vizio processuale;

che con il secondo motivo di ricorso si denuncia insufficiente, contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su di un punto decisivo della controversia, per avere la Corte d’Appello negato la legittimazione passiva della Regione Calabria, nonostante una serie di atti, non adeguatamente valutati dalla Corte territoriale, dimostrassero che l’ente utilizzatore era un semplice delegato al pagamento, tenuto conto che il sussidio era predeterminato dalla Regione nella misura di Lire 800.000, senza possibilità per l’ente utilizzatore di modificarne l’importo che con il terzo motivo si denuncia vizio di ultrapetizione e falsa applicazione di norme di diritto, deducendo che, con il D.Lgs. n. 468 del 1997 e con il successivo D.Lgs. n. 81 del 2000, la Regione, in virtù del poteri acquisiti con l’autonomia in materia di politiche del lavoro, ha sostituito se stessa all’Inps quale ente gestore delle somme erogate ai lavoratori socialmente utili, divenendo così il soggetto tenuto al pagamento degli assegni che dovevano essere, secondo le previsioni di legge e gli stanziamenti statali, comprensivi della rivalutazione Istat, che i suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione;

che in ragione dei principi già affermati da questa Corte in analoga fattispecie (Cass., n. 6711 del 2016, cfr. Cass., n. 6180 del 2016) i suddetti motivi, che devono essere trattati congiuntamente, sono fondati;

che risulta dalla sentenza impugnata ed è sostanzialmente incontroverso tra le parti che, sulla base di tale disposizione, in data 29 febbraio 2000 la Regione Calabria ha stipulato con il Ministero del lavoro una convenzione con cui le veniva assegnato l’importo complessivo di 29 miliardi e 500 milioni di Lire dal Fondo per l’occupazione quale trasferimento di fondi statali vincolati alla realizzazione delle misure di politica attiva dell’impiego ai sensi della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 6. In attuazione della convenzione con lo Stato la Giunta regionale, con delibera n. 733/2000, al fine di consentire la continuità lavorativa, a tutto il 31 gennaio 2001, dei giovani disoccupati che alla data del 31 ottobre 2000 risultavano utilizzati presso gli enti attuatori della convenzione suddetta e per assicurare la possibilità di inserimento a quelli che non avevano potuto maturare i 12 mesi a carico del Fondo per l’occupazione, ha stabilito di corrispondere agli enti utilizzatori il sussidio mensile di 800.000 Lire per ciascuno dei soggetti utilizzati fino alla data del 31 gennaio 2001;

che una volta che, sulla base di detta convenzione, il rapporto giuridico si è instaurato tra Regione, ente utilizzatore e soggetto utilizzato in lavori di pubblica utilità, il trasferimento delle risorse dal Fondo per l’occupazione – da cui l’Inps attingeva per l’erogazione del sussidio – alla Regione Calabria, che ha determinato l’ammontare dell’assegno ed ha ricevuto per esso il finanziamento vincolato dallo Stato, impone di ritenere che sia proprio l’amministrazione regionale la destinataria della pretesa creditoria del lavoratore il quale ritenga che l’emolumento a lui spettante sia stato quantificato in misura difforme da quanto previsto dalla legge, e ciò naturalmente a prescindere dalla fondatezza della domanda sottoposta a successiva delibazione;

che nell’ambito del rapporto giuridico previdenziale in materia di lavori socialmente utili, sull’ente utilizzatore non gravano gli oneri per li pagamento dell’assegno, al di fuori di quelli relativi all’assicurazione obbligatoria presso l’Inail e per la responsabilità civile verso terzi nonchè di quelli attinenti all’importo Integrativo per le ore eccedenti rispetto a quelle remunerate con la prestazione a carico dell’Inps (v. Cass. n. 6670 del 2012);

che così pure nella specie, ove il rapporto giuridico plurilaterale è strutturalmente conforme ad un qualunque rapporto realizzato nell’ambito dei lavori di pubblica utilità, applicandosi i relativi principi comuni, l’ente utilizzatore non è il soggetto debitore dell’eventuale onere aggiuntivo gravante sull’assegno rivendicato da parte ricorrente, rimanendo esso estraneo alla determinazione dell’ammontare dell’emolumento nonchè alla ripartizione della relativa fonte di finanziamento, deliberazioni invece di pertinenza regionale; che ritiene il Collegio respinto il primo motivo, vanno accolti gli altri, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, la quale deciderà la controversia uniformandosi agli esposti principi enunciati in diritto, provvedendo altresì sulle spese.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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